UNA
VOCE *
Mi
avvicino alla porta-finestra e nella sera
azzurrina
di maggio, appressandosi i cari
e
i dolorosi anniversari, guardo fuori
col
cuore in tumulto svuotato ma pieno
di
umana pietà di concordia col verde
dei
giovani lauri e la snella mimosa
sfiorita
con l’ortensia malata (che disperi
di
salvare) e le gialle ginestre col dolore
della
mente e l’età dissennata che non vuole
darsi
pace: il giardino è deserto, chissà dove
tra
la siepe e il cemento le tue tartarughe
sono
chiuse nel sonno, è un miracolo
che
la debole rima si schiuda ad afferrare
e
tenere la tenera luce morente sulle foglie
poi
sarà la stanchezza a stordirci (ma dopo
l’amore),
verrà un sonno inquieto
ad
accoglierci in un nido d’incoscienza –
vola
basso la mente mentre il cuore
corre
rapido al ricordo degli amici –
perduti,
dice Shakespeare, nella notte
senza
fine della morte – e nella nebbia
che
anticipa il sonno un passato d’innocenti
sereni
peccati d’amore ribrilla cristallino
dirada
il buio acquieta l’ansia placa
rimpianti
e rimorsi… “come il giorno
di
maggio al suo morire o incidere un verso
con
la punta dell’unghia…” sussurra
dal
deserto dell’anima forse dal giardino
una
voce.
da Lezioni di respiro, Il Labirinto 2003
Leggerò questa poesia domani sera a LETTERATURE, Festival Internazionale di Roma, XV Edizione, Basilica di Massenzio, Via dei Fori Imperiali, Roma - insieme al sonetto XXX di Shakespeare, da me tradotto, e al quale si fa riferimento - nell'ambito della serata dedicata a Shakespeare e a Cervantes.
Leggendola una seconda volta (e ve ne saranno altre ancor più liete dato che l'ho trascritta sul mio libro di poesia), questa poesia schiude nella mia anima un fiore, d'un sentimento tenero e partecipativo, con l'emozione che risiede tra le pieghe d'un sogno di mezza estate. E' forse lì che il poeta ha tratto la sua ispirazione, nel suo giardino della vita creativa, fatta di quotidianità. Dicevo che sboccia un fiore, forse d'oleandro, colorato e delicato più dell'alloro, oppure un fiore di loto legato da un sottile filo di sogni, che si ammatassa per il rammarico di non poter ascoltare il suono "vivo" della voce del poeta, che darà vita alla poesia nella cornice imperiale della città eterna.
RispondiEliminaUn pensiero per la piacevolissima lettura
Un caro saluto