lunedì 30 settembre 2024

Beppe Salvia

 NINFALE

 

la mia cultura è poca e la mente fioca,

non ho conosciuto regole e leggi e nessuno

dell’ordine dell’universo m’ha insegnato

ad amare la sua natura grande

e umile. Ho offeso con la mia stupidità

la legge della vita, l’infinita innocenza

della sua crudeltà. Adesso ho un cuore

nobile ma la mia carne è pietra.                                   

 

e imparo da solo con stenti l’errore

d’essere solo. E padre e madre vorrei

essere di questa solitudine.

non l’abitudine filiale, ma il segreto esempio

la natura dolce delle parole vere

io voglio dedicare a questo corpo magro,

attraversato dal tremendo folgore

del coltello e dell’innaturale pietà

della preghiera. E spezza da sé e su

se stesso l’acqua rigida del suo vero.

 

Conosco adesso il tempo certo

degli abissi e la parola povera

della vita, e l’esclusione e l’essere

e il pentimento e la colpa. e tutto                       

dura nel mio corpo eterno, e io

non posso amare senza amore

non posso soffrire senza dolore.

Ceneri del nostro tempo gli evidenti

abissi del dubbio e l’assoluto.

 

La mia paura è grande ma ho il coraggio

di esistere. Soltanto in me è l’errore

del giorno e della notte. Il tramonto è leggero

come una carezza. e il giorno nella notte                            

si trasforma. Di questo genere del mondo

che è l’esser vero l’inconsapevolezza

giovanile fa nascere qualcosa che

soltanto l’amore della ragione conduce

ad esser vero. Anche di questo eterno

errore sono prodighi gli attimi

fuggitivi, le origini e la fine.


da Cuore, Rotundo, 1987



venerdì 27 settembre 2024

Patrick Angiulli

 MALAMORE

 

 

La prendeva con ruvidezza.

Non che non l’amasse, l’amava male.

Per un rapido piacere appagante.

E per la sua (di lei) rassegnata infelicità.

 

Un giorno lei lo lasciò, innamorata di un altro.

Lui pianse.

Ma una sera l’attese sotto casa.

La massacrò di botte.

 

Traduzione di FD


Da Last items, Brook&son, 2015

Vincenzo Di Maro

I CATACLISMI DI UNA LUNGA NOTTE


I cataclismi di una lunga notte

si sono allineati in questa umbratile

cronaca. È la bobina

dov'è cosparso il sale

di ognuno, è un catino

anamnestico al presente.

E' triste, sono anni che non trovo.

Nei registri d'inverno, tra gli scuri

e le ciglia si raddensano aurore. Eppure sento

di non dover restare in mezzo a voi.

E il vostro latte, che pure mi ha nutrito

mi rende una creatura del passato.

Pure la testa sfuma negli incerti

futuri, come a un vento.


(inedita)

mercoledì 25 settembre 2024

Alessandro Ricci

 IN RISPOSTA A UN SILENZIO DI BERRYMAN


A quale ponte, a quale

punto completo d’ogni

memoria di infuocati

tramonti e chiome, ancora

udita la provocazione

di chi temeva solo per sé,

insinuante invece sull’inviolabile,

eppure offeso

inutilissimo corpo

tuo – bava l’incanto: figure

tutte diafane di rimembranze

insieme nell’istante prima

dell’Icaro ribaltato –; dove

come e perché decidesti

l’atto ritenuto vile, ovvero

uguale nel giro immortale

delle bellezze inani, invariate

nella furia del disprezzo e dell’amore

totali; da quale parte, da quale

filo fu sconnesso il giudizio e agìto

l’atto, forse ammaliato dallo sconfitto,

atteso minuto del non più dire,

del non più fare, perché già commessi

e battuti – porche jonie isole

incantatrici, già viste o sognate

le mille volte, Venezia in fine

per la resa incondizionata –, non

ignorando la diversità delle specie,

il consiglio degli amici savi,

dei compari irrilevanti

e cocciuti; perché infinite

gardenie avvistate nell’infanzia

sul fiume di cui questa

è la foce ora giustificano,

se non glorificano l’ultima

assurdità, e inoltre i gridi

dei gabbiani attoniti, dei cani

fulvi abbandonati giovanissimi

dal padrone?


da Tulle le poesie, Europa Edizioni, 2019

lunedì 23 settembre 2024

Alessandro Ricci

LA CATTIVERIA

 

 

Il dove e il quando potevano

essere tutti e loro

cantavano ditirambi osceni,

al séguito di tamburine

vecchie, ben sapendo

che in cima alla collina, diradàti

il bosco e la sarabanda non

uomini pensanti in punta di voce ma

colpitori resi implacabili

dalla strage le avrebbero

inarcate sull’erba

e i pruni, una dopo

l’altra, a turni di due

o di tre, duri

e indifferenti, ebbri

d’una vittoria facile su miseri

disarmati, comunque prodighi

del gran bottino e presto ridotti

alla stanchezza sgonfia

nelle ventraie per la razza

appena concepita di capi, che

da madri amorose

avrebbero pasciuto coi seni ricolmi

fra latici, escrementi,

altri mestrui e 

nuovi                                                                                                        

doppi liquami con i trionfatori

futuri e così

via, finché alle proli

sarebbe toccata la stessa smania

e a loro i timpani

avviliti dell’avanguardia,

perché così gira la ruota

sanguinaria della vita ma

intanto ora fingevano

di non saperlo e cantavano berciavano

salendo, lisce e snelle

per poco, come proibite

al tempo, il più sguaiato

errore di natura, se c’è chi può

o ama riprodursi: noi

no, assassinati da ogni

istante che passa, dai devoti

dell’immortale, anche

da quelle bellissime

carni, da quegli occhi

ridenti, dai brutti versi

del coro.


da Tutte le poesie, Europa Edizioni, 2019

venerdì 20 settembre 2024

Henry Vaughan

 PER AMORET CHE SE NE VA


Con la mia fantasia, Amoret, ieri sera,

passeggiavo, parlando di te;

il sole a Occidente era stato rapito

e anche l’ultimo rossore ne svaniva.

Ci siamo seduti osservando come tutto

ne piangesse l’assenza e la fonte

che prima sorrideva avvolta nei suoi raggi,

ora ne bloccasse il corso,

come i vortici giocosi del suo volto

scorressero quieti e eleganti

e nella lenta, triste corrente,

sussurrassero alle rive il dispiacere.

I fiori che, con le corolle profumate

schiuse ai raggi, col volto luminoso

ne avevano accolto l’abbraccio, ora vòlti

al tramonto, come amici abbandonati,

si nutrivano del debole riflesso.

Se anche creature prive di sentimento,

che sentono solo l’incerto legame

degli influssi (e se il tempo e il destino

ne allontanano ogni giorno le cose

che ne alimentano l’amore),

a una tale distanza possono accordarsi,

perché, Amoret, perché noi non dovremmo?


Traduzione di Francesco Dalessandro

mercoledì 18 settembre 2024

Rossano Pestarino

DIARIO DELL'AUTUNNO INCIPIENTE


Diario dell'autunno incipiente.

Quest'anno più che mai ingravescente.

L'estate fu piena di caldo.

Ridire cose che hanno detto tutti:

bellezze dell'autunno,

identiche ogni anno.

E' questo il senso? Sì.

Il senso, che parola buffa, vero?

In cucina, la sera, accostare

la finestra, la tele

accesa ma senz'audio, sullo sfondo,

lasciare che ti parli

il silenzio del mondo.

Dice cose carine

quando sta zitto; bisogna prendersi il tempo

di scriverle: ci siamo apposta, noi. 


(inedita)

lunedì 16 settembre 2024

Francesco Varano

 da IL GABBIANO INATTUALE


CAP. II


I

La torre risplende senza il suo angelo.

Nessuna bambina che sale lo trova. Qui

il mondo è sempre in attesa.


II

La divinità della torre ricrea sopra i suoi specchi

il paesaggio sottostante e con i mezzi del suo respiro

trasforma qualsiasi evento.


III


L'uomo che oggi è caduto era invecchiato,

si è accasciato come per dire "la mia vita

sta per terminare" (tra le ginocchia di una donna

e la mano che lo sosteneva sotto il calore del suo corpo).

..................................................

Ma la divinità della torre continua la sua passeggiata solitaria.


IV


C'è qualcuno che dopo le manifestazioni

ha fatto male anche ai morti

e trasportati sulla parte alta

della torre hanno preso il sole

in compagnia di manichini.

Qui ci sono bambini che vengono allevati

per essere puniti poi con la notte.

In parte avvelenati nella città sottostante

non avranno la libertà

né più potranno essere amati

perdendo per l'ultima volta la possibilità della cura.


da Il gabbiano inattuale, Il filorosso editore, 2023


 

venerdì 13 settembre 2024

Francesco Varano

 IL GABBIANO INATTUALE

Cap. I, VI


Senza seguaci giungeva il gabbiano sulla terrazza.

Ma ospiti stavano col gomito appoggiati

attaccati, nel pomeriggio, a quel senso di perfetta insipienza

tra sonno e veglia, perciò non solidali,

appena soldati di qualcuno.

"Sta per compiersi

la distruzione totale della casa".


IX


Nei vagoni ferroviari ricompaiono

le spose. Sono passate anche loro

inquiete, da una città all'altra.

Nelle carrozze nuziali sono presenti

gli animali domestici

alcuni oggetti della loro futura vita.


Qualcuno chiude le finestre

e cuoce il pane per la sua distribuzione

alle spose in arrivo.

Non conoscono molti cibi

impossibilitate come sono,

ognuna desidera la sua nuova cena.


da Il gabbiano inattuale, IL filo rosso editore, 2023


mercoledì 11 settembre 2024

Alessandro Ricci

 PER UN GRAVE ERRORE STRATEGICO

 

Il tribuno dei militi, così

per dimostrare alle povere

anime della legione accerchiata

che pure lui non credeva

nello scampo, decise di nuocersi

nel modo doloroso che s’aspettavano

tutti.

        Scartata la morte socratica,

regalò il veleno alla sua etèra,

in cambio di una notte da solo.

 

Il paesaggio lunare ignoto

e ripugnante – urla

e tamburi geti là

nella selva di ghiaccio –

non parve adatto a un canto

d’addio, né ricco ogni grande

epilogo di tragedia

che ricordava.

 

Il tribuno dei militi

non amava alcuna (moglie

o altra nell’urbe) al di là

dei confini della pelle, come

– sbiadita memoria – gli era

una volta accaduto, né

sé medesimo, forse proprio

per questo.

 

Udì fra le tende fuori

i lamenti delle reclute

e i silenzi dei veterani:

si preparava la mano d’ogni schiavo

al colpo destro

alla gola, la carne delle puttane

al penultimo atto.

 

«Se il sapere ci diminuisse

come una sottrazione, che altro

dovrei conoscere se non le vele,

i voli d’una flottiglia omerica

in vista di Libia o Egitto,

io soldato di continente,

d’oscuri e gelidi fiumi?

Io a ridurmi con bizzarrie

africane, ad ammazzarmi

ci pensino loro,

i miei selvaggi avversari».

 

E così, fattasi aprire

la porta del campo da una guardia

ubriaca e tremante, pensando

ad aironi rosati su grandi

e cocenti acquitrini, a dune

amorose e cedevoli,

uscì,

nel buio più inferocito

dei timpani

incontro al nemico...


da Tutte le poesie, Europa Edizioni, 2019


lunedì 9 settembre 2024

Franco Fortini

 LIMES 

                                            da Horia Goga


Tornava attraverso la sera

stringendo ai cuoi la mantella

Decio Costanzo, Legio Fulminata.

Voci venivano dai fumi.


Guardò il giovane che ora mangiava

inquieto fra i soldati.

Inutile ora parlargli, domani

verso occidente l'avrebbe mandato.

A Roma, d'uomini c'era bisogno

per murare altre mura. I tempi erano incerti.


Quando fu notte alta uscì dal campo

senz'armi. Provò il ghiaccio.

Molto lontani dall'altra riva canti

credeva udire. "Per uno

che viene, un altro vada",

pensava disertando.


Nell'alba lo cercarono i soldati.

Con tuono il disgelo spezzava il Danubio.

Roma era ancora nel sonno d'aprile.

Il giovane scita si svegliava felice.


da Tutte le poesie, Oscar Mondadori, 2014



venerdì 6 settembre 2024

Vincenzo Di Maro

CI TRASCURA IL VOLERE DEGLI INFERI



Ci trascura il volere degli inferni:

così ecco la celletta che lavoro,

ape ignara del tempo.

Decidessi di vivere quegli anni

ignorerei il deserto ereditato

il falso dei pronostici, la cura.

Virano le notizie in fantasticherie

del sapere e del bene. Potreste visitarmi

già ospiti del sonno. Oppure in forma

di altissima distanza: parziali,

irraggiungibili. Nei pigri pomeriggi

ho accettato il colloquio. Avevo scelta?

Troppo presto perfetto

congegno di ogni frode


(inedita)

mercoledì 4 settembre 2024

Paola Zampini

NATO PER UN VITA BREVE

 

Nato per una vita breve di particolare splendore

la testa nel cielo i piedi nei pattini

il suo nome si è formato come appartenente

a una stirpe eroica, rapito dalla sua bellezza.

Chi procede a senso inverso non vede

non ha strumenti per pesare le anime

solo vuole andare e diversamente chiamata

la sua bellezza entra tra i mortali.

Sotto un margine

come visto e predetto figurava un epiteto,

per affinità chi sceglie e l’iniziato,

due fratelli nel vino.

L’adolescenza passa ogni frammento diventa storia

che s’illumina senza lasciare traccia.

 

da Pesare affondare, Marco Saya Edizioni


lunedì 2 settembre 2024

Francesco Dalessandro

 LA BELLEZZA 


                                                     A noi ti vieta

                                                           il vero appena è giunto...

                                                            Giacomo Leopardi, Ad Angelo Mai


                                                            Fa paura che la bellezza non solo sia terribile

                                                            ma sia anche un mistero.

                                                            Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov

                                            

                  

                                                                   

Terribile sa essere se appena

la ignori la bellezza

 

però se la cerchi si nega

se la chiami non risponde

brucia gli occhi ma si cela –

 

«ed ora chi viene 

a cercarti oh terribile bellezza

se inganni la tua stessa

verità?»