IL MONDO NUOVO. FRAMMENTI
Mi stai parlando di cose impalpabili, come i
sogni.
Io so soltanto quello
che vedo, e che tu ora hai;
ciò di cui parli, lo conoscono gli
uomini di quel tempo.
1
Qui, né Lete né Eunoè. Ci scorre, sì, un fiume,
ma
nient’altro che acque: torbide, grevi, ferrigne.
Anche
la terra è terra, e basta: umida, tediosa, fetida,
per
troppa piova che ci batte. Ma uomini,
di
quelli ce n’è tanti, e bestemmiano,
sudano,
s’accapigliano. Stridono, anche, su e giù
per
ogni landa. E gemono, fino al cielo; ma il cielo
non
è altro che cielo: vuoto, impervio, rado.
Né
voli, né nubi: solo aria, umida e fina, che ti s’impasta
sulla
pelle, ovunque.
2
Guarda:
fabbriche e fabbriche; palazzi
imponenti,
altissimi, che fan la concorrenza al cielo;
e
orizzonti di fumo; e fiamme, sovrane, che bruciano
nella
notte alta, che qui dura più del giorno, ormai.
E
non si dorme, vedi, ma tutti abitano la notte nerissima
come
talpe laboriose, e brulicano
per
le vie, gridano
i
loro nomi ferrei, duri, che s’incidono
sulla
lastra del cielo di notte.
3
Chi
se li ricorda, i tempi
di
un tempo che fu, remoto, inaccessibile,
che
compare, talvolta, in sogno, per chi sogna,
ancora.
Ma
nessuno più sogna, credimi,
e
questo è per voi, che venite di lontano,
l’ostacolo
più grande: resistere
al
sonno che vi invade, e annienta
la
mente che ragiona. Dai sonni, lunghi e ramosi,
discendono
i popoli dei sogni, che vi si appiccicano addosso,
come
ragne liquorose nella cella
della
mente.
Ma
nessuno più sogna, qui, dal tempo dei tempi
che
furono, e chi ci arriva, come voi, di lontano,
si
abitua a non farne,
e
così diviene simile a noi, anima
anch’egli.
4
E
come spaziano gli occhi, lo vedi, oltre il fiume
che
scorre tutt’intorno, acque su acque che non scemano
mai,
che s’incanalano negli occhi della mente, e divengono
nostro
fiume, fiume
del
tempo di oggi, che scorre
attimo
per attimo, e non si arresta
mai.
5
Non
c’è straniero che non lo colga, di sera, quando scendono
le
ombre della sera – le prime, sempre uguali, così vermiglie – un senso
di
abbandono che lo strugge
per
giorni e per mesi, per anni talvolta, prima
che
non venga una sera, un’altra, non nuova, qualunque,
e
lui veda, e comprenda
la
laboriosa necessità
di
queste notti.
6
E
qui non si muore, né prima né dopo, e non si taglia
alcun
traguardo. Qui le lingue si semplificano, le parole
si
riducono a un cesto
di
nomi indivisibili.
Qui
deporrete, più tardi,
il
vostro immane vocabolario:
inetto,
frondoso. Qui si è soli di fronte alla materia
che
brucia in anima, e si raddensa
in
nomi rari e indefettibili. Qui non è tempo di pensare
cos’è
il mondo, la vita. Né mondo, né vita
ma
solo un bruno scorrere di cose
che
ci riempiono gli occhi,
e
la mente.
da Forse un altrove. Ipotesi di viaggio attraverso la poesia, Il labirinto, 2021