mercoledì 30 ottobre 2024

Alessandro Ricci

LA TROVATA

 

 C’è un altro luogo che non è qui,

né dove vele leggere sfioccano

levatissima luce e fermi duomi

insistono preziosi

suoni metallici.     Io ti farei

a pezzi, io con Catullo,

Orazio, Cavalcanti e Conrad,

a pezzi, Lesbia per tutte,

dentro una biblioteca grande

come l’inferno, con tutti gli altri

fratelli che recitano i nostri versi

a memoria, tutti i versi rimasti

per noi di catasta, assassini in

ritardo, in permuta, ammazzatissimi

da parole effimere, risorti a mala

pena nelle nostre tenaci, ignote

o meno, comunque impresse

su carta, lapidi, muri

di compassione, e poi morti

di crepacuore uno dopo

l’altro, in attesa di questa

fàida, di questo giudizio

di condannati.

Sarebbe un sabba schiacciante,

un antro immenso che fuma,

che fùlmina, GLI STREGONI

SIAMO NOI, gli occhi

paonazzi di sangue, i nostri

cani latranti, le scuri

possenti, l’incanto

del sacrificio.    Poi il colonnello

Kurtz chiamerebbe il silenzio:

«Il buco nero sigillato dalla lava

vulcanica è aperto,

lo è sempre stato. Era una tenda

triste, intessuta da loro per

accecarci. Di là c’è il mare».

E andremmo uno

a uno dietro di lui, senza spingere

né commentare, perché l’abitudine

abitua, in una fila lunghissima

e dignitosa, poiché comunque

si è morti, di là dal buio

e dal velo su una spiaggia

bianchissima per calore

e cristalli, dove vele leggere sfioccano

levatissima luce e fermi duomi

insistono preziosi

suoni metallici.

 

«Je vois un port rempli de voiles et de mâts»,

 

ridirebbe l’uomo morto di cancro

alla voce, «dovevamo saperlo, lo

sapevamo!». E correndo su e giù

per la fila, sfiorando e risfiorando

quell’acqua verde, come un cane di branco

arrivato al pascolo, ma più festoso

ancora di Argo, a tutti gli altri

Odissei l’urlerebbe, scuotendoli

per le spalle, carezzandone

le nuche, se li vedesse piangere

di commozione,

o rammarico.


da Tutte le poesie, Europa Edizioni, 2019

 


Nessun commento:

Posta un commento