SONETTO
CLXXXIX
Passa
la nave mia colma d’oblio
per
aspro mare, a mezza notte, il verno,
enfra
Scilla e Caribdi; et al governo
siede
’l signore, anzi ’l nimico mio;
a
ciascun remo un penser pronto e rio
che
la tempesta e ’l fin par ch’abbi a scherno;
la
vela rompe un vento umido, eterno
di
sospir, di speranze e di desio;
pioggia
di lagrimar, nebbia di sdegni
bagna
e rallenta le già stanche sarte,
che
son d’error con ignoranzia attorto.
Celansi
i duo mei dolci usati segni;
morta
fra l’onde è la ragion e l’arte:
tal
ch’i’ ’ncomincio a desperar del porto.
Nessun commento:
Posta un commento