venerdì 26 febbraio 2021

Gianfranco Palmery

 MI MANCA IL FIATO, IL CUORE


Mi manca il fiato, il cuore,

muoio d'affanno tante volte al giorno

riempiendo le mie ore

di amari assaggi dell'eternità

- andata con ritorno -

che morire sarà

dare alla morte scorno


da Amarezze. Madrigali e altre maniere amare, Il Labirinto, 2012

mercoledì 24 febbraio 2021

John Keats

 

LA BELLE DAME SANS MERCI

Ballata

 

I

Cosa ti affligge, cavaliere in armi,

Che qui indugi, pallido e solo?

In riva al lago il giunco è secco

E non cantano uccelli in volo.

 

II

Cosa ti affligge, cavaliere in armi,

Così smunto, così sconvolto?

Lo scoiattolo ha pieno il granaio,

È già ammassato il raccolto.

 

III

Vedo un giglio sulla tua fronte

Da un’angoscia febbrile imperlata,

Sulle guance una rosa appassita

Troppo presto sfiorita.

 

IV

Incontrai sui prati una dama,

Di beltà piena, una figlia di fata,

Capelli lunghi, passo leggero,

E due occhi di sparviero.

 

V

Feci un serto per la sua fronte,

Bracciale e cinta profumata;

Con un gemito dolce lei

Mi guardò innamorata.     

 

VI

Sul destriero al passo la portai,

E nient’altro quel dì guardai,

Ché contro me reclina cantava

Una canzone fatata.

 

VII

Per me trovò dolci radici,

Miele selvatico e manna rugiada,

Con lingua strana certo mi disse –

«Sono davvero innamorata».

 

VIII

Mi condusse nella sua grotta,

Là sospirò e si sciolse nel pianto,

Là i ferini suoi occhi selvaggi

Sigillai con quattro baci.

 

IX

Là mi cullò finché non dormii

E – me misero! – sognai

Il mio ultimo sogno, sognato

Sul pendio del colle ghiacciato.

 

X

Là, re e principi vidi, e guerrieri

– E su tutti un pallore di morte –

Che mi gridavano «La Belle Dame

Sans Merci ti stringe forte».

 

XI

Nella sera labbra orride e vuote

Vidi ammonirmi spalancate

E mi svegliai, mi trovai gettato

Sul pendio del colle ghiacciato.

 

XII

Ecco perché io qui dimoro

Ed indugio, pallido e solo:

In riva al lago il giunco è ormai secco

E non cantano uccelli in volo.

 

 Traduzione di Francesco Dalessandro


da Fammi lezione, Musa, Contatti, 2021


Ieri ricorrevano i duecento anni dalla morte di John Keats. In questi giorni sta uscendo una mia traduzione che comprende questa giustamente famosa ballata, quasi tutti i sonetti e alcune poesie per Fanny Brawne.  

 

lunedì 22 febbraio 2021

Anna Settevendemmie

 P (poeti)

 

Se chi legge non fosse

disposto a farsi da parte

lasciandosi condurre

come un bimbo che si affida

alla mano della madre.

Se non fosse disposto a sospendere

considerando la possibilità

di intuire per comprendere.

Se non fosse egli disposto

che a ricevere, come un vuoto

un foglio bianco un cielo

arreso se non confidasse

che nella parola carsica, in accostamenti

inauditi in universi multipli

e nei collassi della sintassi,

i poeti si sarebbero estinti da secoli.


(inedita)

venerdì 19 febbraio 2021

Onofrio Lopez

 

AL SECOLO


Cara

lucertola vispa sull'orlo

del precipizio, un gatto

con arroganza scende

la scalèa (scrivono etrusca)

a tuo repentaglio.

Potrebbe nel rendiconto

del tempo essere che il felino

domestico ti abbia preda sotto

le zampe e testimone per obbligo

solo un grillo sbraiti

prezioso nella ginestra.


da L'esperienza, Quaderni di Barbablù, 1986

mercoledì 17 febbraio 2021

Guendolyne Brooks

HAI DIMENTICATO LA DOMENICA

 

E quando hai dimenticato le lenzuola luminose d’un mercoledì e d’un 

                                  sabato,

E soprattutto quando hai dimenticato la domenica

Quando hai dimenticato le mezze domeniche a letto,

O me seduta sul radiatore dell’ingresso, nel pomeriggio zoppicante

Guardando laggiù la lunga strada

Per nessun dove

Stretta nel mio vecchio semplice involucro senza-aspettative

E non-ho-niente-da-fare e sono-felice-ma-perché?

E se-lunedì-non-dovesse-mai-venire –

Quando te ne sei dimenticato, dico,

E come imprecavi, se qualcuno suonava il campanello,

E come il mio cuore giocava a campana se squillava il telefono;

E come siamo arrivati ​​al pranzo della domenica,

Cioè, traversando il pavimento dell’ingresso fino al tavolo 

                           macchiato d’inchiostro nell’angolo sud-ovest

Al pranzo della domenica, che era sempre di pollo e spaghetti

O pollo e riso

E insalata e pane di segale e tè

E biscotti con gocce di cioccolato –

Dico, quando l’hai dimenticato,

Quando hai dimenticato il mio piccolo presagio

Che la guerra sarebbe finita prima che arrivassero a te;

E come alla fine ci siamo spogliati e abbiamo staccato la luce e 

                           siamo scivolati nel letto                                                                

E siamo rimasti per un attimo fra le lenzuola

Luminose del fine settimana

Poi ripiegati delicatamente l’uno nell’altra –

Quando, dico, hai dimenticato tutto questo,

Allora puoi dire,

Allora posso credere

Che mi hai dimenticato davvero.

 

Traduzione di FD

lunedì 15 febbraio 2021

Anna Settevendemmie

 B (Bordini, Carlo)

 

a diciassette anni, gastroduodenite

con accenni d’ulcera.

a ventinove, attacchi di panico

ecc. ecc.

ma era solo per dire.

non si muore di patologie post

ideologiche.

ma si muore.

scriveva Carlo Bordini “c’era qualcuno

che credeva che si potesse

creare un mondo un po’ meno

merdoso di quello che c’è adesso “

(memorie di un rivoluzionario

timido).

Ecco. (sono una che del sessantotto

può vantare solo l’anno

della propria nascita)


(inedita)


venerdì 12 febbraio 2021

Yun Dong Ju


CANE


Sulla neve

un cane


disegnando fiori

corre.


Dicembre 1936


Traduzione di Eleonora Manzi


da Vento blu, Ensemble, 2020

mercoledì 10 febbraio 2021

Gabriele Galloni

POESIE SUI MORTI

 

1.

 

Ho conosciuto un uomo che leggeva

la mano ai morti. Preferiva quelli

sotto i vent’anni; tutte le domeniche

nell’obitorio prediceva loro

le coordinate per un’altra vita.

 

2.

 

Certo. I morti si danno soprannomi.

Però li scordano immediatamente.

Ché al poco – buona grazia – preferiscono

il niente.

 

3.

 

La pornografia dei morti

è un vuoto di finestra, un passo

tra la veranda e il giardino. È quello

che noi sogniamo tutto il pomeriggio.

 

4.

I morti scrivono

infinite missive d’amore.

 

Le spediscono nelle prime ore

del mattino.

 

5.

I morti, sotto un cielo comodo

di seta,

consolano l’inquieta

vastità della casa.

 

 

La musica dei morti è il contrappunto

dei passi sulla terra.

 

da In che luce cadranno, RPlibri, 2018

 

lunedì 8 febbraio 2021

Biancamaria Frabotta

DOMANI VENGONO A TROVARCI I POETI


Domani vengono a trovarci i poeti

risalendo lenti il greto dei giacinti

alzando la polvere della siccità.

All'aperto varcheranno infelici

il boschetto dei pini di Aleppo

con i pori troppo dilatati

quasi debbano vivere così

in piedi, sul ciglio di un fosso

o fra i tronchi tagliati alla base

secondo il parere degli esperti.

Ad ogni passo, uno spreco di radici

trafelate, un groviglio di linfe infedeli

copre il mite anonimato delle erbe.



venerdì 5 febbraio 2021

Domenico Ludovici

 IL POEMA DEL DESIDERIO



I


su quella prima volta ho scritto tanto

(sulla seconda c’è poco da dire

se non che in quei minuti per venire

uccisi il tempo): non ti chiedo quanto


ricordi tu dell’ora e se il suo incanto

è vivo in te però riesci a capire

il desiderio acceso in me di unire

la mia carne alla tua di starti accanto


e tenendoti nuda tra le braccia

scriverti con la lingua sulla schiena

dalle spalle alla vita il gran poema


del desiderio e seguendo la traccia

del solco tra le natiche baciarti

su quelle labbra rosa poi leccarti


e assaporare in bocca quel tuo frutto

umido caldo e aperto mentre trema?



 

II


baciarti ogni centimetro di pelle

dal lobo dell’orecchio fino ai piedi

e dall’unghia dell’alluce, che credi?

risalire alla curva delle ascelle


la lingua poi sulle punte gemelle

dei tuoi seni assetata di dolcezza

scivolerebbe mentre la carezza

delle mie dita tra le cosce snelle


si fa leggera e trepida pian piano

diventa più decisa e si permette

di premere ed aprire le tue strette


labbra finché alla lingua la mano

farà posto e guizzando sulla punta

di carne viva che tra loro spunta


sentirà la tua schiena che si flette:

ma così ancora non mi sazierei




 

III


e così neanche tu saresti ancora

sazia lo so ma la mia lingua ghiotta

dell’aspro miele che sapiente smotta

e lecca tra le labbra eccola ora


aprire con dolcezza la tua strada

al desiderio verso quel tuo centro

che aspetta di sentirmi entrare dentro

nella tua carne languida e bagnata


dove mi muoverò dapprima lento

deciso poi veloce senza tempo

e tu ansimante amore «non fermarti»


sussurrami e saprò che sarai pronta

a ricevermi giù nella profonda

calda dolcezza e alzato per guardarti


accogliermi cadrò nella tua notte

e mi ci muoverò fino alla morte


da Sonetti del nostro adulterio 


Chi fosse curioso di notizie su Ludovici e i suoi sonetti è invitato a leggere la nota che lo riguarda in calce al suo post del 21 settembre 2012

mercoledì 3 febbraio 2021

Yun Dong Ju

CUORE

Il tamburo silenzioso,

quando mi sento oppresso

lo colpisco con un pugno.


Eppure

un lungo sospiro

mi dà più conforto.


25 marzo 1936

Traduzione di Eleonora Manzi


da Vento blu, Ensemble, 2020

lunedì 1 febbraio 2021

John Keats


Ode a Fanny 

 

 

I

Natura guaritrice, che il mio spirito sanguini! 

Allevia il cuore dai versi, lascia che riposi,

sul tuo tripode gettami finché la soffocante

onda del ritmo rifluisca dal mio petto colmo.

Un tema, un tema! Grande natura, dammi

un tema e cominci il mio sogno.

Vengo – ti vedo, là in piedi,

invitarmi ad uscire nell’aria invernale.

 

II

Ah, carissimo amore, dolce casa di paure,

di speranze, di gioie e d’affannate miserie, 

t’immagino, stanotte, vestire la bellezza

di quel delizioso sorriso

 – così brillante, così luminoso –,

che vidi con occhi rapiti, dolenti, tuoi schiavi,

perduto in un soffice sogno,

e che m’incantò, m’incantò!

 

III

Chi ora, con avide occhiate, divora il mio diletto?

Quale sguardo ora sfida la mia luna d’argento!

Ah, non farti nemmeno toccare la mano;

lascia, lascia che ardano gli innamorati,

ma, ti prego, non deviare così presto

da me la corrente del tuo cuore:

per carità, conserva

per me i battiti più rapidi.

 

IV

Conservali per me, dolce amore, sebbene la musica

voluttuose visioni diffonda nell’aria calda

e nuoti tra le pericolose ghirlande del ballo,

sii come un giorno d’aprile,

sorridente, freddo e gaio,

un giglio sobrio, sobrio quanto bello;

ma, oddio, serba per me

il giugno più caldo.

 

V

Ma tu dirai, Fanny, che non è vero:

metti la morbida mano sul seno di neve,

dove il cuore ti batte, e ammettilo – che è noto:  

la donna non deve essere

come una piuma sul mare,

spinta qua e là da venti e da maree?

e muoversi incerta

come il soffione sul prato?

 

VI

Lo so – e saperlo è la disperazione

per chi ti ama come me, dolce Fanny,

col cuore che ovunque ti segue palpitando,

e che quando te ne vai

non osa restare nella casa abbandonata:

l’amore, solo l’amore ha tante aspre pene;

perciò liberami tu, la più bella,

dal tormento di questa gelosia.

 

VII

Ah, se l’anima apprezzi, che ti è sottomessa,

più del misero, vano, breve orgoglio di un’ora,

nessuno profani la santa sede dell’amore

o spezzi con ruvida mano

la torta sacramentale:

nessuno tocchi il fiore appena sbocciato;

altrimenti si chiudano, amore,

i miei occhi per l’ultimo sonno.


Traduzione di Francesco Dalessandro


da Fammi lezione, Musa, Contatti, 2021