venerdì 28 settembre 2018

Vittorio Sereni

UN RITORNO

Sul lago le vele facevano un bianco e compatto poema
ma pari più non gli era il mio respiro
e non era più un lago ma un attonito
specchio di me una lacuna del cuore.

da Gli strumenti umani, Einaudi, 1980

mercoledì 26 settembre 2018

Fabio Ciriachi


UN FRUTTO VIZZO CHE CADE FRA L'ERBA

Un frutto vizzo che cade fra l’erba
torna alla terra col dono del seme
da cui generarsi, la polpa si fa
composta, l’anima trasmigra dolce
nei rivoli del segreto affondare
e pace soffia il vento alla pianta.

Ma sei frutti si staccano da rami
che sporgono dal muro di un giardino
urbano finiscono sull’asfalto
e per giorni restano lì a marcire
nei colori cupi della vergogna
che prova chi non muore come vuole.


(inedita)

lunedì 24 settembre 2018

Giancarlo Pontiggia


PENSO

12

Voi, o nomi,
nubi bianchissime
veleggianti
nelle celle del cuore;

nomi leggeri
e sussurrati,
nomi appena lasciati
e già presagi;

nomi segreti
e nomi di silenzio
chiusi nel sigillario
del tempo;

nomi,
nomi invocati
e mai tornati

vi solleva il tempo
verso quale tempo?

13

Mi chiedo, nella luce cruda
di un risveglio d’inverno di ora
se il crudele angelo della memoria non sia
un messaggero di verità. E se no,
come arrestare le sue dolorose visite.

da Origini – Poesie 1998-2010, interlinea edizioni, 2015


venerdì 21 settembre 2018

Giancarlo Pontiggia


PENSO

7


Sono solo un modesto
ascoltatore del mondo,
porgo orecchi al vento
delle cose che battono

che ritornano con la semplice
domanda: chi sei? da dove
vieni? Risalgo
una corrente che altri

già hanno percorso, guardo
le rive, il cielo, gli occhi
dei nuotatori, che si perdono
vincono sopravanzano

con alte bracciate; penso
ai vostri numi, leggeri
e fruscianti, che abitano
in stanze oh troppo remote

ormai, e alle loro
case, che dipingo in versi
ombrosi e privi di suono
tra un’estate e un autunno

del millennio che già finisce
sul pianeta che dicono Terra
tra le vie del giorno e della notte
e i loro numeri lucenti

tra i boschi del cielo
e il loro grande nero.


(segue)

da Origini – Poesie 1998-2010, interlinea edizioni, 2015

mercoledì 19 settembre 2018

Giancarlo Pontiggia

PENSO

5

Mentre svolto con cura tra le stanze
di un pomeriggio ritrovato per caso
con chiavi non più mie

ordino ai versi di celare
il luogo, il nome, il tempo
di coloro che l’hanno abitato, poiché

resta solo ciò che è nascosto,
che non viene nominato

6

Cigola al vento la porta, sbatte
alle intemperie il tuo cuore.
In un sonno erboso,
in un sonno poroso
camminavo.
Ma il cuore è un vigneto maturo,
fra le sue canne scende l’acqua
del sonno. Oh, ma ferma la tua scure,

cuore

(segue)

da Origini – Poesie 1998-2010, interlinea edizioni, 2015

lunedì 17 settembre 2018

Giancarlo Pontiggia


PENSO

1

Osservo con stupore l’azzurro
del dodici luglio sessantotto
da un punto lontano della mente.
Il vento sbatte
sulle sue terrazze assolate;
il cuore nomina
parole straniere.

2

È pallida la lucerna del destino.

Ciò che era è restato? Con pazienza calcolo
i vostri numeri, frazioni
con esponenti infiniti.
Di notte, semisveglio, udivo i passi, le voci
tra le stanze, nei corridoi di una casa
che non si oppone;

e ora vi ripeto che le porte non scricchiolano,
che non sono tornato.

(segue)

da Origini – Poesie 1998-2010, interlinea edizioni, 2015

venerdì 14 settembre 2018

Robinson Jeffers


CASSANDRA

La pazza con gli occhi sbarrati e le lunghe dita bianche
Confitte tra le pietre della muraglia,
Capelli arruffati dalla tempesta, urla la bocca; che fa                                                                                                     / Cassandra,
Se la gente non crede
Nella tua fonte amara? L’uomo invero odia la verità;                                                                                                     / preferirebbe
Incontrare una tigre per via.
Perciò i poeti addolciscono la loro verità mentendo; ma                                                                                                     / venditori
Di religione e di politica
Dalla botte versano nuove bugie sulle vecchie, e hanno lode 
                                                                                        / per buona
Saggezza: Povera sgualdrina, sii saggia.
No: masticherai ancora in un angolo una briciola di verità,
Agli uomini e agli dèi invisa. – Tu e io, Cassandra.

Traduzione di Mary de Rachewiltz

da La bipenne e altre poesie, Guanda, 1969

mercoledì 12 settembre 2018

Fabio Ciriachi



LA PELLE SCREPOLATA DELLE FACCIATE

La pelle screpolata delle facciate
sono case di cortili, interni
di scialbe finiture, per rispetto
la cura s’avventa sulla strada
qui di certo non tocca non restaura
la bella lebbra delle ocre. I punti
dove da sempre batte il vento
s’adattano al pino alla palma alla
magnolia, tutta la natura che s’accuccia
sa di ogni voce trovare la finestra
come gli sguardi di chi torna a casa e assale
nel cibo degli odori
l’ultimo scoglio le altrui scale.

(inedita)

lunedì 10 settembre 2018

Arsenij Tarkovskij


STUDIO SU UN LIBRO DI PIETRA

Studio su un libro di pietra il linguaggio dell’eterno,
scivolo tra due macine come un chicco di grano nel rotare                                                                                         / delle pietre,
sono per intero già immerso nello spazio a due dimensioni,
il mulino della vita e della morte m’ha spezzato la spina                                                                                            / dorsale.

Cosa fare, o pastorale d’Isaia, della tua rettitudine?
La pellicola senza tempo, né alto, né basso, è più fine d’un                                                                                        / capello.
Nel deserto il popolo si radunava sui massi, e nell’arsura
la pianeta di stuoia da re mi recava sollievo alla pelle.


Traduzione di Gario Zappi

da “Anterem”, 96, VI serie, Anno 43



venerdì 7 settembre 2018

Benjamin Fondane


DA: L’ESODO

SUPER FLUMINA BABYLONIS

LA VOCE NEL DESERTO

(segue)

CAPH
Ecco, dice Dio, l’Albero della Vita;
ecco, dice Dio, l’Albero della Morte.
Era deliziosa la vita –
era deliziosa la morte!

LAMED
O Gioia! Pigrizia di memorie!
Il Tempo divenne discontinuo…
E l’uomo scoprì che era nudo
un secondo prima della Storia.

MEM
Andiamo, in marcia razza umana,
padrona dell’escremenziale –
eccoti libera e sovrana.
Contiamo dapprima l’essenziale:

NUN
Scienza, Essenza, Intelligenza,
Potenza, Assenza, Intransigenza,
Impazienza, Obbedienza,
Nascita, o fonti di demenze!

SAMECH
Suprema ebbrezza del conoscere!
Ecco i venti d’oceani:
vagine aperte che forzano l’Essere
al nobile sperma del Nulla!

PHÉ
Da quale lato cercare l’Uscita?
Quale isola sospesa nel Niente?
Sole, la tua carne cruda
sanguinava già alle porte del mattino.

AIN
Pietà, Giustizia! Mia Giustizia!
Tu strappavi le tue vesti
e sui più leggeri supplizi
ho visto gocce del tuo sangue.

TSADÉ
Ho visto persone morire di spada,
ho visto persone perire di fuoco,
e ragni importanti
cadere tra le dita di Dio!

COPH
Ho visto cretini al mercato
d’un tratto in piedi profetizzare.
E il genio seduto a tavola
vendere cose invendibili!

RESCH
Ho visto maghi rinomati
impastare esseri di fango.
E verso sera, quando lo Spirito dorme,
la Fame entrò nelle famiglie…

SHIN
Ho visto la morte contare i morti.
Lei gli toglieva il grasso.
E ho gridato: Felici i Morti!
Che cosa ne facevano del grasso?

THAV
Era proprio l’ultimo giorno?
Perché invoco il soccorso?
E da quale occhio, nella mia attesa,
cadeva questa lacrima ardente?



Traduzione di Domenico Brancale

da “Anterem”, 96, VI serie, Anno 43


mercoledì 5 settembre 2018

Benjamin Fondane


DA: L’ESODO
SUPER FLUMINA BABYLONIS

LA VOCE NEL DESERTO

(segue)


ALEPH
Se ogni cosa ha un cominciamento
se ogni cosa deve morire,
dimmi allora: perché i morti
si rivoltano dentro le bare?

BETH
Se l’occhio ritorna dai fiumi neri
con la neve al cuore, dal vuoto,
perché sferzare, l’occhio idiota,
le magre natiche della Speranza?

GHIMEL
Rispondetemi: quando le navi
annegano con il proprio equipaggio
chi vediamo allora galleggiare al largo
con gli occhi aperti sott’acqua?

DALETH
Se la lucertola non ha sangue,
e se la fame non ha denti,
quali le strade che seminiamo?
– quali le prove che ci amiamo?

Se ogni strada porta al baratro
perché evitare, o Impari,
l’ostrica selvaggia che apriamo
con un coltello di carne?

VAV
Se si avvicinasse, la iella
maligna,
pidocchiosa e tremante di febbre –
Di’: chi le bacerebbe le labbra?

ZAÏN
Se dall’assenza dei nostri corpi
la vita se ne va, pezzo per pezzo,
perché nella bocca dei morti
le parole dormono sulle gengive?

HETH
Se l’odio venisse a deporre,
voglio che mi rispondiate:
le vostre ginocchia pregherebbero
sul grande altare della Santa-Vergogna?

TETH
Se Dio appollaiato su un albero
concimasse la iella –
crederesti all’eternità
dell’angoscia?

JOD
Se nessuna dall’albero della Scienza
ha mangiato niente sotto gli occhi di Dio:
perché metterLo in gioco
per ritrovarLo come occasione?

(segue venerdì)


Traduzione di Domenico Brancale

da “Anterem”, 96, VI serie, Anno 43




lunedì 3 settembre 2018

Benjamin Fondane


DA: L’ESODO
SUPER FLUMINA BABYLONIS

LA VOCE NEL DESERTO

È in questo preciso punto d’assenza
che gli uccelli colavano a picco nell’occhio del vuoto
ali e sangue –
giravano prima di sprofondare nel vuoto,
nel giorno divenuto più grande di prima.

È in questo preciso punto:
Tutto finiva, le strade e i bisogni umani,
nelle mani tenevo una notte nuova,
intanto un faro spazzava il mio viso,
il polmone si sfiatava
tra le voci ho visto gommoni partire
verso un paese senza palpebre
– non era il tempo ma un altro spazio
era così sporca la luce dove marciavamo,
colava dalle nostre tasche come sangue annerito.

– È in questo punto
che finalmente ho dubitato della mia lucidità
vedendo me stesso, ma disgiunto da me.
Non era paura ma un’altra gioia,
non era felicità ma un’altra amarezza,
e gridavo, con la vergogna di sentire me stesso gridare.
È denso!

Allora questa vita è più fitta dell’altra?
Questa disperazione è più saggia della speranza?
È in un mondo senza remissione che avanzo,
è in un mondo senza ritorno che sprofondo,
è in
un mondo svanito chi cerca la sua materia,
ed è un mondo senza cominciamenti né fini,
un mondo ardente da cui la voce rauca grida:

È!

(segue mercoledì)



Traduzione di Domenico Brancale

da “Anterem”, 96, VI serie, Anno 43