mercoledì 31 luglio 2019

Fernanda Romagnoli

ELEMOSINA

Mattutina elemosina! Al cancello
un gorgheggio di sole ancora implume,
da un flabello di nuvola. Reclina
nella cassetta l'ala d'una lettera.
Conosco i segni - le nervose piume...
Già sull'angolo - e dunque ho camminato -
se so il foglio a memoria, e tutta rido
mentre la via mi soffia dove vuole.
In me come in un nido
le sue parole usignuole.

(1970)

da Mar Rosso, Il Labirinto, 1997

lunedì 29 luglio 2019

Giacomo Leronni

NELL'ACRE DISERZIONE DEI NOMI

                                                                     Per Antonio

Queste sere
che la memoria serba come caglio
queste lenzuola
per il corpo fradicio
nell'acre diserzione dei nomi

sono propaggini del caso
nocciolo della condanna.

Brighiamo per la pace
come fanciulli col gesso negli occhi
firmiamo lettere
di creta impudente.

Levi la mano a schermare
il lampo del contatto.
Non indugi oltre:
torna al tramestio del sangue
la tua umile pietra incendiata.

da Scrittura come ciglio, puntoacapo Editrice, 2019

venerdì 26 luglio 2019

Gilberto Sacerdoti

HOPKINS E ADRIATICO

Leggo, ausculto, scruto
dentro lo scritto il rombo
compresso dal poeta
inglese, gesuita.

Lo scritto-scrigno scricchia,
sforzato. Erompe, esplode:
naufragio, sferza, spine,
incudini. In carole.

Traballante, tramortito
lo richiudo: azzurro muto,
dune lisce, sole mite,
mare piatto, qui da me.

Liscio, azzurro, fragile
Adriatico mio amabile,
non a tremare, gemere,
induce il sole, te.

Però, scrigno temibile,
sonetti angloterribili,
per turbini, per grandine
la chiave apre, c'è.

da Vendo vento, Einaudi 2001

mercoledì 24 luglio 2019

Rita Iacomino

SCHIELE

Ventotto anni di febbre
per scandagliare la morte in ogni forma.
Ne ha scrutato il respiro marcio negli amplessi
fissata nella solitudine della vedovanza.
Ma l'orfano è già morto
nascere e morire sono la stessa cosa.

È bianca la morte
è un albero
uno scheletro d'inverno,
summa dell'atroce ricognizione.
Non c'è tempo, ci dice, ma solo destino.

da Poemetto tra i denti, Edizioni Progetto Cultura, 2012

lunedì 22 luglio 2019

Emily Dickinson

L’AFFRANTO “PERCHÉ” DELL’AMORE


L’affranto “perché” dell’amore
è tutto quanto l’amore può dire –
fondati su due sole sillabe,
i cuori immensi che si spezzano.

Traduzione di Silvia Bre

da Questa parola fidata, Einaudi, 2019

venerdì 19 luglio 2019

Giovanna Bemporad

L’ATTESA

È quasi l’ora e io esco all’aperto.
Dolce notte! perché dunque mi struggo?
E come il cielo è purissimo e calmo!

Conduci al convegno quella ch’io amo,
e non trapassi inconsumata l’ora,
o notte.

                In solitudine confusa
dimentico tra me ch’ella è partita
e al luogo del convegno aspetto sola.

(1943)


da Esercizi, Urbani e Pettenello, Venezia 1948

mercoledì 17 luglio 2019

Milo De Angelis

DUNQUE, AMICA MIA SEI TU

Dunque, amica mia, sei tu questa gioia senza dio
che giunge a un tenero golfo stamattina
e mi dice al telefono ora so ora so
che dalla fine più violenta
può scaturire questo bene, una spiga
di atomi felici dove nasco
e vedo il chiarore infantile di un sentiero e noi siamo
il frutto di un contrasto magistrale
che prepara giorno dopo giorno la lettera d'amore.

da Incontri e agguati, Mondadori, 2015

lunedì 15 luglio 2019

Matsuo Bashō



BELLO È ANCHE IO GIORNO GRIGIO

Bello è anche il giorno grigio
quando il Fuji si nasconde
dietro un velo di pioggia.

Traduzione di Sergio Fabio Berardini



venerdì 12 luglio 2019

Daniel Samoilovich

Sì, stanno tornando, tornano,



un enigma è l'origine di queste isole
che porta la notte e vengono col sogno.
Qualcosa, diciamo, rimasta irrisolta nel passato,
tuttavia è inutile cercare retrospettivamente
cicatrici o indizi di un'angoscia
nelle cale che copre la risacca,
tra il popolo nero delle iguane
sulla costa catatonica:
l'indagine potrebbe,
come un detective disattento, fabbricare false piste
o contraffare quelle vere. Lo stesso fitto velo
che copre ciò-che-deve-essere copre il passato:
se ne ridono gli dèi della smania eccessiva
che hanno gli uomini di conoscere il futuro;
ma anche peggio che sopportare il loro scherno
è veder passare la ninfa Asterie, la sola
cui è permesso volare verso la propria infanzia.
Laggiù va, sorvola Sullivan Bay,
sono testuggini quelle macchie scure
accoppiate da ore, le va cullando
il mare turbinoso.



Traduzione di Francesco Tarquini

da Las Encantadas, Edizioni Fili d'Aquilone, 2019

mercoledì 10 luglio 2019

Giacomo Leronni

L'AMORE DEGLI ALTRI

                                                a Maria Grazia Beverini Del Santo

Bisogna guardare negli occhi
l'amore impervio degli altri
quando taglia la tua rupe
ed esita prima di mordere

quando pondera i segni
che scalzeranno le tue verità

bisogna guardare con attenzione
nelle lacrime, nelle parole
che scivolano sul bersaglio
come corvi sulla gioia

e si deve essere
perfettamente soli
finalmente soli, irredimibili
prima che le chiavi altrui
forzino nel respiro
ciò che devono forzare

ogni spegnimento
sollecita la luce, ogni morte
moltiplica i fiori nei prati
dischiude altrettanti nomi
nella mente

come quando dispensavi
quel tuo lascito di vento
che nessuna notte estinguerà.

da Scrittura come ciglio, puntoacapo Editrice 2019

lunedì 8 luglio 2019

Alejandra Pizarnik

INCONTRO

Qualcuno entra nel silenzio e mi abbandona.
La solitudine non è più sola.
Tu parli come la notte.
Ti annunci come la sete.

Traduzione di Francesco Tentori Montalto

da Poeti ispanoamericani del 900, Edizioni Eri, 1971

venerdì 5 luglio 2019

Daniel Samoilovich

La notte prima dell'imbarco


Bisogna dormire in questa casa, ci hanno
lasciati qui, con un appuntamento:
al molo, domattina.
              Dalla finestra

sulla strada, si vedono alberi, gli stessi
che nel giardino, è facile confondersi,
di dentro, di fuori, lo stesso rosa
              dei grandi petali.

Solo un azzurro.............................
................................questo giardino,
..............una strada
              una casa

e in quella casa un giardino, forse questo.
Un'àncora i tuoi occhi, accanto ad essi
io sto al sicuro, essi la vera casa
              sono,

non queste pareti posticce, verniciate
in fretta proprio prima che arrivassimo
- non separano neppure due sfumature
              di rosa,

né un emisfero dall'altro e neanche i cieli,
nemici, dell'orsa e del piccolo carro -.
Non mi riparano, i tuoi occhi, dalla rugiada
              e neppure dal tempo,

non potranno evitarmi la morte e tuttavia
sono rifugio certo, talismano,
accanto ad essi io mi credo al sicuro.
              O meglio

mi importa meno quel che succede,
e non temo la casa che domani
lasceremo come un po' più tardi
              lasceremo

le isole, il respiro, le ossa.
             Senza di te
però sarebbe uguale
             l'esser già morto,
ed in tal caso il peggio, che sarebbe stato
             non conoscerti mai,
vivere in altro secolo, differente dal tuo
             su un pianeta
qualunque di un qualunque squallido sole,
             o peggio ancora,
incrociarci tu ed io al cinema, in fila,
             nella sala
d'attesa all'obitorio, e non capire
             che eri tu,
averti lì davanti e come un pessimo artista
             non vederti,
questo non è accaduto e tutto ora va bene,
             ora
ciò che voglio soltanto è di non sopravviverti.
             Magari fosse
la casa di cartone o marmellata,
             magari
di cioccolato o marzapane, e arrivasse
             a mangiarsela
un orco, e la mangiasse con noi
             dentro.

(Non per nulla il fanciullo di Venere
discese in terra armato di arco e frecce,
non trasse con sé pala né squadra
né ridicolmente si portò

bende dall'olimpica dimora,
sedativi, farmaci. Compito suo
è nuocere, non curare, non costruire qualcosa;
se quando ti trafigge tu ti scordi

della morte, questo è solo un effetto
collaterale, al modo stesso in cui
un tizio cui han piantato una pallottola
nella mano o in una spalla o un piede,

certo che perde di colpo ogni memoria
dell'angoscia suicida, immateriale,
che cinque minuti prima lo affliggeva:
quando davvero duole, diviene

banale la paura del futuro;
             il venturo domani e qualsiasi
deduzione, qualsiasi pronostico
             e qualsiasi

riflessione, che vadano all'inferno:
             questa è l'ora
infuriata al tempo stesso che serena
             dell'adesso

e nelle macchie gialle, rosse,
             dell'adesso, nelle isole un regno
fondato sulla legge del tuo sguardo
             cosmo macro

in cui qualunque aspetto del terreno
             corrisponde a un cosmo micro:
le montagne i tuoi piedi, le lagune i tuoi occhi,
             e perché mai

nell'esperimento geologico infinito
             non potrebbe il pianeta
dare vita a una cosa come questa?
             Se potesse accadere,

dovrebbe essere qui, comincia qui di nuovo
             a ribollire la terra,
nascono di nuovo, tra le crepe del basalto
                                       pallidi
                                                     fili
                                                                   d'erba.

Traduzione di Francesco Tarquini

da Las Encantadas, Edizioni Fili d'Aquilone, 2019

mercoledì 3 luglio 2019

Giuseppe Rosato


CHE ME NE FACCE CCHIÙ

Che me ne facce cchiù de stu sframmìche
de vite che me porte ancòre ’n còlle
appeccecàte accòma na sanguètte…
Da che stènghe a lu mònne anne pe’ anne,
nu mese appress’all’àtre, jorne a jorne,
lu tempe passe e passe, ma è gne quande
n’ulèsse màje fenì’, e pèzze-pèzze
me se zùppie lu còrje, cosse, vracce,
e la schine, le lùffe, le custàte…
Ne le sacce ecche-è che me tê ’ncore
all’impìde. Lu core? No, ca quelle
dda mò che me s’à morte.


Che me ne faccio più di questo frammento / di vita che mi porto ancora addosso, / attaccato come una sanguisuga. / Da quando sono al mondo, anno per anno, / mese dopo mese, giorno a giorno, /il tempo passa e passa, ma è come se / non voglia mai finire e pezzo a pezzo / mi si succhia il corpo, gambe, braccia, / e la schiena, i fianchi, le costole… / Io non lo so cos’è che mi tiene ancora / in piedi. Il cuore? No, che quello / è da tanto che mi è morto.

da Jurne e jurne, Raffaeli Editore, 2019

lunedì 1 luglio 2019

Giuliano Goroni

NEI GIORNI COLMI D'ANIMA SPINTO


Nei giorni colmi d'anima spinto
ad essere da quel lieve
inoltrarti nei miei pensieri,
temo le tue parole che compiono
forme al mio mistero. Batte con
nova ala un mio dolore senza
gloria nel calmo letargo nero
dei tuoi occhi, preso vivo nel fiero
indugio notturno nei vicoli
come contratto cuore,
né una eco alla mia penombra.

da Stanze della vita, Rotundo 1988