venerdì 30 dicembre 2022

Alfred Edward Housman

 

EPITAFFIO PER UN ESERCITO DI MERCENARI

 

Questi, nel giorno in cui il cielo crollava,

nell’ora in cui le fondamenta della terra

cedevano, fedeli al mestiere di mercenari

ne riscossero il soldo e poi morirono.

 

Sostennero il cielo con le spalle, resistendo;

le fondamenta della terra resistettero con loro.

Ciò che Dio abbandonò, questi difesero,

e per la sola paga salvarono ogni cosa.


Traduzione di Francesco Dalessandro

mercoledì 28 dicembre 2022

Francisco Brines

 

TRITTICO DELL’AVVENTURA

 

(mito)

 

Una volta la vita

fu un magico trascorso,

un transito infinito.

 

 

(realtà)

 

Quello che persi e che più non attendo,

sebbene esista, forse.

Ed il presente attonito dell’essere.

 

 

(destino)

 

Quest’attesa del tempo avvenire,

il calore e la rosa.

Dopo la cecità di quel dio Vuoto.

 

Traduzione di Francesco Dalessandro

lunedì 26 dicembre 2022

Giorgio Seferis

LEGGENDA

xxiv


Hanno termine qui le opere del mare e dell'amore.

Quanti un giorno vivranno dove noi terminiamo,

se mai nereggi alla memoria il sangue e trabocchi,

non si scordino, deboli anime tra gli asfodeli,

volgano verso l'Erebo il capo delle vittime:


e noi che nulla avemmo insegneremo loro

la pace.


Traduzione di Filippo Maria Pontani

da Poesie, Oscar Mondadori 1967

venerdì 23 dicembre 2022

Francisco Brines

 

IL COMMIATO DALLA LUCE

 

Vieni ai miei occhi, luce,

e in essi, così stanchi,

riposa la fatica,

da’ sollievo e consumati

nell’amore dell’uomo.

Prima che si dilati

l’ombra di questa notte

nella quale dovrai

morire e anch’io morire,

alza per me il tuo velo

che, dietro le montagne,

è un fuoco di rose,

dimmi che fu la vita

un dì lungo e fedele

che seppe del mio amore

e amerò la stanchezza.

 

Traduzione di Francesco Dalessandro

mercoledì 21 dicembre 2022

Giorgio Seferis

 HAI-KAI


Sarà la voce

dei nostri amici morti

o un grammofono?



Donna nuda.

La melagrana che ha spaccato

era piena di stelle.



E come radunare

i mille pezzettini

d'ogni uomo!



Il timone cos'ha?

La barca gira gira.

E neppure un gabbiano.



E' senz'occhi.

Le serpi che brandiva

le mangiano le mani.



Scrivi:

l'inchiostro scarseggia

cresce il mare.


Traduzione di Filippo Maria Pontani


Da Poesie, Oscar Mondadori 1967

lunedì 19 dicembre 2022

Giorgio Seferis

 RIMA


Labbra, scolte di quella mia passione moritura

mani, catene della mia gioventù menomante

colorito d'un viso perso nella natura

uccelli... cacce... piante...


Corpo, grappolo nero al sole che dardeggia

corpo, dove fai vela, ricca nave?

E' l'ora che la sera nel sòffoco boccheggia

e frugare la tenebra m'è grave...


(Ogni giorno la vita più scarseggia).


Traduzione di Filippo Maria Pontani

da Poesie, Oscar Mondadori, 1967

venerdì 16 dicembre 2022

Isaac Rosenberg

 

IL POETA

 

Prende la gloria dall’oro

per consacrare la polvere,

tende l’orecchio alle labbra delle nuvole,

canta il canto che gli cantarono

e la sua fronte si immerge

nell’ambra che i serafini

tennero e ancora tengono per lui.

 

Così chiuse in sé stesse le nostre vite, così silenziose

che non vediamo né bene né male –

un mondo morto, da quando noi stessi siamo morti.

Finché parla lui, il maestro, ed ecco!  

il morto mondo è dissolto,

strani venti, nuovi cieli e fiumi scorrono

dalla collina, illuminati.


Traduzione di Francesco Dalessandro


mercoledì 14 dicembre 2022

Jean-Claude Izzo

 BRACI DELLA MEMORIA


   Laggiù.

   Rovine si lamentano in una lingua già d'altri tempi.

   Païs.

   Laggiù, e le pietre, di faccia al cielo, da ieri, da sempre.

   Presenza. assenza.

   Fra il terremoto e la pietrificazione, la cieca frana dei muri si  spande sulle nostre memorie.

   Laggiù.

   Pietre per sempre...

   Colonne spezzate, vestigia...

   Pietre di fango ricoperte, abbandonate all'oblio, ai fadarellos che popolano ormai la campagna.

   Laggiù, e le ore accumulate.

   E il silenzio.

   E il silenzio infuocato vicino al meriggio.

   Bianche, le ore rivelano sulle pietre la profondità del sole.

   Bianchezza mortale, fino all'immobilità.

   Che sono diventate le parole, la lingua, gli uomini che davano forza alle parole con la bellezza delle mietiture?

   E il silenzio che urla nel silenzio.


Traduzione di Annalisa Comes


da Lontano da ogni riva, Ensemble, 2018


lunedì 12 dicembre 2022

Thomas Tsalapatis

 

LUNEDÌ DELLE PAROLE

 

Giorno primo

Nei quartieri di Alba

E lui scalda l’acqua, di continuo scalda l’acqua

Nel concavo della lingua

Lì dove stagnano le parole

Quelle intonse, affrescate, non fumate

Nell’acqua

Nel vapore

E lui

E lui scalda l’acqua, di continuo scalda l’acqua

Impara come si redige ciò che si riduce

Impara come le T e le F perdono la retta del loro tetto

Come si afferrano le f e si estirpano le p

Come si freddano le vocali

Come la lingua ribolle

 

Offerta dei taciturni

A quanti hanno taciuto

 

Traduzione di Viviana Sebastio

Da Alba, Mama Edizioni

venerdì 9 dicembre 2022

Francesco Paolo Memmo

TI PRESSO, TI COSTRINGO AL FUORIGIOCO


Ti presso, ti costringo al fuorigioco,

tesso la ragnatela della zona,

cincischio, ti c’invischio, poi ti dribblo,

ti scarto, all’improvviso parto in contropiede

spingendo sulle fasce laterali,

lancio lungo il pallone, lo intercetto

all’angolo, lo crosso,

convergo al centro, lo incorno, faccio gol,

corro verso la curva a fare festa (alé-o-o).

 

La poesia è un gioco in cui si vince di testa.

 

Da Linea di basso ostinato, raccolta di prossima pubblicazione presso Edizioni Il Labirinto


mercoledì 7 dicembre 2022

Davide Belgradi

LO SPAZIO NON ESISTE PIÙ


Lo spazio non esiste più, tra il fumo

dei luoghi, e tra un luogo e l’altro il silenzio

annebbiato e il mondo lì, in mezzo, grumo

                        informe e sfatto

 

dell’abitudine, vuoto consumo.


da Rizoma, raccolta inedita

lunedì 5 dicembre 2022

Marco Caporali

 QUANDO S'APRONO INTESE


Quando s’aprono intese    

tra le lingue non muta che il suono,

una quieta confidenza prende corpo                                        

e parole inaccessibili concedono

la chiave che ad altri le schiude.                                                                                                         



da Il borgo dell'accoglienza, raccolta di prossima pubblicazione presso le Edizioni Il Labirinto, Roma

venerdì 2 dicembre 2022

Fabio Ciriachi

 CIMITERO ACATTOLICO DI TESTACCIO

 

 Puoi ammirare un cane di pietra

fare la guardia al suo poco sole;

non tornano i ricami d’ombre rare,

né l’andantino a balsamo di vento

ricorda ai convenuti l’abbaiare

che sigillava ogni folle corsa.

Il declino a gradoni della terra

rabbercia in parte le orecchie spezzate,

fruga fra gli odori delle primule

poste da primavera sul cammino

dei vivi a compimento del mancare

e fuga solo in parte l’arroganza

dolciastra della morte nel respiro.


da Tempo, soltanto tempo, raccolta di prossima pubblicazione presso le Edizioni Il Labirinto, Roma

 

 

 

 

mercoledì 30 novembre 2022

Patrick Angiulli

 

CANNIBALE

 

Un cannibale affamato sta banchettando con la mia vita.

Dal cadavere della mia gioventù,

l’entusiasmo gocciola nel buio del cuore.

Momenti del passato come ombre senza corpo

si riflettono sulla superficie screpolata di uno specchio

della mente dove il futuro assume aspetti proteiformi

e si consolida la gelatina dell’incubo.

L’avvenire è uno stillicidio di speranze, un bagliore

perché non esiste né amore né gioia né pena, niente di niente!

Esiste la memoria e in essa le infinite possibilità

che un istante di stupita meraviglia dischiude a noi stessi.

Oh, infinite possibilità, forse ignorate

nella comune tristezza del “niente è certo, neppure

che viviamo, neppure la presenza inconfutabile del tempo

di cui, nel buio, un pendolo scandisce gli intervalli”.

Niente è certo! Viviamo?

O forse è apparenza supporre che i cicli del sonno

e del risveglio vestano l’esistenza con la stoffa mutevole

dell’“ora”, dell’“adesso”, del “per sempre”,

e di tutte le altre misere parole pronunciate

nell’ingannevole spazio di un istante?

Non è forse la vita l’invisibile vestito dell’imperatore?

I tangibili solchi che segnano la fronte e i lati degli occhi,

dove lo sguardo si fa assente, ché troppo hanno visto

e troppo hanno imparato: scoprire queste cose

ci dà la misura degli anni che si rincorrono.

Perché le ore della noia sono invece così lunghe?

Volgi un attimo gli occhi – te ne accorgi appena! –

e una precisa successione d’immagini strazianti s’arresta

d’un tratto nel tuo sguardo, così triste, così pazzamente triste!

Viviamo sul marciapiede d’una stazione,

attenti soltanto agli arrivi e alle partenze,

dove echi e brusii ci giungono talvolta,

ma siamo così distanti da tutto!

Fra un saluto e un fazzoletto che sventola si dipanano i ricordi:

ogni arrivo non è che il presupposto d’una nuova partenza.

La noia s’avventa spietata e costringe a improvvise impennate

di pazzo amore e desiderio, magari sovraccariche

di patetiche cantilene che niente può spezzare.

Un dolore elementare si desta talvolta nelle ore di noia,

quando il genio s’assopisce cessando d’inventare e riemerge

il gusto nostalgico di malinconie domestiche.

Esistono meloni di lussuria negli inevitabili intervalli.

Il gorgoglìo della menzogna si fa strada nel sangue.

 

All’inizio ti ho cercato a lungo, per certe stradine anguste,

dischiuse dai miei passi fra quartieri di celle frigorifere.

Ti ho rincorso per tutta la città, ma non t’ho mai trovata.

Ho gridato le tue parole, sperando che mi udissi:

«Bisogna lasciarsi alle spalle ogni distinzione, ogni classificazione.

Bisogna eliminare dalle nostre file ogni ideologia disfattista.

Bisogna capire l’evidenza attuale: l’azione!

Non è più tempo di pensiero, non è più tempo di parole:

è tempo di ristabilire il significato dell’azione rivoluzionaria».

 

La gattina della noia ha il muso giallo,

come il freddo respiro dell’insonnia;

e gli occhi si perdono in un vortice d’immagini senza tempo,

in un incubo di miserabili apparenze

che delineano fantasmi irrisoluti e tentanti.

Quali mezzi prodigare all’impresa di resistere a un destino inesistente?

Il vento di marzo sconvolge gli oroscopi.

Brusio di mani, brusio di passi titubanti sulle scale,

brusio di voci nei saliscendi dell’ascensore, ma non una parola

che consoli, non un attimo d’amore che ci quieti.

Né rose né petali di rosa, solo unghie affilate che straziano!

Sto solo con la mia crocifissione, a braccia indolenzite!


Traduzione di FD


Da Last items, Brook&son, 2015



lunedì 28 novembre 2022

Isaac Rosenberg

 SIAMO TRISTI DI UN VAGO DOLCE DOLORE



Siamo tristi di un vago dolce dolore

il cui tocco è profumo di sospiri;

un fiore che piange ad un fiore

la vecchia favola che la bellezza muore.

 

I nostri sorrisi sono pieni di desiderio,

che abbiamo visto il lampo d’oro degli anni.

Sono passati, e sappiamo da dov’erano venuti,

il pozzo profondo – profondo delle lacrime.


Traduzione di Francesco Dalessandro

 

venerdì 25 novembre 2022

Gilberto Sacerdoti

 TERRAZZA


Un novembre marezzato

grigio-celeste-argento,


un cielo alto trafficato

da un capriccioso vento


che svaga antenne ed angeli

e in più porta il bel tempo,


un fumo bianco candido

che sfiocca da un camino,


fondendosi e avvolgendomi

sortiscono letizia.


Accarezzo il rosmarino

che prospera in terrazza,


annuso, è una delizia.


da Vendo vento, Einaudi, 2001 

mercoledì 23 novembre 2022

Beppe Salvia

 ASCIUGO IL VISO CON UN PANNO


asciugo il viso con un panno

che di resèda profuma, guardo

la luna dalla finestra tonda,

termina l’anno.


da Estate (di Elisa Sansovino), Il Melograno, Abete Edizioni, 1985

lunedì 21 novembre 2022

Alberto Toni

 E DIVENTIAMO PIU' UMANI...


E diventiamo più umani, il cielo non ci risparmia,

la terra diventa più accogliente, e il verso, il verso

segue la sua storia, non arretra ma scava il suo percorso,

d'aria, respiro, di ciò che vede e sente, ricuce, guida,

avvicina. E sentilo, sentitelo quando non c'è altro

e l'ombra che somiglia al sonno, tra i nomi e le cose.


da Tempo d'opera, Il ramo e la foglia edizioni, 2022 

lunedì 14 novembre 2022

Alessandro Ricci

 GLI IBIS

 

Lo schiavo sudanese del porto

di Massilia, sfinito dai pesi

e dalla sferza, vede calare

dall’oneraria un mazzo convulso

di ali e becchi nella rete,

e sono atrocemente,

fra le risate della ciurma,

ibis rossi della Nubia.

 

Per gli eleganti horti dei capi

trascinati fin qui.

 

Lui che li vide accendersi

nei canali, e volare sui loti

e le canne in lente

file al crepuscolo, o intuìti

altissimi sulla savana, numi

in quella terra felice.

 

Aveva forse dieci anni.

 

Quella gran polvere all’orizzonte.

Chi diceva antilopi dalla Libia,

invece apparvero le coorti numide

che l’avrebbero preso.


da Tutte le poesie, Europa Edizioni, 2o19

 

mercoledì 9 novembre 2022

George Gordon Byron

 EPISTOLA AD AUGUSTA

 

 

I

 

Sorella, dolce sorella mia, ci fosse un nome

il più caro, il più puro dovrebbe essere il tuo!

Monti e mari ci separano, e non lacrime

chiedo, ma tenerezza che incontri la mia.

Ovunque io vada, tu sei per me la stessa,  

amato rimpianto al quale non rinuncio.

Nel mio destino ho ancora queste cose:

viaggiare un mondo e insieme a te una casa.

 

 

II

 

Se l’uno fosse un niente e avessi l’altra,

essa sarebbe il porto della felicità;

ma altri obblighi hai tu, altri legami,

non è mio desiderio che tu vi venga meno.

Infelice destino del figlio di tuo padre,

senza rimedio, perciò irrevocabile;

opposto a quello del nostro grande avo

che mai pace ebbe in mare; ed io a terra.

 

 

III

 

Se il mio retaggio di tempeste in altri

elementi è riposto, e su rocce insidiose,

ignorate o imprevedibili, la mia parte

di accidenti terreni ho sopportato,

mio fu lo sbaglio e non voglio coprire

con difese insensate i miei errori;

fui causa io stesso della mia rovina,

l’accorto pilota della mia disgrazia.

 

 

IV

 

Mia fu la colpa, e mia la ricompensa.

Fu una lotta ogni ora di vita, dal giorno

che mi fu data, insieme a ciò che il dono

avrebbe sciupato, carattere o destino                                

fuorvianti. A volte la lotta fu dura, 

e pensai di strapparmi ai vincoli terreni.

Ma adesso ancora un po’ io vorrei vivere,

almeno per vedere che cosa può accadermi.

 

 

 

V

 

Di regni e imperi nei miei pochi giorni 

ho vissuto più a lungo, benché vecchio non sia.

Quando questo considero, la spuma

leggera degli anni di pena, rotolati via

come i flutti tempestosi della baia,

si scioglie. Qualcosa che non so sostiene

ancora uno spirito di lieve tolleranza;

benché fine a se stessa, non è inutile la pena.

 

 

VI

 

In me opera forse e s’agita il disprezzo,

o una fredda disperazione provocata

da mali ricorrenti; forse un clima più mite,

una più pura aria (ché anche in questo

può l’anima cambiare e un’armatura

più leggera impariamo a sopportare),

m’insegnarono una loro strana quiete

che non era compagna di più serena sorte.

 

 

VII

 

A volte mi emoziono come al tempo

dell’infanzia felice: alberi, rivi, fiori

mi ricordano i luoghi dove vissi

prima d’offrire in sacrificio ai libri

la mia giovane mente; come un tempo

il cuore si commuove, a riconoscerli;

e a volte penso che potrei amare

una creatura viva – ma come te nessuna.

 

 

VIII

 

Qui sulle Alpi i paesaggi offrono spunti

di riflessione – si prova per poco

l’ammirazione – però queste scene

ispirano cose più alte: essere soli

non dà tristezza, qui, perché molto altro

di desiderabile ho visto e soprattutto

posso ammirare un lago anche più bello –

ma non più caro – del nostro di un tempo.

 

 

IX

 

Oh, se tu fossi qui con me! Ma ecco

mi faccio giullare dei miei desideri,

dimentico che la solitudine ora vantata

ha già perso ogni pregio per quel solo

rimpianto. Altri forse ne riesco a celare.

Non sono un malinconico, ma sento

ogni mia convinzione venir meno

e sale una marea nel mio occhio alterato.

 

 

X

 

Il caro lago, presso il vecchio Castello

che non sarà più mio, ti ho ricordato.

Lemano è bello, ma non credere mai

ch’io rinunci al ricordo della sponda più cara.

Della memoria il Tempo farà scempio

prima che voi svaniate dai miei occhi,

anche se, come tutto ciò che ho amato,

da me siete lontani o divisi per sempre.

 

 

XI

 

Tutto il mondo ho davanti; e alla Natura

chiedo soltanto quello che può darmi:

di riscaldarmi al sole dell’estate,

di mischiarmi alla quiete dei suoi cieli,

di vederne il volto gentile senza veli

e mai guardarla con indifferenza.

Essa per prima mi fu amica ed ora –

finché non ti rivedrò – sarà sorella.

 

 

XII

 

Qualsiasi sentimento io potrei soffocare,

tranne questo; e non voglio, ché qui viste

vedo simili a quelle ove iniziai la vita:

le prime, per me gli unici sentieri.

Se a evitare la folla subito avessi appreso

sarei certo migliore di quanto non sono;

le passioni che straziano avrebbero dormito,

io non avrei sofferto, tu non avresti pianto.

 

 

XIII

 

Cosa avevo a che fare con la falsa ambizione?

Ben poco con l’amore, con la fama di meno.

Non cercati essi vennero e crescemmo

insieme; mi diedero quello che potevano:

un nome. Ma non era il fine perseguito,

sebbene un tempo ad un nobile scopo

mirassi. Ora mi aggiungo – ché tutto è finito –

ai molti vinti prima di me scomparsi.

 

 

XIV

 

Quanto al futuro, il futuro del mondo

richiede molto poco del mio impegno.

Molti giorni a me stesso sono sopravvissuto,

di molte cose più a lungo ho vissuto;

i miei anni non hanno avuto il sonno

ma una preda di vigilie senza fine:

la mia vita vissuta colmerebbe un secolo,

prima che un quarto ne sia già trascorso.

 

 

XV


Per tutto ciò che ancora può accadere

sono pronto; e verso il passato non provo

ingratitudine, perché fra tante lotte

a volte s’è introdotta anche la felicità.

Al presente non vorrei che i sentimenti

s’intorpidissero. E non nasconderò

che guardandomi intorno con profondo

sentire posso ancora adorare la natura.

 

 

XVI

 

Quanto a te, dolce sorella, nel tuo cuore

io mi sento al sicuro, e tu nel mio;

noi siamo stati e siamo – io come te –

creature che non potranno rinunciare

mai l’uno all’altra; insieme o separati,

dal principio al suo lento declino,

per la vita siamo avvinti e, rapida o lenta

la morte, quel primo legame sarà l’ultimo.



Traduzione di Francesco Dalessandro


Da Il sogno e altri pezzi domestici, Il Labirinto, 2008

 

lunedì 7 novembre 2022

Gabriella Pace

 QUANDO APRI LE BRACCIA


Quando apri le braccia

per accogliermi

è maggio in tutti i giardini

perfino quelli affollati dai turisti

dalle coppie in viaggio di nozze.

Nella stanza del nostro riposo

si asciugano al sole dei tuoi sorrisi

tutte le ferite che credevo insanabili

io già in ascolto di una nuova vita

tu acqua viva dietro le palpebre chiuse.


da Ritorno, Il Labirinto, 2022

venerdì 4 novembre 2022

Edoardo Ferri

 

PAMINA IM ROM

 

 

Non voglio contrariarti

con i miei tagli di luce sereni

fra le linee delle nubi

quando la città muore

nel deserto agostano

e la calura è ordine,

segmento di stagione

che sta per finire,

proprio come il giorno

fra le ruvide rovine

nel maestrale che disperde

i rifiuti e mette ordine

nei cortili dove le palme

cercano spazio fra le pietre

e sembrano lì da secoli

nella pace della storia

che attraversa le strade

si infila nei vicoli

nel primo pomeriggio

che è quasi sera,

quando il suono è timido e

il sonno disegnato negli occhi

lucente iscrizione e poesia.


da Tre dame, Il Labirinto, 2022

 

lunedì 31 ottobre 2022

Luigi Picchi

 IMPERATOR


Queste immense pianure e foreste

sono lo spazio della tua angoscia,

così le vaste stelle.


Qui ed ora devi fermarti, stare,

restare.


Qui ed ora, fedele al tuo posto,

al tuo incarico, al tuo carico.


Anche questa mattina passerai

in rassegna le legioni (ti basteranno

i loro sguardi fieri, la loro fedeltà).


Questo è il tuo regno,

anche tu soldato, servitore

d'un sogno troppo grande

e ormai vecchio.


Diligente compilerai tutti i registri,

i bilanci (è questo un rito che salva).


L'Impero è allo sfascio ormai

e tu sei solo una semplice sentinella,

un'anima vegliante, lo sguardo

d'un Dio che scruta il suo stesso

orizzonte.


da Antiqua lux, Moretti & Vitali, 2019

venerdì 28 ottobre 2022

Luigi Picchi

 OCTAVIUS

A Ovidio


Avresti potuto piangere Teutoburgo,

le tre legioni decimate, la cupa battaglia,

la ferocia nemica, il coraggio dei nostri.


E invece hai offeso il principe, irridendo

il suo giusto dolore, la sua tristezza di padre.


Giusto castigo, allora, il tuo esilio!


da Antigua lux, Moretti & Vitali, 2019


mercoledì 26 ottobre 2022

Luigi Picchi

 PLINIUS MINOR

I, 9


Un'assegnazione di toga virile,

poi fidanzamenti e matrimoni,

quindi dal notaio per un testamento,

un salto in tribunale e uno in Senato,

questo e altro occupa le sue giornate

e tutto sembra importante.


Ben diversa la campagna

(qui legge e scrive finalmente)

o quando lungo la spiaggia

trova una conchiglia e dentro

vi ascolta l'eco del mare

e sogna navigazioni, isole beate

e lassù, forse abitate, le stelle.


da Antiqua lux, Moretti e Vitali, 2018

lunedì 24 ottobre 2022

Domenico Adriano

 

COMINCIA A FARE GIORNO


«Comincia a fare giorno»,

la mia amata nel letto

mi detta un settenario

perfetto.

 

Prestami una lama

dico alla mia donna

per tagliare i miei versi.

 

Prestami una lama

voglio fare la pioggia orizzontale.


da Anna sa, Edizioni Il Labirinto,  di prossima uscita


venerdì 21 ottobre 2022

Silvia Bre

 L'APPARIRE DI SPARSI MOVIMENTI



L’apparire di sparsi movimenti

del sole, delle strisce lunari

 

poi nella loro luce gli animali

tra foglie tutte nuove

disegni, come i gesti delle fate

e dei maghi

 

discendere da loro

in un destino

 

nel fumo

 

negli spazi

 

essere stati il futuro di qualcuno


da Le campane, Einaudi, 2022

mercoledì 19 ottobre 2022

Alessandro Ceni

 

NEL LETTO PRATO

 

Nel letto prato macchina carbonizzata rotolante degli amanti

un fantasma distende le gambe,

in questa camera

due corpi non si sono risparmiati

né spento luce o aperto la trappola

in cui sono cascati

eppure entrambi sapendo

dall’ombra della stanza abbracciata

dei fulmini a banderuola sul tetto

e ancor più della loro rovina

curiosa e pettegola

con un recinto da orto per occhio.

 

da Parlare chiaro. Tutte le poesie, puntoacapo, 2012

venerdì 14 ottobre 2022

Francesco Dalessandro

 RAPIDO FUGGE IL TEMPO  

                                                                         .

 

Rapido fugge il tempo… così canta

il poeta e si tormenta,

furtiva giunge l’alba 

e ferisce la notte «dalle labbra

l’anima mia si sporge nel respiro

ma la tua non ritrova…»

 

«Ah, poesia, ti dilegui

nel vento che sussurra alla finestra

di questa casa nuova,

poesia, perché non segui

più i miei passi? mi metti

forse alla prova? oppure qui ti presti

agli inganni ai misteri

dell’amore che assalta

ai suoi furtivi sortilegi e affanni?

 

Tu non sei dolce non sei remissiva,

poesia, ma sei la luce

che scende fra le torri e sulle prime

tenere foglie, l’ombra

nutrita di silenzio;

sei la coppia di rondini che zirla

allegrezza a primalba

e l’ombra del gabbiano

che nel giovane vento ne minaccia

il volo; se, poesia, tu non sei dolce

e non sei remissiva

ma riflessiva e attenta

alla mia pena perché ora vacilli

o minacci o mi assilli?»

 

Hai detto: «la poesia mi sta lasciando

solo, come un amore

troppo timido, un tiepido

slancio di giorni giovani» e se ora

le parole che graffiano

il buio e diffidenti si smarriscono

provando a dire quelle verità

che vogliono silenzio

o le tristi bugie che più non sono

luce alla notte che ti insegue,

taci


(inedita)