NEL GIORNO DEI MORTI
Nel mese più
stanco, nel giorno
dei morti – è già
un mese
che manchi –
giorno freddo
e assolato come
allora
sul crinale dei
monti sul rame
del bosco sui
tetti sull’erba
delle siepi sui
bordi
della strada dove
ora si scioglie
la brina notturna
«è il respiro
dei morti» quella
voce
inconoscibile fra
tante
«è il fiato perso
dei cari
morti: hanno
freddo e il loro
fiato gela…»
È
quella voce
flebile più del
vento fra le piante
e i muri a
chiarirmi quanta vita
e quanta morte sono
state
necessarie ai
sentimenti
e che fuoco può
perderci tutti
o affinare i
nostri sensi nel lento
maturare dei
giorni, ma a te
la coscienza (o
forse l’anima, se
potessimo
crederlo) a te parla
sotto il sole
scegliendo
come
il corvo tra i frutti avvelenati
dalle
piogge d’autunno le parole
non
dette, le vere…
«Perché,
se fu come il
saluto a chi parte
per un viaggio in
paesi lontani,
se fu solo per
questo che tutti
tutti ci unimmo
nel mattino
assolato di
ottobre, se il pianto
era giusto e dovuto
a te uscito
dai nostri giorni,
perché
come fosse una colpa
io perché
sentivo quel muto
lasciarti
andare?
Non c’era più tempo –
per me che
pensavo di avere
tutto il tempo – per
dirti
il bene taciuto
le segrete amarezze
di una muta adolescenza
senza voce e senza
ascolto
né amore o della
timida ricerca
del suo suono…
Perché
non restavano che
le parole
non dette l’ascolto
mancato
della voce il non
dire l’abbandono
del vero nel
silenzio
o non fu
il tuo riserbo di
padre
e d’uomo nato al
dovere nell’avara
solitudine di
questa terra
senza abbandoni?
Se è vera
l’immagine
dell’inquietudine
e oscura, che ne è
del-
l’orgoglio ferito
ma vivo
che accompagna questi
anni
e li consola? che
mai
ne sarà ti domando
sì che
ne sarà domani di
me
in tutto questo vuoto,
in tutto
questo silenzio e
quell’azzurro
senza voli? e che
cosa
mi resta da fare
(o non
fare) per non
cadere in ogni
sguardo per non
morire
solo a ogni passo
un giorno
dopo l’altro
un’ora dopo
l’altra?»
Ma sono
i pensieri il metronomo sordo
dei passi lungo la strada
polverosa dove altri camminano
con noi a coppie a gruppi
di tre di quattro sotto il sole
già alto che si alterna
con l'ombra delle piante nel giorno
della visita ai morti, a chi ora
dorme sonni insensati e
perfetti e non ricorda più affanni
o sogni.