lunedì 29 aprile 2019

Silvio Raffo

THE CHAINED WOLF


Il desiderio è un lupo incatenato
che a mezza notte supplica la luna.
Irridono al suo grido disperato
le fredde stelle nella notte bruna

*

Non ritornare presto. Il desiderio
affila già l'insanguinata lama
se penso che non vuoi fare sul serio.
Quanto si teme, tanto più si ama.

*

Non puoi baciarmi perché d'impazzire
sono certo se tu mi bacerai.
Un dio pietoso ti vieta d'aprire
quelle tue labbra. E tu gli ubbidirai.

*

A volte pesa nell'occulto scrigno
del cuore il tuo ricordo inanimato
come un inossidabile macigno
da un alto monte a valle rovinato


da La vita irreale, Robin edizioni, 2015

venerdì 26 aprile 2019

Rita Iacomino


BRUEGEL

Dal basso e dall’alto, da vicino o lontano
il racconto si fa preciso, sempre chiaro.
Le devozioni del cuore del sasso della foglia
sono il legno grezzo del Tao.
La corona di spine, la scopa di saggina
vanno bene per sventolare la fiamma
hanno la stessa dignità, pari bellezza.
In questo mondo, né brutto né bello,
si cade preda di un vizio o d’una vocazione
con la leggerezza con cui si vive o si muore.
Soffrono cantando i muti animali
è un rituale pacato, senza grandezza,
unico riscatto il cucchiaio di legno
per mangiare una minestra. Non c’è tempo, lo vedi
solo destino.

da Poemetto tra i denti, Edizioni Progetto Cultura, 2012

mercoledì 24 aprile 2019

Umberto Fiori


OLINDO

63.

A parlare è un ometto sui sessant’anni
con un bicchiere gocciolante in mano.
La barista lo ascolta a testa bassa,
sciacquando tazze e cucchiai.
Ora lui sventola un giornale:
                                                      “Guarda qua!
Per colpa dell’ecologia
dice che non c’è più domani.
Questo si fa, quest’altro non si fa…
E dove la mettiamo, la libertà?
Lo sai cosa ti dico, cara mia?
Io me ne fotto! Finisce l’umanità?
Restiamo sempre noi italiani”.

“Era camuso e zoppo d’un piede” mi mormora
il Conoscente all’orecchio “le spalle
eran torte, curve e rientranti sul petto; il cranio
aguzzo in cima, e rado il pelo fioriva”.

Il ritratto è perfetto: naso camuso,
un piede storto, le spalle curve, la testa
a punta, con in cima solo un ciuffetto.
La voce, quella del fagiano
appena alzato dal setter.

“Se c’ero io al governo, altro che Stato!
Basta! Tutto privato! Festa finita!
Finita! Ognuno fa gli affari suoi,
si arrangia come può. Pena di morte!
Sparargli, a quei farabutti!
Sparargli a tutti!
Dica: ho ragione o no?”

da Il Conoscente, Marcos y Marcos, 2019





I versi in corsivo, che nell’originale si possono leggere in greco, sono naturalmente di Omero, e si riferiscono alla descrizione di Tersite (Iliade, Libro Secondo, vv. 217-219).

lunedì 22 aprile 2019

Umberto Fiori


OLINDO

62.

Vicoli, case di pietra
e di alluminio. Manifesti funebri.
Fumo di legna. Menta.
Il Conoscente rallenta,
trova un parcheggio proprio sotto la chiesa,
nella piazza centrale, in discesa.

Bar Sport. Caffè Ottolina.
Le tendine di plastica
crocchiano. Odore di caffè e bianchini,
di lisoformio e segatura.

“Non c’è di allarmi, non c’è di cancellate,
filo spinato, porte blindate, muri,
non c’è di grate, fossati, cani da guardia!
Non c’è di polizia!
State sicuri: prima o poi arrivano.
Oggi da te, da lui,
domani a casa mia. Quando fa buio,
come scimmie, su su per la grondaia,
arrivano gli zingari.

Anche ubriachi,
conoscono la via, sanno la casa,
il garage, i balconi, sanno bene
dove e come passare.
Sanno morte e miracoli, gli zingari!

Uno aprirà i cassetti, troverà
le foto di tua moglie
e le farà vedere al suo compare.
Lui riderà
con in mano una scarpa, un calendario.
Sono sempre lì a ridere, gli zingari.

Ma il peggio verrà dopo, lo so io:
quando vedranno che lì non c’è niente
che valga quattro soldi. Allora – addio!
Butteranno per aria tutto: armadi,
tovaglioli, centrini, soprammobili.
Cagheranno sul tavolò, gli zingari.

Prima o poi, cari miei,
li avremo qui.
Vedranno cosa c’è dietro le porte,
le sbarre, le pareti. Ci frugheranno
l’anima, sputeranno
dentro i nostri segreti. Io li sento
già ridere, gli zingari!”


da Il Conoscente, Marcos y Marcos, 2019



Nei giorni di Torre Maura, a Roma, stavo leggendo il libro di Fiori, uscito da poco, quando mi sono imbattuto in questo brano, detto (insieme al successivo, che leggerete mercoledì) da tale Olindo, in un bar di una località del Nord. Mi è sembrato esemplare per mettere in evidenza certi comportamenti e certe idee oggi molto accreditate su zingari, migranti e altra varia, ovvero diversa, umanità. 

venerdì 19 aprile 2019

Marco Caporali

SUL FILO DELL'ACROBATA

V

Abiti la casa in cui ti perdi,
vedi l'aperto dove più non vedi.

*

La forma della casa, impenetrabile
s'innerva nella vita che vi abbiamo dissipato.
Talvolta invece, come un'improvvisa
rivoluzione, rivela il segreto.


da La vita inoperosa, Empiria 2019

mercoledì 17 aprile 2019

Stefania Portaccio

BENE L'ALBA PER LEGGERE I POETI

bene l'alba per leggere i poeti
ma non in casa: sporgono
riti e doveri e compiti
la testa da ogni stipite

bene la casa altrui - sospesa ospite
nello stacco nel letto
caldo e stretto - o l'albergo

se non ti dorme accanto
un amato - l'animo che ti oscilla
tra volerlo sveglio o addormentato

albergo quindi, sola: la nebbia che si disfa
e il poeta che srotola il suo panno
scabroso, finché, alle dieci, hai fame

da Waterloo, LietoColle 2019

lunedì 15 aprile 2019

Silvia Bre



ROSA, RETTA DA UN VELO, LA VERTIGINE DI SPINE

Rosa, retta da un velo, la vertigine di spine
fa un cerchio che imprigiona e dopo uccide,  
queste sirene che dicono la guerra
girando intorno alla stessa vita e scambiano il suo nome.          
Vai a continuare, vai a finire l’opera oltre i confini.
L’istinto del pensiero può placarsi.
Specchiarsi in queste parole è il paradiso.   


(Inedita)                   


venerdì 12 aprile 2019

Alberto Toni


IL DOLORE
                       
                        a mia madre, in memoria

Il dolore si muove. A giorno pieno
se ne va il ritratto, il sembiante che
era. Sembra un segno di ritorno, ma
non è questo. Ritaglia piuttosto una
posa antica di sé, in ogni fotogramma.
Tiene svegli i sensi, a volte è ascolto,
sottilissima piega o una curva. Là
alla radice la parola lei, cara come
non mai: i saluti, quei saluti nel corridoio,
tutto annotato fino all’ultimo, pagina
dopo pagina, sentimento dopo sentimento.
È la via maestra che sostiene, che dice
dopo la forma c’è il luogo in cui lei
sosta. Ma non all’ultimo. Ancora
più in là torna per la sua festa,
quando ricorre il giorno. Si muove
il dolore, tradisce se stesso da un
secondo all’altro. Ora è nell’occhio,
poi è sulla bocca o appare
in un suono appena percepito
di passi, e le mani accompagnano
il ritmo dei suoi anni migliori.
Quello che resta, ed è cuore,
il bellissimo cuore impresso
in vita, fino a tutta la vita.
Non lo consumerà, non per tutto
il tempo che servirà, e ancora.
E non nel vetro, nello specchio,
ma pura sostanza, amore che ci serve.
E sempre al di là dell’illusione,
perché non c’è illusione, ma verità,
sentire, toccare, percepire,
dirlo coi sensi tesi. per camminare,
era nel fianco doloroso, nella testa
di sera e il suo perdono, la sua
testimonianza di umanità.
Il dolore si sposta, è sponda
anche dell’altro quando parla
e trascina un pensiero fisso,
che è solo amore, non altro
quando nell’aria la sentiamo
arrivare.


da Il dolore, Samuele editore, 2016



La notte fra il 5 e il 6 di questo mese ci ha lasciati il poeta e amico Alberto Toni. Voglio ricordarlo dedicandoli questa settimana di Poesie senza pari.



mercoledì 10 aprile 2019

Alberto Toni


SALIVA ANCORA AGILMENTE

Saliva ancora agilmente.
Per me d’antico pianto già si prefigurava,
abbandonato il miracolo del tempo,
di grado in grado lo sento muoversi
in me, l’incendiario della mente sembra
l’angelo del desiderio che ogni notte
al mio corpo parla. Ogni linea nel battito,
ogni ora senza più la pietà necessaria.
Infilava le strade della città nuova
e non chiedeva, l’occhio sempre
vigile e pronto al frutto già maturo.
Libero alla sua casa nel trasloco,
si farà vivo, dicono, al momento
opportuno.

da Vivo così, Nomos Edizioni, 2014


La notte fra il 5 e il 6 di questo mese ci ha lasciati il poeta e amico Alberto Toni. Voglio ricordarlo dedicandoli questa settimana di Poesie senza pari.

Il rito funebre di terrà oggi alle ore 14 presso la chiesa di S. Maria Maddalena de' Pazzi.

lunedì 8 aprile 2019

Alberto Toni


PARTENZA

a mia madre

I.

Unico quel soggetto ritto sul tavolo
di lavoro fitto di promesse e suoni
magici. Sulla storia di questi
inautentici giorni e sul limite
invalicabile traccio le linee del futuro.
Vuoti e arabeschi, celie sul biondo
timido; si fa coraggio all’alba
documento in anticipo e già s’inceppa.
Ma il canto di città per poco
avvolge l’inverno di grande forza
e coraggio; con primi scritti
alle spalle disegnati da lunghi
sguardi, folla nelle chiome degli alberi.
Anni raccolti dai miei occhi, grida
d’epoca, riflessi come giostre chiassose.

II.

È quando prende il volo ogni regola
e si alza un impetuoso vento.
Sembra il pianeta prosciugarsi,
ma è l’avvio che consuma o spaventa.
Quello dell’ora morta è un corpo
sconfitto che ho chiuso nel silenzio
con un atto di forza.
Sulla strada è proibito voltarsi
indietro per sorridere ai saluti
del paese lontano. Un freddo intenso
lo avvolge e lo distrugge.
Ci siamo persi nel bosco e a un richiamo
di notte siamo usciti, sembra quasi
di rompere la vita o di tagliare
all’estrema latitudine un uso
vecchio di abitudini. E un salto
in avanti rincuora tra tanti resti:
spinta dal basso nel ciclo dei ritorni.

da Poesia verso…, Mayone, Roma 1982



La notte fra il 5 e il 6 di questo mese ci ha lasciati il poeta e amico Alberto Toni. Voglio ricordarlo dedicandoli questa settimana di Poesie senza pari.
Il rito funebre di terrà mercoledì alle ore 14 presso la chiesa di S. Maria Maddalena de' Pazzi.


venerdì 5 aprile 2019

Domenico Ludovici

IL FESTIVAL DI CASTELPORZIANO
(Quattro epigrammi scritti in loco)

1.

Peste e corna a Bellezza,
osanna a Ferlinghetti.
Italiani schifezza
e beat tutti perfetti?

È il mito americano
che resiste all’usura?
Però andiamoci piano:
è una brutta figura!

Dove vanno a finire
tanti miti geniali?
Anche in poesia, vuol dire,
restiamo provinciali.


2.

Gridava un ragazzetto:
“È meglio il minestrone!”
Poeta per diletto
o diletto coglione?


3.

“Fra lo stomaco e il cazzo
nasce l’ispirazione!”
Così finì lo scazzo
mangiando il minestrone.

4.

La serata è a buon punto.
Fra un seno nudo e un culo
sboccia anche il disappunto.
“Viviani, vaffanculo!”

grida forte una voce.
Il pubblico è scocciato.
È la morte precoce
di un festival mal nato.

(inediti)

mercoledì 3 aprile 2019

Pietro Bembo


QUAND’IO PENSO AL MARTIRE

   Quand’io penso al martire,
Amor, che tu mi dai, gravoso e forte,
Corro per gir a morte,
Così sperando i miei danni finire.
   Ma poi ch’io giungo al passo,
Ch’è porto in questo mar d’ogni tormento,
Tanto piacer ne sento,
Che l’alma si rinforza, ond’io nol passo.
   Così ’l viver m’ancide,
Così la morte mi ritorna in vita:
O miseria infinita,
Che l’uno apporta e l’altra non recide.


lunedì 1 aprile 2019

Rita Iacomino


COSÌ LE COSE SEMPLICI

Così le cose semplici
se ne vanno per il mondo
figliano, soffrono, semplicemente muoiono.
Le altre cose
quelle appuntite, che non danno tregua
camminano sfiorando i muri
mai che s’incontrino, mai un saluto;
figliano, soffrono,
semplicemente muoiono.




da Poemetto tra i denti, Edizioni Progetto Cultura, 2012