Questa settimana, tre poesie
di Masha Kaléko (1907-1975). Tre poesie sullo svanire dell’amore, dopotutto.
Tre poesie di un’agghiacciante amarezza (mascherata dal garbo e dall’ironia)
che sfiora il cinismo. Tre poesie che trovo terribili, perciò, a loro modo,
impareggiabili davvero.
IL GIORNO DOPO
Ci svegliammo. Il
sole appariva sporadico
attraverso le
strette fessure di grigie persiane.
Facesti un gran
sbadiglio. Ammetto francamente:
non era un bel
rumore. E mi era chiaro:
i coniugi non ardono
d’amore.
Io ero coricata.
Tu ti guardavi allo specchio.
Con discrezione
eri assorto nel farti la barba.
Stendevi la mano
verso la spazzola e la pomata.
Ti guardavo muta.
Portavi il sigillo
del marito
perfetto.
Come all’istante
molte cose mi disturbarono!
– La stanza, tu, i
fiori quasi appassiti,
i bicchieri, che
ieri sera avevamo vuotato,
gli avanzi della
confettura che si era gustata.
… Tutto ciò si
vede al mattino con altri occhi.
Durante la
colazione non hai parlato. (Occupato con le michette.)
– È igienico, ma
non molto bello.
Ho visto la
gelatina di frutta sulle tue labbra,
ti ho visto
inzuppare nel caffè il pane imburrato –
una cosa che odio
con tutte le mie forze!
Mi sono vestita.
Hai scrutato le mie gambe.
C’era ancora l’odore
del caffè bevuto tempo prima.
Andai alla porta.
Il mio lavoro cominciava alle nove.
Avevo un forte
presentimento – Ma dissi solo:
“È ormai ora! Devo
andare…”.
Traduzione di Gio Batta Bucciol
Da “Poesia”, Anno
XXXI, Ottobre 2015, n. 341
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