lunedì 12 maggio 2014

SEGUENDO UN VERSO

Il verso che seguiremo è l’ultimo di questo perfetto e celebre sonetto del poeta barocco Luis de Góngora (1561-1627): un verso che porta all’estremo il vecchio tema del Carpe diem; lo seguiremo attraverso alcune traduzioni italiane: oggi quella di Leone Traverso e la più celebre di Giuseppe Ungaretti, e domani quelle di due traduttori più recenti. Venerdì leggeremo una imitazione e una riscrittura. La prima è del nostro Ciro di Pers (1599-1663), successiva all’originale di alcuni decenni appena. La seconda, della messicana Suor Juana Inés De La Cruz (1651-1695), è di un secolo dopo. 


Luis de Góngora


Mientras, por competir con tu cabello,
oro bruñido al Sol relumbra en vano;
mientras con menosprecio en medio el llano
mira tu blanca frente el lilio bello;

mientras a cada labio, por cogello,                  
siguen más ojos que al clavel temprano,
y mientras triunfa con desdén lozano
del luciente cristal tu gentil cuello;

goza cuello, cabello, labio y frente,
antes que lo que fue en tu edad dorada                  
oro, lilio, clavel, cristal luciente,

no sólo en plata o vïola troncada
se vuelva, mas tú y ello juntamente
en tierra, en humo, en polvo, en sombra, en nada.

(1582)


LEONE TRAVERSO TRADUCE LUIS DE GÓNGORA

Fin che per emulare i tuoi capelli
oro brunito al sole splende invano,
e sdegnosa riguarda in mezzo al piano
la tua candida fronte i gigli belli,

e le tue labbra avide più pupille
bramano che il garofano d’aprile;
fin che altera la tua gola gentile
vince il cristallo acceso di scintille,

goditi labbra e gola e fronte e chioma
prima che il vanto dell’età fanciulla,
e garofano e giglio e oro e giada,

in viola recisa e argento cada,
non solo, ma tu insieme in muta soma
di terra, in fumo, polvere, ombra, nulla.


GIUSEPPE UNGARETTI TRADUCE LUIS DE GÓNGORA

Finché dei tuoi capelli emulo vano, 
Vada splendendo oro brunito al Sole, 
Finché negletto la tua fronte bianca 
In mezzo al piano ammiri il giglio bello, 

Finché per coglierlo gli sguardi inseguano 
Più il labbro tuo che il primulo garofano, 
Finché più dell’avorio, in allegria 
Sdegnosa luca il tuo gentile collo, 

La bocca, e chioma e collo e fronte godi, 
Prima che quanto fu in età dorata, 
Oro, garofano, cristallo e giglio 

Non in troncata viola solo o argento, 
Ma si volga, con essi tu confusa, 
In terra, fumo, polvere, ombra, niente.




Nessun commento:

Posta un commento