sabato 30 marzo 2024

Alessandro Ricci

 Oggi è il mio compleanno. Perdonatemi un pizzico di vanità se voglio festeggiarlo con questa poesia dedicatami tanti anni fa da Alessandro (anche se la stagione è inversa).


A FRANCESCO DALESSANDRO

 

 

Questa piazza grande

dove l’annata si fa

più querula ai partenti

e più insieme che altrove

s’uniscono gli uccelli migratori

ai misteri d’Egitto,

saputo infine lo scacco

che alla mancanza d’ali

non supplisce l’immaginario, né,

a questo, dei versi o un amore

cui dedicarli;

la grande piazza,

che oggi aduna la metà forse

dell’intero volare

che c’era ieri,

è meno spazio che tempo.

 

Ho amato la mia città. Il sacro

odio

d’esservi vittima e complice

non la tocca.

 

Gli ultimi anni di storia

non li ho capiti.

 

Tra ceffi furenti e astuti, cui

è disdetta l’inutile, il bello

che non ripaga, il vero che turba,

mi spetta una morale decrepita,

un’arte maligna m’innamora

dei vecchi intolleranti

– occhi vitrei, non numerosi –

che si son dati convegno

qui nell’alberata, alla seconda

o terza tramontana d’avvertimento,

per riascoltare astanti, giusto

chi va e chi resta,

quest’ennesimo

canto pagano.

 

Chi ha perso cuore in un viaggio

brevissimo e decisivo, poi delirando

s’appaga, autunno dopo autunno,

a un vero volo d’uccello

per anima dedicata.

 

Le religioni consolatorie

non inventano amori come questo:

i mari, i cieli, il quarto

Sahara che s’avvista,

insieme e per sempre;

né l’inferno dell’infreddata,

che t’inchioda al crepuscolo, quando

giovani ali ti lasciano una volta

per tutte a terra, solo,

sgomberato dalla morte.

 

Qui bisogna parlare chiaro, fingere.

 

Non ho il coraggio

di vivere tutta la vita,

di morire tutta la morte

nel momento della partenza.

 

Prima dell’ultimo baccano evado

infamato dal serraglio e sturo

in via Nazionale; non ho avuto

parole di potenza per i vecchi

rimasti, non ho amore per me.

                                                 Il quinto

tramonto che ricordo così diritto

in fondo, sulla Colonna Traiana,

è sul sepolcro di Bìbulo. In ore

come queste Epicuro apriva

il giardino agli amici, e non

se ne vantava: semplicemente

era lieto.

 

Dove posso andare fra queste donne

enormi nelle pellicce, dove la luce

dalle vetrine è materia, dove

il desiderio è materia,

dove l’amicitia, il cor gentile

là sulla Torre delle Milizie,

tutto è materia, Checco, ma non

così com’era allora e per

contrario che già sapevano,

e c’era un vuoto pneumatico

tra i pensieri che lo creavano,

in un’Attica sospesa

fra Jonio e Egeo

come nuvola leggera

da parole purissime.

 

Tra i sei

e i settecento metri d’altezza,

gli uccelli che vanno via

formano e sfanno figure geometriche,

poligoni nella sera

che si fa fredda, oscena

tana di pipistrelli.




3 commenti:

  1. Bella, ma mi ha emozionato solo a tratti... quelli che sino riuscito a capire.

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  2. Alessandro con linguaggio affascinante ci coinvolge nel suo amore per l amicizia, il cor gentile, la latinità e la cultura filosofica. Ricordiamo tutto questo insieme, grazie Francesco

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