I nostri lettori ricorderanno che nel 2014
abbiamo seguito l’ultimo verso del perfetto e
celebre sonetto del poeta barocco Luis de Góngora (1561-1627): Mientras por
competir con tu cabello: un verso che porta all’estremo il vecchio tema del
Carpe diem. Il 12, 14, 16 maggio avevamo letto il sonetto in originale,
nella traduzione di Leone Traverso e in quella più celebre di Giuseppe
Ungaretti; poi, le versioni di due traduttori più recenti, Loris Pellegrini e
Giulia Poggi; infine, avevamo letto un’imitazione e una riscrittura. La prima,
del nostro Ciro di Pers (1599-1663), successiva all’originale di alcuni decenni
appena. La seconda, della messicana Suor Juana Inés De La Cruz (1651-1695), di
un secolo dopo. Infine, il 19 maggio avevamo letto una poesia, La spiaggia,
del poeta spagnolo Eloy Sánchez Rosillo, nella quale, a distanza di secoli, quel
verso di Góngora subisce una trasformazione.
Il 17 e
il 20 ottobre 2014 eravamo poi tornati sul sonetto di Góngora, per proporne
altre due versioni di Ungaretti: la prima del 1932, che dunque precedeva di
sedici anni quella pubblicata il 12 maggio, e molto diversa; la seconda, appena
successiva, del 1948, uguale a quella da noi pubblicata solo nei primi sei
versi. Il resto è una revisione completa, col sigillo, appunto, dell’ultimo
verso che perde una parola: ombra. «Ritocco decisivo», commentava il
poeta catalano Pere Gimferrer, «e tributo al proprio modo di dire». E poi, il 20, con due altre versioni dello stesso
sonetto: l’una di Gabriele Mucchi, anch’essa del 1948, e l’altra di Cesare
Greppi del 1984.
Questa
lunga premessa mi sembra necessaria, ora, per introdurre quello che potrebbe
essere addirittura il precedente ispiratore di quel celebre verso. Si tratta di
un sonetto del poeta francese Mellin de Saint-Gélais (1487-1558): Treizain – Par l’ample mer, loin de ports et arènes. Non so – e non ho modo di
sapere – se Góngora lo conobbe e ne trasse ispirazione, ma resta il fatto che l’ultimo
verso del suo sonetto somiglia molto a questo di Saint-Gélais.
La
traduzione delle due terzine che qui di danno è dello scrittore Sergio Ferrero
(1926-2008) e si trova in un prezioso libro di traduzioni, Passeggero bendato tra noi sedeva Amore – pubblicato nel novembre
2015 da Sedizioni – nel quale si trovano splendidamente tradotti molti lieder di Heine e varie poesie di diversi
altri poeti francesi.
COSÌ LA VITA CHE TANTO CI È CARA
…
Così la
vita che tanto ci è cara,
come
sirena insidiosa e incostante,
di sue
dolcezze ci avvolge e travolge,
sinché
la morte rompe remo e sarte,
e poi di
noi non resta che una fiaba,
meno che
vento, ombra, fumo, sogno.
Traduzione di Sergio Ferrero
Questo è
l’intero sonetto in lingua originale:
Mellin de Saint-Gélais
Treizain
Par l’ample
mer, loin des ports et arènes
S’en vont
nageant les lascives sirènes
En
déployant leurs chevelures blondes,
Et de leurs
voix plaisantes et sereines,
Les plus
hauts mâts et plus basses carènes
Font
arrêter aux plus mobiles ondes,
Et souvent
perdre en tempêtes profondes;
Ainsi la
vie, à nous si délectable,
Comme
sirène affectée et muable,
Et ses
douceurs nous enveloppe et plonge,
Tant que la
Mort rompe aviron et câble,
Et puis de
nous ne reste qu’une fable,
Un moins
que vent, ombre, fumée et songe.
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