venerdì 18 agosto 2023

Paola Febbraro

 DUE POESIE

 

*

                                   Appicco il fuoco

                              sulla tavola del sogno

lancio straccio imbevuto di spirito

              e so di essere io

                   nel tempo

 

contro cosa lanciassi le fiamme

spense memoria

gli schiaffi del vento la notte

contro cui gridai di tacere

ché non potevo temere l’entrata

di tutta la forza del vento

a rovesciare la stanza – insieme tetto e casa

e contempo tornare di corsa a sapere

dell’appicco del fuoco del lancio dello straccio di spirito


**

Se s'avvicina ciò che di me è stato

senza differenza tra chi ci fa nascere e chi ci abbandona

...

non è di poco conto una domanda

se non è di muoversi di stanza in stanza

ma occupar le stanze dire

se non voglio strade non voglio camminare

ma stare

in case a più piani a più riprese d'ossigeno e di rose

dire: ce l'ho da fare.


Ma che ci faccio con tutte queste cose

se è durante tutto il santo giorno che cerco

di fare quello che non so fare

e non è mai abbastanza.


Se s'avvicina ciò che di me è stata

interrotta

allora m'allontana la sconfitta

come non fossi stata io

convertita.


Ma voglio fare la parte del leone

in luogo di statica rappresentazione

...

il vento solleva i miei capelli da una parte sola

per farla la mia parte

una parte sola.


Ho fretta

voglio invecchiare

come la terra che sotto ha l'animale.


(1992)


Via Lattea, n. 11, gennaio-giugno 1993


Negli anni Novanta del secolo scorso si pubblicava, a Catania, una piccola rivista letteraria, «Via Lattea», diretta da Benedetto Macaronio (direttore responsabile era Claudio Fassari). La redazione era composta da Luigi Amendola, Alberto Cappi, Salvatore Cataldo, Alessandra Giappi e Renato Pennisi.

Da «Via Lattea» ho riproposto alcuni testi significativi. Questo di oggi, della brava e sfortunata Paola Febbraro, è l'ultimo.


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