mercoledì 18 febbraio 2015

Eloy Sánchez Rosillo

Ogni mattina un grosso merlo (spesso con la compagna) scende nel mio giardino, per banchettare con le briciole che dopo ogni pasto faccio cadere dalla tovaglia in mezzo all’erba. Avevo deciso di scriverci una poesia, poi mi sono ricordato che l’aveva già scritta il mio amico Eloy e che io l’avevo tradotta. Eccola.

IL MERLO

Il merlo va osservato per capirlo,
perché altrimenti potrebbe ingannarti
la severa apparenza che presenta
il luttuoso piumaggio. Se lo guardi,
saprai che non ha niente del misantropo
o di simile gente. È molto allegro
sotto quella tenuta che compatta
persevera nel nero. Passa il giorno
lavorando di zappa nel giardino
col suo becco affilato color zucca
e non c’è verme per cui non dimostri
un profondo interesse. Appena alzato
esco sulla terrazza per vedere
la mattina che fa. Io m’alzo all’alba
ma lo trovo già in piedi. Mentre guardo
è lì che lui va incontro alla compagna,
saltellando superbo sopra il prato,
tutto azzimato e con la coda dritta.
Traccia piccoli voli circolari
e ad intervalli prova i suoi gorgheggi
metallici. Se stona, qualche volta,
insiste per corregge gli errori.
Lo vedo così spesso che oramai
anche lui m’avrà visto e mi conosce
e vedendomi fermo e pensieroso,
– e forse a volte che parlo da solo – 
si sarà certo detto: «Strano tipo. 
Che ci farà qui, un giorno dopo l’altro, 
quasi alla stessa ora? Di sicuro
è serio, anche se fischia, certe volte.
E sembra inoffensivo con quell’aria 
da sognatore. Ma com’è curiosa
l’ostinata mania che ha di guardarmi».


Traduzione di Francesco Dalessandro

da Oír la luz, Tusquets Editores, 2008

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