IN QUELLE SPIAGGE ANTICHE
in quelle spiagge antiche, in
cui la risacca
rimescola oggetti di forma
consueta, levigati
dall’ora marina che svolge e
riavvolge il tempo
in meandri sonori, cogliendo
l’eco
di qualcosa che non può
abbandonarci
del tutto,
dove una riga di case
s’imparenta al sale,
ai colpi di vento che scavano
nicchie nei muri
per il prossimo sole, chiaro
appena e già maturo;
dove il porto tiene avvinto un
piccolo mare,
sufficiente a qualsiasi sogno
di traversata
per uomini o pesci; dove chi
cammina
lo fa inconsciamente sull’acqua
anche
quando rende visita a lecci e
ginestre;
qui, in attesa che si ragioni
una cena
mettendo nuove scie nel piatto,
che la distanza tra due capi
converga
in un punto remoto, stimando
vicino
quanto prima annegava alla
vista
(inedita)
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