venerdì 29 dicembre 2023

Massimo Morasso

 PER ANNI, IN CERCA DI SOLLIEVO


Per anni, in cerca di sollievo,

ho tratto dai ricordi le parole,

ma adesso il mio paesaggio si è invertito.


Ora ho levato

il mondo e

vivo solo negli anfratti

meno esposti del reale:

sono una nostalgia celeste

ardentemente arresa al suo delirio.


da Frammenti di nobili cose, Passigli. 2023

mercoledì 27 dicembre 2023

Sauro Albisani

 ESTASI E WELFARE


Un uomo esce di casa,

va al lavoro,

non importa quale,

è il suo calvario,

ha soldi, ha sonno.

e tuttavia il lavoro

gli è necessario,

non importa quale;

per smemorarsi deve

battere i denti,

farsi del male,

non pensare. Adesso

ancora una volta

proverà ad uscire

da se stesso,

dai suoi affanni,

dai suoi malanni.

Prima di rincasare

si fermerà alla coop

per la spesa. Questo

ogni giorno; più o meno

per settant'anni.

Stop:


da In bilico, Passigli, 2023

lunedì 25 dicembre 2023

Geoffrey Hill

 

TRISTIA: 1891-1938

Un commiato da Osip Mandel’štam

 

Difficile amico, avrei preferito te a loro.                    

I morti si tengono le loro vite sigillate

E io arrivo di nuovo troppo tardi. Troppo tardi

I saluti, nugoli di polvere e grida sfrontate.

 

Dalla desolazione si levano immagini

Guarda... rovine sulla pianura...

Qualcuno si scruta le mani, qualcun altro

Striscia in cerca di cibo nei campi lungo la strada.

 

La tragedia ci tiene tutti in conto.

Anche se non ci tocca, però è là –

Integra, insaziabile – un duro cielo estivo

Che si appaga di questo, che raggiunge il proprio scopo.


Traduzione di Francesco Dalessandro

da Collected Poems, Oxford University Press - New York 1986

venerdì 22 dicembre 2023

Roberto Pazzi

 SARA' COME CAMBIARE CASA


Partire, andarsene e chiudere

le finestre dell'abituale paesaggio,

e poi sorprendersi fra case ancora in piedi

dopo la scossa,

sentire prima un bisbiglio,

poi voci sempre più chiare,

capire che è nata un'altra lingua

e tu la sai.

Ti sfilerai dalla memoria

che va in polvere e sarai Lazzaro

che non ricorda, non sa più chi è.

Sì, la tua vita, la tua lingua

ti lasciano,

non sarà difficile.

dirai amore ancora,

con una nuova parola.


da Un giorno senza sera, La nave di Teseo, 2020



mercoledì 20 dicembre 2023

Roberto Pazzi

 Rammaricato per la scomparsa dell'amico, proseguo la pubblicazione di alcune poesie di Roberto. 


17 GIUGNO 1977


Cenava Napoleone a Waterloo stasera,

dava gli ordini per la sveglia,

riceveva gli ultimi messaggi,

compiva gesti che sapeva

sarebbero rimasti poi nella memoria.

Le sentinelle si preparavano al cambio.


da Un giorno senza sera, La nave di Teso, 2020

lunedì 18 dicembre 2023

Roberto Pazzi

 SERENI


Ora la mia mano mi ricorda

la tua. Non solo per il polso

stretto da cui l'anima

pareva sforzarsi di uscire

subito dove il pensiero

si congiunge al gesto

ma per la scrittura

che pareva minacciare

pensieri dispersi,

inarcarsi sulle punte

volgendosi indietro

agli ultimi sbadati della fila,

allo snodato serpente degli anni,

alla stella variabile, già fredda.

Se qualche regno patisce violenza

è quello dove tu sei passato,

caduta l'ansia di curare

che tutti, proprio tutti,

fossimo passati.

Perché c'è un punto del mondo

che tu sapevi non reggere il peso

dell'odio, un ponte percorribile

sola da certo peso delle parole

ma che nessuno della marcia

doveva temere.

Lo portavi tu,

il peso del segreto, per molti

che scrivevano e non capivano

l'imitazione del silenzio.


da Un giorno senza sera, La nave di Teseo, 2020




venerdì 15 dicembre 2023

Roberto Pazzi

 A LEOPARDI, CHE VOLEVA SCRIVERE


A Leopardi, che voleva scrivere

un romanzo, non riusciva di trovare

un nome per il protagonista.

I Giulio Rivalta e i Silvio Sarno

e gli Eugenio che gli uscivano

dalla testa, non facevano mai

procedere lo scritto oltre

qualche garbata bella pagina.

A Foscolo invece venne in aiuto

subito la Musa col suo bravo

Jacopo Ortis e ancora più tardi

con Didimo Chierico.

Leopardi, insomma, non fu fortunato

neanche in questo.

Mi sono chiesto tante volte

che romanzo avrebbe scritto

Leopardi, ma Giulio Rivalta,

Silvio Sarno ed Eugenio

non sono personaggi di Pirandello,

non parlano.

Qualche sillaba in più,

qualche suono che non va,

qualche scontata assonanza

o altro che non capisco,

non mi fa immaginare niente

della loro vita né a Recanati

né a Roma, la città che il poeta

aveva appena visto.

Non sarà che i nomi hanno un potere

che neanche i poeti più grandi

sanno calcolare?

non sarà che tutto quello che s'è scritto

s'è scritto da sé per l'incontro giusto dei suoni?


da Un giorno senza sera, La nave di Teseo, 2020

mercoledì 13 dicembre 2023

Roberto Pazzi

 LA FINESTRA


Consumata dai voli delle tortore

guarda a nord.

I mesi affollano la luce

ed è tutta bianca.

La pianta curva le foglie verso

il varco, dopo la lunga notte.

Gli uccelli volano da un lato

all'altro della luce

ma non verrà mai il sole.

E' la perfezione della casa,

la verità delle sue porte

e delle alte finestre.


da Un giorno senza sera, La nave di Teseo, 2020

lunedì 11 dicembre 2023

Roberto Pazzi

 Rammaricato per la scomparsa dell'amico, proseguo la pubblicazione di alcune poesie di Roberto. 


L'ACQUA


Quando ho sete faccio scorrere

a lungo l'acqua, vorrei poterla

bere più fresca, sempre più fresca.

Mi è capitato di non potermi decidere

e di rimanere col bicchiere vuoto in mano,

pensando all'acqua che berrei

se attendessi ancora un poco.

E' una differenza così leggera

da riempire il mare nell'attesa:

c'è qualcosa di così mortale

nell'acqua, che ieri ho tremato

sentendo un bambino dire "ho sete".


da Un giorno senza sera, La nave di Teseo, 2020




da Un giorno senza sera, La nave di Teseo, 2020

venerdì 8 dicembre 2023

Roberto Pazzi

Rammaricato per la scomparsa dell'amico, proseguo la pubblicazione di alcune poesie di Roberto. 


ANAMNESI


Come se una mattina potessi svegliarmi

con le ali d'un uccello

e mi ricordassi d'essere stato un uomo

solo in qualche trasalimento oscuro,

uno di quegli sforzi di memoria

che lasciano sfinito.

Così nel mio corpo cerco quello di un altro

ogni volta che mi agita il sangue

un richiamo, un gesto, un verso

di una lingua che non conosco

e che pure ascolto come dovessi,

sapessi parlarla.

Si può pensare del sangue

come di un relitto del mare.

Perciò interrogo le mie mani, il mio dolore,

le macchie delle mie unghie,

le tracce delle mie impronte:

un giorno, se ricorderò, parleranno.


da Un giorno senza sera, La nave di Teseo, 2020

mercoledì 6 dicembre 2023

Roberto Pazzi

 Sabato scorso è morto Roberto Pazzi, poeta e scrittore, ma soprattutto amico da oltre quarant'anni. Fra pochi giorni sarebbe uscito il suo ultimo libro, La doppia vista, in libreria dal 12 dicembre per "La nave di Teseo". Il primissimo ricordo personale che mi viene in mente è il nostro scambio di lettere, iniziato da lui dopo aver letto alcune mie poesie, non ricordo più dove, Il secondo è una enorme cartella blu che mi affidò nel 1982, quando passai a Ferrara, in Contrada della Rosa - dove ha sempre abitato. La cartella conteneva il primo, straripante nucleo di quelli che sarebbero diventati, negli anni successivi, i suoi primi due romanzi, il bellissimo Cercando l'Imperatore e La principessa e il drago.   Il rimpianto per l'amico perduto si mescola con il dispiacere per un'altra autentica e intensa voce poetica che tace. Per ricordare Roberto, e suscitare il suo ricordo anche nei lettori di questo blog, da oggi leggeremo alcune sue poesie, tratte dal suo ultimo libro poetico, l'antologia personale Un giorno senza sera, edito nel 2020 da "La nave di Teseo". Cominciamo con la prima poesia della sua  antologia. Si tratta di un breve testo, lodato a suo tempo da Vittorio Sereni, primo mallevadore della poesia di Roberto:


DA UN BELVEDERE DELLA VAL DI MAGRA


Una volta, io lo so,

qui c'è stata la gioia.

L'aria ne trema ancora.


Ancora non si è spento lo stupore 

della valle

a vedersela un giorno andar via.


Bocca di Magra, 1969





lunedì 4 dicembre 2023

Sauro Albisani

 A MIA MOGLIE


Questa donna che stanca sparecchia

la mia tavola dopo la cena;

che per tutti è già quasi una vecchia

con le gote segnate; e appena

un momento è trascorso da quando

ha versato nei calici il vino

delle nozze, e rideva brindando

al futuro; io solo indovino

come fu: riapro gli occhi, mi volto

quando lei se ne va, mentre il nulla

accarezza famelico il volto

di una dolce fanciulla,


da In bilico, Passigli, 2023

venerdì 1 dicembre 2023

Fabio Ciriachi

 I CANI


 Hai visto quanto sono sensibili

i cani a chi sta vicino al nulla?

Adorano i bambini per l’odore

misterioso che resta loro addosso

senza nemmeno rendersene conto

di provenire da lì, dall’incanto

comune alla nascita e alla morte

del niente che diventa tutto e niente.

I cani sanno bene che i vecchi

muovono in direzione di quel nulla

hanno lo stesso odore dei bambini

e ne restano attratti quasi come

fosse un invito ad accompagnarli

così che non li colga la paura

quando l’ultimo oriente si svapora

e le carezze tornano nel nome.


da Tempo, soltanto tempo, Il Labirinto, 2023

 

mercoledì 29 novembre 2023

Sauro Albisani

DOV’È L’ACCENDINO

 

Fingo di non sapere che mia figlia

fuma più sigarette che le solite

“tre o quattro al giorno”. Cristo, non sopporto

che ne abbia bisogno, Come Ariel

dovrebbe avere il suo Prospero; forse

dovrei essere io. Ma io non posso

liberarla dal fumo e mi consolo

fumando;

e fingo di non essermene accorto

che mente perché mi ama, e mi somiglia.

Non mi risponde, sorride, sbadiglia.

Finge di non sapere che io so.

 

da In bilico, Passigli, 2023

lunedì 27 novembre 2023

Edoardo Ferri

POLVERE


Ora che sono trascorsi

più di cento secoli

vieni a risvegliarmi

dall'amato letargo

come se importasse

poi rigenerare la

polvere per poter

giudicare chi fui

e perché decisi

di non esserci

quando gli uomini

abitavano già altri

pianeti immensi

e le vie di fuga

erano vaste e lucenti

e perfino le stelle

sembravano prossime.

Perché ostinarsi

a voler giudicare noi

che nel beato sonno

vivevamo già

la dimensione eterna

nell'inconscio colorato

delle terre emerse

fra ere geologiche

e sopravvivenza della

specie che mai volle

arrendersi alla morte?

Non so più nemmeno

poi come fosse il mio

corpo né ho memoria

di chi amai e di chi

mi stava accanto

polvere anch'essa ora

e meravigliosa

esperienza d'oblio

che dalla terra possiamo

osservare ancora e

provare la profonda

promessa del cielo.


(inedita)

venerdì 24 novembre 2023

Francesco Dalessandro

 UNO SCOGLIO NEL VIVO DEL NAUFRAGIO

 

La dilezione audace del ricordo

 

1.

 

Adolescente precoce nel verso –

e nel vizio: ho imparato da te,

misi a frutto così le tue lezioni

di respiro: in apnea mentre la lingua

danzava sulle labbra appena schiuse

e sapide, guizzava sulla pelle,

con la punta tracciava il breve solco

tra soglia e inarcatura nel verso

giusto tra ispirazione e espirazione.

 

 

2.

 

Un addio fra milioni di parole. 

Fra i libri, com’è giusto. Là il poeta

e la musa si sono separati:

poche sillabe come analfabeti.

Nascosti: lui con gli occhi nel bicchiere,

lei dietro lenti scure,

a confessarsi solo mezze colpe.

Anche i poeti mentono: è nel cuore

che non si lascia leggere l’astuta

verità. Circospetta ma impudica,

la bugia.

Disse: «Non potrai deludermi».

Però sbagliava: della delusione

di più sicuro cosa c’è in amore?

 

 

3. 

 

Senza essersi davvero mai uniti

si sono separati. Il giorno è presto

prossimo alla sua fine, alla sua frode

di gentilezza e cortesia.

                                           «Anche questa

sera ricorderemo: scenderei

con te al mio fianco lungo riva

come allora, direi:

                                  “alla deriva

abbandonami, all’acqua, o lungo strade

d’erba come d’estate fanno ai cani”».

 

 

4.

 

Non superai la prova della fronte

che mi desti da baciare... 

 

Chi è «infecondo e inadatto» lo è sempre,

massime negli addii: perché negare

talenti che Natura generosa

ci ha elargito?

 

 

5.

 

(Su, cuore, prendi fiato se davvero

vuoi vedere la vasta geografia

del suo corpo, respira piano a pieni

polmoni e scendi intero nel silenzio

e nella cieca notte dove solo 

se il verde lume pallido degli occhi

si accende tu avrai luce, luce e vita;

su, prendi fiato, immergiti, va’ giù,

e non temere né lunghi altipiani

dirupi e precipizi di catene

montuose né derive aspre correnti 

o tempeste del mare, non temere

estuari e golfi dove si nasconde

morte ma affonda nel suo cuore, cuore).

 

 

6. La sua storia

(parla lei)

 

«Mi ci spinse mia madre al matrimonio.

Fece uno scambio, come nel Zivago:

lei rinunciava, io ne prendevo il posto.

Disse: “È per il tuo bene”. Però, bada,

Gabriele mi amava, a modo suo.

Un po’ l’amavo anch’io: dovevo a lui

se avevo avuto infanzia e adolescenza,

se vantavo benessere e cultura.

Penso che in fondo rivolesse solo

la giovinezza di mia madre: io ero

la parvenza di quel che aveva perso.

Lo capivo da come mi guardava.

Come una buona moglie qualche volta

ci andavo a letto: non fu mai sgradevole…

 

«Non è mai disdicevole l’amore

e lui sapeva amarmi, a modo suo.

Era poco? Ma io non conoscevo,

dell’amore, che quell’intensità

delimitata, tiepida, seconda...

Sognavo la passione, ma ignorando

cosa volesse dire aver perduto

la testa... (Ora lo so, me l’ha insegnato

l’indifferenza tua di adolescente

annoiato). Un amante? Ma perché?

Per duplicare impegni e delusioni?

Gabriele stesso ne sarebbe stato

lieto, forse: perché gli avrei evitato

quegli stanchi doveri coniugali...  

 

«La sua morte fu anche la mia fuga

dai Piombi, dove m’ero imprigionata.

Era il suo mondo la vera prigione:

quella mondanità fatta d’incontri

e cene con la vecchia nobiltà

romana… Esasperante!  Mi sfinivano

le sue lunghe riunioni di famiglia,

il fatuo conversare dei parenti,

le zie, la nonna, i racconti di caccia…

E il sarcasmo di quella gran bagascia

pentita di sua madre che teneva

tutti nelle sue grinfie? Non riuscivo

più a sopportarlo. Però, per fortuna,

con lui per loro sono morta anch’io».

 

 

7.

 

Se lo sguardo tradiva il disamore…

«Dopo la storia il sogno: dove ho perso

la liaison? 

Cosa vuoi dirmi o vuoi significare

senza dirlo?»

                       La notte

scendeva lenta dietro il Vaticano

a spegnere i ricordi e quelle strane

confidenze da amante sazia dopo

l’amore. La tua voce così calda

e vibrante di pathos che s’incanta.

«Lui non era l’arcangelo Gabriele,

il nunzio delle mie benedizioni,

né tu sei il poverello il francescano

lasciato solo a guardia del portone...».

 

 

8.

 

«Avrai fame di me quando avrò fame

di te?».

              Potevo stringerti o tenermi

aggrappato al tuo collo scivolando

nel tunnel dei cattivi sentimenti.

Non è stato alla fine dell’amore

che provammo paura ma al risveglio

del primo giorno, quando aprendo gli occhi

scoprimmo di non essere (più) soli.

Subito il sole mise in luce i nostri

egoismi.

                Trovarci ancora nudi

nel reciproco abbraccio parve allora

una promessa di felicità.

Fu invece la premessa ad una storia

scritta male, malnata, anche malsana.

 

 

9.

 

«Quei versi sono rena senza calce.

Solo una pena postuma, di carta».

Parlavi di un poeta appena morto.

E io non t’ascoltavo.

 

«Ma la poesia – un giorno capirai –

nasce sempre dal solco che il dolore

ara nella coscienza e la memoria

semina nella mente silenziosa…

 

«Se un giorno ora lontano leggerò 

su quest’amore versi tuoi saprò

che i miei spasimi d’oggi avranno avuto

una ragione e forse ne avrò pace

accettando come ora non so fare

la crudeltà del tuo abbandono…».

 

 

10.

 

Non ero io l’amore che vedesti

venirti incontro su quel ponte:

ne ero la proiezione, il simulacro –

l’amore adolescente non concesso

alla tua adolescenza.

Ero troppo in ritardo.

Tu mi amasti in anticipo. Vedevo

in te la dea che si offre al pastorello

sui declivi dell’Ida: per difetto

di cultura e perché la tua eleganza

(così Campana, ora lo so) era l’arco

teso della bellezza che mi uccise.

 

 

11.

 

Se ti penso nel sulfureo pomeriggio

di luglio aspettarmi sul ponte

la tua immagine è chiara ma non trovo

il filo del pensiero che traeva

i miei passi ai tuoi occhi, verde sguardo

di sgusciante lucertola nascosto

dietro lenti da sole.                            

                                    In basso l’acqua

trascina come allora

verso l’isola schiuma di realtà.

                               

Ora che invano cerco una scialuppa

di salvataggio, uno scoglio nel vivo

del naufragio...

 

 

12.

 

Se poi il mondo finisce nei tuoi occhi

disperati – lo vedo se mi sporgo

sul lago che essi sono – neanche questo

potrò dimenticarlo. Non è l’oro

del silenzio prezioso ma la voce

d’argento che sussurra quando il sonno

tarda a venire, come polla d’acqua

o pioggia fresca sulle grasse foglie

della magnolia in un giorno d’estate.


da Camminando, Il Labirinto, 2023

mercoledì 22 novembre 2023

Alessandro Ricci

 INTRODUZIONE


Suola e tomaia sono gli strumenti

del tuo lento o deciso camminare,

con i versi inarcati da rigo

a rigo a farsi strada e senso


La lentezza lacustre del canto

dice la dolencia e il disgusto

ideologico rispetto alla scrittura

come oggetto o esperimento


Visionario egotista sfidi il tempo

banale della logica e deliri

affanni o desideri quando scrivi

delle grazie perdute o del silenzio


della parola


Queste parole di Ricci, scritte agli inizi del presente millennio fanno da introduzione al mio ultimo libro, Camminando (Il Labirinto, 2023). La loro trasformazione in versi è una mia responsabilità, ma dettata senza volerlo dal loro ritmo, dal loro andamento.

lunedì 20 novembre 2023

Amelia Rosselli

 O MIO FIATO CHE CORRI


o mio fiato che corri lungo le sponde

dove l'infinito mare congiunge braccio di terra

a concava marina, guarda la triste penisola

anelare: guarda il moto del cuore

farsi tufo,e le pietre spuntate

sfinirsi

al flutto


da Le poesie, Garzanti, 2020

venerdì 17 novembre 2023

Geminello Alvi

 Ci sono libri nei quali ci si perde, nei quali si entra per perdersi, perché non si vuole più uscirne. Sono quelli che indagano l’anima o il mistero di sé. 

Di ognuno di questi libri offro solo l’incipit, ovvero il primo, o i primi paragrafi; di qualcuno, l’ultimo o gli ultimi, ovvero l’explicit. Spero, per voi che leggerete, che servano d’invito a perdervi in essi.

Posso citarne molti (ovvero, posso citare alcuni di quelli nei quali mi sono perso io, perché forse ognuno ha i suoi), a cominciare dal più enigmatico di tutti, il Pedro Páramo di Juan Rulfo. Oggi è il giorno dell'ultimo di questa serie, più recente:


IO VIRGILIO


Ancora possiedo il corpo d’inquarto compatto, ma ch’è insano all’interno come avviene a certe grosse mele che spaccate, invece della polpa soda che la loro buccia colorata lascia presagire, rivelano il dilatarsi d’una marcescenza. Abituato alla parvenza m’accorsi tardi d’essere malato, e però riconoscendo la necessità pura del male, che mi si estendeva dentro, e della prepotenza che doveva dall’accumulo comunque rifluire alla vita, avendone l’identico segreto e in sé molto sereno motivo. Quando glielo dico Alessi sorride e cambia discorso. Ma riunito, senza resistere, alla potenza di vita preliminare che cumulandosi ammala, il dolore mi si discioglie, scisso da ogni ulteriore intima aderenza.

 

Da Io Virgilio, Marsilio, 2023

mercoledì 15 novembre 2023

Hermann Broch

 

Ci sono libri nei quali ci si perde, nei quali si entra per perdersi, perché non si vuole più uscirne. Sono quelli che indagano l’anima o il mistero di sé. 

Di ognuno di questi libri offro solo l’incipit, ovvero il primo, o i primi paragrafi; di qualcuno, l’ultimo o gli ultimi, ovvero l’explicit. Spero, per voi che leggerete, che servano d’invito a perdervi in essi.

Posso citarne molti (ovvero, posso citare alcuni di quelli nei quali mi sono perso io, perché forse ognuno ha i suoi), a cominciare dal più enigmatico di tutti, il Pedro Páramo di Juan Rulfo. Oggi è il giorno di 


LA MORTE DI VIRGILIO


Azzurre e leggere, mosse da un lieve, appena percepibile vento contrario, le onde dell’Adriatico erano corse incontro alla squadra imperiale, quando essa, avvicinandosi lentamente alle piatte colline della costa calabra, veleggiava verso il porto di Brindisi, ed ora che la solitudine del mare, così piena di sole e pur così piena di morte, si mutava nella serena allegrezza dell’opera umana ed i flutti, dolcemente irraggiati dalla vicinanza di uomini e case, si popolavano di ogni specie di navi, di quelle che ugualmente tendevano al porto e di altre che ne erano uscite, ora che le barche dalle vele rossastre già d’ogni parte uscivano per la pesca serale abbandonando i piccoli moli dei molti paesi e villaggi lungo la riva lambita dalle candide onde, ecco che l’acqua si era fatta come uno specchio; e in alto si era dischiusa la perlacea conchiglia del cielo, scendeva la sera, e si sentiva l’odore del fuoco di legna dei focolari, ogni qual volta le voci della vita, un picchiar di martello o un richiamo, giungevano portati dal vento.

[…]

    Il brusio continuava, risonando dalla mescolanza della luce con l’oscurità, scosse entrambe dal suono incipiente, perché soltanto ora quel suono ebbe inizio e la musica era più che canto, più che tocco, più che nota, più che voce perché era tutto questo ad un tempo e prorompeva dal nulla e dal tutto come intesa più alta di ogni intendimento, come significato, più alto di ogni comprensione, come la pura parola che era, sublime, al di là di ogni comunicazione e di ogni significato, definitiva e incipiente, possente ed imperiosa, terrificante e consolatrice, soave e tonante, la parola della distinzione, la parola del giuramento, la pura parola che lo investì fragorosa, sempre più piena, sempre più forte, tanto che nulla più poté resisterle e l’universo svanì dinanzi alla parola, si dissolse e si vanificò nella parola, e tuttavia era ancor contenuto nella parola, custodito in essa, annientato, e creato ancora una volta e per sempre, perché nulla era andato perduto, perché la fine si univa col principio, rigenerato, rigenerante; la parola si librava al di sopra del tutto, si librava al di sopra del nulla, al di là dell’esprimibile e dell’inesprimibile; ed egli, travolto e al tempo stesso avvolto dal fragore della parola, si librava con lei; tuttavia, quanto più quel fragore lo avvolgeva, quanto più egli penetrava nel suono fluttuante che lo penetrava, tanto più irraggiungibile e tanto più grande, tanto più grave e tanto più evanescente si fece la parola, un mare sospeso, un fuoco sospeso, con la pesantezza del mare, con la leggerezza del mare, e tuttavia sempre parola: egli non poteva ricordarla, non doveva ricordarla; essa era per lui incomprensibilmente ineffabile, perché era al di là del linguaggio.

 

Traduzione di Aurelio Ciacchi

Da La morte di Virgilio, Feltrinelli, 1993