mercoledì 30 marzo 2022

Francesco Dalessandro

 ALLA FIGLIA

 

 

Ti stringo nella mente

più che se ti stringessi tra le braccia

nell’ennesima notte senza stelle

o fittissima notte

del tormento infinito destinato

al corpo che invecchia

come può,

arida notte come tutte dove

approdo ogni sera con un freddo

dolore cui appartengo

e apparterrò fino all’ultimo

respiro che nessuno

si chinerà a raccogliere, 

                                           agli dèi

cui non credo mi capita di chiedere

nel primo avvicinarmi

al sonno

che non lasci a

nessuno rimorsi in specie a te

se in me riascolto il suono

sottile della tua

fresca voce – 

quando per noi sognavo solitudini

ariose ruscellanti

soltanto del tuo riso

di fragile cristallo la sua scia

sognavo il sonno lieve

ultimo di me vecchio

al tuo sguardo sognavo luce

che fluisse dagli occhi innamorati,

e la pioggia leggera nel buio

inquieto di Roma

ma «ora non nasconderti

all’amore» il rimorso

diceva «che insapiente

è soltanto la pena della notte

buia dell’anima, per-

ciò va oltre» –

                          ed è allora

che nel ricordo

affiora il silenzio di quando

credevo che bambina

turbassi i versi e le infelici

sere seduta a quel piccolo tavolo

dove quieta fiorite

nuvole e calde primavere

disegnavi, invece ora

non posso che

fingerti vicina ma il dolore

mai spento dell’assenza

e del silenzio non

si placa nemmeno nel sonno

o nel pensarti

felice benché ignara

di me dei miei pensieri in questa

tenebra senza fuoco

dove solo la neve

protegge il poco bene

non dissipato mentre

volano questi versi

al tuo orecchio per dirti

come niente ormai argini la perdita

d’ogni giorno

e come presto non

basterà la memoria a preservare

i tuoi sorrisi

né il cuore a dirmi come

vivere sopportando la mancanza

di tutto che in un’altra

tristissima notte

mi fu strappato e le parole che

per troppa distanza hanno perduto

il suono

della tua voce e gli occhi

che facevano giorno

il chiaro sole del risveglio


da Corrispondenze, inedito

 

lunedì 28 marzo 2022

Nanni Cagnone

 QUANDO UN ATTIMO


Quando un attimo

si scioglie

dai doni del tempo

per una tregua, una luce

non somigliante, noi

perduti senza desiderio

nel concavo dialetto

dell'infanzia, in venerati

nascondigli, nel pettine

dai denti diseguali,

ingannati sappiamo

d'aver diritto.


da A ritroso, Nottetempo, 2020

venerdì 25 marzo 2022

Fernanda Romagnoli

 MAESTRO


Dillo: anche tu alteravi

nottetempo la bussola, leggevi

controverso il grecale. Anche tu

- in tenebrore e sale - t'acquattavi

sul cassero a corrompere la rotta.

Stremato, non turbato (c'è chi porta

la stella-guida nelle proprie palpebre):

mentre la nostra fede

marciva e i nostri stracci sul costato

celavano coltelli.

                            "Anche se alfine

riva da prua ci gettò incontro uccelli,

se la ragione fu tua - come potevi

saperlo dall'inizio?" mormoriamo

cupi fra noi, levandoti in trionfo,

chiamandoti Maestro: ma sentiamo

pesarci il tuo splendore come un vizio.


da La folle tentazione dell'eterno, InternoPoesia, 2022

mercoledì 23 marzo 2022

Silvio Raffo

 MOLTIPLICARE I GIORNI


Moltiplicare i giorni dell'attesa

nella certezza di un'estrema festa.

Eterno si fa il tempo, e l'ardua impresa

si fa leggera. Gioia pura è questa.


da Il taccuino del recluso, InternoPoesia, 2021


lunedì 21 marzo 2022

Piero Bigongiari

 AUTORITRATTO


La folgore che ha inciso a fuoco il tronco

della mia vita ha fatto sì che parte,

la più sorpresa, di essa, via volasse

tra luce e incandescenza, e l'altra fosse

un tronco oscuro radicato a terra.


Tra ciò che erra e ciò che qui rimane,

nutrito ancora dalle sue radici

- o di esse prigioniero? - si disserra

un celeste pensiero o un patto oscuro?

Che cosa hanno deciso? Io dove ero?


Da quale èarte è vòlto il mio viso?

Chi ascolto, il sorriso se nel fuoco

più struggente nasconde la sua fiamma?

Tra oscure fermezze e luninose

derive, io ne so ancora così poco.


Perplexus in aenigmate, direte.

Direi: nella perplessità enegmatico

se il viatico è quello della folgore.

Tutto il resto è uno statico consistere

in un luogo remoto perché certo,


luce nel fuoco, oggetto nel soggetto,

consunzione nel permanere. E' difficile

la lezione anche se necessario

è accettarne l'opzione. E' nell'aria

che ci chiama e ci aspetta quella stella.


E' la luce dell'angelo che ha fretta

di pentirsi dopo averci lasciato

soli nella via stretta del peccato?

Dovresti dirgli solo: "Ho amato

come se fossi sulla via retta".


31 dicembre '95


da Tra splendore e incandescenza, Pizzini Editore, 1996

venerdì 18 marzo 2022

Giuseppe Rosato

 SE NOSTRA CORPORAL SORELLA MORTE


Se nostra corporal sorella morte

quando verrà si mostri

in quel momento e per un solo istante

col viso di chi amammo

e guardandolo in quell'estremo lembo

di vita ne rivedessimo intatto

il fulgore non spento dell'assenza,

se per un battito in quel cò ndel tempo

la distanza si smagli prima

di rifarsi incolmata.

                                 Un niente, un brivido

nell'infinito eterno, un suggello.


da La bellezza del mondo, Raffaelli Editore, 2021

mercoledì 16 marzo 2022

Rossano Pestarino

 LA SINTASSI, DICONO? TU BUTTALA


La sintassi, dicono? Tu buttala

a mare, la sintassi, i piani

sovrapposti, embricati, la torre

di Babele che salendo si inabissa.


I pesciolini piluccheranno intorno intorno,

dall'asinello guizzerà Pinocchio


ma stavolta sincero, essenziale,

di vita grezza, sdutto,

com'era ancora nell'antro di Geppetto,

davanti a sé tutto intero il primo giorno.


da Lingua che non so, La vita felice, 2014





lunedì 14 marzo 2022

Silvia Bre

 L'APPARIRE DI SPARSI MOVIMENTI



L’apparire di sparsi movimenti

del sole, delle strisce lunari

 

poi nella loro luce gli animali

tra foglie tutte nuove

disegni, come i gesti delle fate

e dei maghi

 

discendere da loro

in un destino

 

nel fumo

 

negli spazi

 

essere stati il futuro di qualcuno


da Le campane, Einaudi, 2022

 

lunedì 7 marzo 2022

Osip Mandel’štam

 

TRADUZIONI DA PETRARCA

 

                                      Quel rosignuol che sì soave piagne

 

Come il rosignolo in orfanezza canta

i suoi cari pennuti nella notte azzurra

e il silenzio della campagna fonde

sopra i colli o nella conca,

 

e tutta la notte col suo canto mi trapassa

e mi accompagna, solo d’ora in avanti!

Lacci e reti tende, e a rammentare

mi costringe il sudore mortale della dea!

 

Oh, iride di terrore! L’etere degli occhi,

che la profondità dell’etere han guardato,

ora lo tiene la terra in una cieca culla di ceneri, –

 

si è compiuto il tuo volere, filatrice,

e in lacrime ripeto: tutto l’incanto del mondo

non dura più di un battito di ciglia.

 

 Dicembre 1933 – gennaio 1934


Traduzione di Pina Napolitano

da  Quaderni di mosca, Einaudi 2021 

venerdì 4 marzo 2022

Saffo

UNODE DI SAFFO 

(in un “travestimento arcadico settecentesco” che non spiaceva a Leopardi)


Contento al par de’ Numi

parmi colui, che siede

incontro a’ tuoi bei lumi

felice spettator;

che sparse le tue gote

talor d’un riso vede,

ch’ode le dolci note

dal labbro tuo talor.

 

Al riso, a’ detti usati

il cor, che s’innamora,

fra i spiriti agitati

non osa palpitar.

Veggo il tuo vago aspetto

e alle mie fauci allora

non somministra il petto

voce per favellar.

 

Tenta la lingua invano

d’articolar parola,

corre un ardore insano

di vena in vena al cor.

Un denso velo il giorno

alle mie luci invola;

odo confuso intorno,

ma non so qual rumor.

 

Largo sudor m’inonda,

spesso tremor m’assale,

al par d’arida fronda

comincio a impallidir,

sì nelle fredde membra

langue il calor vitale,

che a me vicin rassembra

l’istante del morir.

 

 

Da Le odi di Anacreonte e di Saffo recate in versi italiani da Francesco Saverio De’ Rogati, presso Angiolo Martini, 1783

 

mercoledì 2 marzo 2022

Rossano Pestarino

 LA SURA DELLA SETE


Quando l'acqua finisce, in fondo ai pozzi del Mali,

liberano gli animali,

seguono il loro istinto, i loro occhi,


le vacche gli asini i cammelli, coi ginocchi

sbucciati dalla sabbia

delle genuflessioni,


                                   e mentre avanzano

verso il deserto e contano

senza fermarsi quelli

che cedono, raccontano


del Profeta, di quando ebbe sete,

e la luna versata in un bicchiere

lo dissetò per sette giorni e sette.


da Lune d'Honan, Manni, 2012