venerdì 31 agosto 2012
Seamus Heaney
TUTTO PUÒ ACCADERE
da Orazio, Odi, I, 34
Tutto può accadere. Sai come Giove
solitamente aspetta che le nuvole s’addensino
prima di scagliare il fulmine? Beh, or ora
ha fatto galoppare carro e cavalli del tuono
attraverso un terso cielo azzurro. Ha scosso la terra
e l’ingombro sottosuolo, lo Stige,
i ruscelli tortuosi, la costa stessa dell’Atlantico.
Tutto può accadere, le torri più alte
essere abbattute, chi sta in alto intimorito,
chi in basso riconsiderato. La Fortuna becco affilato
s’avventa aria senza fiato strappando a uno la cresta,
posandola, sanguinante, su quello accanto.
La terra cede. Il peso del cielo
si solleva oltre Atlante come il coperchio di un bollitore.
Le chiavi di volta ballano, nulla torna a posto.
Cenere tellurica e spore di fuoco svaporano.
Traduzione di Luca Guerneri
Da District e Circle, Mondadori, 2009
mercoledì 29 agosto 2012
Luigi Fenga
PREGHIERA
Corpo brutto grazioso, orribile incantevole,
tu, l’esistente, l’unico, il senza nome
(mentre
il piacere mi assale, onda gigante, a farmi
gli occhi persi, e abbattuto mi impiomba),
in questo letto di rose d’ortiche, che lunghe
ore vuote che silenzi che bianco, senza il tuo
caro peso
(la notte lancia in volo farfalle morte,
l’aurora sparge spoglie violette, dalla finestra
penetra un fiato spento),
e questa sera come
sei già violato, come sei già goduto, prima
che in te io mi consumi per quel lampo,
mio corpo appassito, sfatto accidioso olio,
come sei gatto fermo immobile di cotone
(o le mie mani ti hanno svuotato e sei gonfio
del mio sconforto, o per me già si spalanca
il ritorno alla grotta)
davanti a lei che aspetta,
ignuda luna, laghi azzurri di pupille,
stelle rosa dei seni,
mio corpo, tu che hai
fonde radici in terra, rami in cielo, e tutto
sei, gioia lutto, dai e sottrai amore, mio
condannato, non condannarmi,
(questa
sera guardo là dove di me sta in ansia
la più leggera delle mie parti vive,
la silenziosa che si scioglie, l’anima)
ascolta, te lo chiedo da questo poco fuoco,
fammi rientrare in te, corpo brutto grazioso,
orribile incantevole, l’unico, l’esistente,
finché non esista l’Altro, l’ignoto, l’elefante
che carezza, la tigre che ride nel bosco d’oro.
(inedita)
lunedì 27 agosto 2012
Francisco Brines
LA NOTTE SCURA DELL’ALBA
Non sono giunti i corvi alla pineta
in cerca della notte,
coi loro neri gracchi, l’estensione delle ali,
gli occhi stanchi di vivere
sotto il peso degli astri.
Oggi passerò la notte insonne,
e nel giardino sento suonare la ruota dei venti,
dalla grata cadere i gelsomini
sulla deserta stanza.
C’è un odore di vita intorno a me, che dovette essere,
e prima di essere era desiderio solo, o speranza,
e la mia volontà ricordare non può se si è avverato.
Così il tempo è passato,
e sulla densità dei quieti aranci
ferisce il buio un’incipiente luce irrigidita,
che è solo freddo e stranezza,
come se in altri occhi che non sono di questa terra,
sorgesse il mondo,
o stesse per sorgere su uno spazio
dove non si conosca niente,
e bisogna ricominciare, senza sapere, a vivere.
Lasciami baciarti solo un labbro.
Traduzione di Emilio Coco
Da Poeti spagnoli contemporanei, Edizioni dell’Orso, 2008
venerdì 24 agosto 2012
Gerard Manley Hopkins
(RAMI DI FRASSINO)
Di ciò che vagando per il mondo vedono i miei occhi
niente è latte migliore alla mente, né profonda poesia
le sospira come un albero i cui rami irrompano in cielo.
Dilli rami di frassino, sia stretti e raccolti in un giorno
di dicembre sia che, tenere ciglia viscose, le creste
salgano aperte a annidarsi su nel cielo più alto.
Essi toccano il cielo, vi battono; come sfiorano i loro
artigli l’enorme bruciante volta invernale! Maggio
mischia blu e bianco niveo in mezzo a loro, una frangia
e uno sbuffo di verzura: è la vecchia terra annaspante
incontro all’alto cielo col quale ci genera.
(1885?)
Traduzione di Francesco Dalessandro
Da The Poems of Gerard Manley Hopkins, Oxford University Press, 1970
mercoledì 22 agosto 2012
Jaime Siles
IL POSTO DELLA POESIA
Non sta la poesia
nelle oscurità del linguaggio
ma in quelle della vita.
Non sta nelle perfezioni del suo corpo
ma nelle emorragie della sua ferita.
Non sta dove credevamo che fosse
né è un’immagine unica e fissa.
Sta dove fugge quanto amiamo:
sta nel suo commiato.
È dire addio a noi stessi
nel girare ogni volta lo stesso angolo.
È la pagina che muove solo il tempo
col suo inchiostro uguale ma diverso.
Non sta la poesia nel linguaggio
bensì nell’alfabeto della vita.
Traduzione di Emilio Coco
Da Poeti spagnoli contemporanei, Edizioni dell’Orso, 2008
lunedì 20 agosto 2012
Marsden Hartley
JOHN DONNE NEL SUO SUDARIO
Fu un ingegnoso capriccio
vestirti
così.
Fu per qualche occasione,
come un abito da sera affittato
per un ricevimento?
E il papavero bianco
che hai sulla testa
significa forse che ora è bianco
quel che prima era rosso?
Perché rosso è il colore del vino pagano,
dell’ardente desiderio
e del fuoco carnale –
il bianco è per un calmo abbigliamento.
Comunque, se è il carattere
che si cerca in un volto,
osservate – io direi –
John Donne,
basterà: una violenta
passione trasformata in gelo
e gelida luce.
Traduzione di Francesco Dalessandro
Da Selected Poems by Marsden Hartley, The Viking Press, 1945
Marsden Hartley (Lewiston, Maine, 1877 – Ellsworth, Maine, 1943) fu pittore e poeta. Dipinse circa un migliaio di quadri e, alla sua morte, lasciò più di cinquecento poesie manoscritte, in aggiunta a tre piccoli volumi pubblicati in vita.
venerdì 17 agosto 2012
Isaac Rosenberg
HO VISSUTO NEGL’INFERI
Ho vissuto negl’inferi così
a lungo, creatura di luce, che non puoi udire
senza terrore il canto del buio spirito
e impassibile ciò che si muove nella notte.
Io sono uno spirito che il tuo ha trovato
strano, sgradevole e oscuro,
creato da un Dio diverso, e legato
in un buio terribile e impuro.
Creatura di felicità e di luce,
più profonda fu la tenebra quando
tu con lucido terrore risucchiando l’angoscia
sfiorasti nere onde e rabbrividendo volasti oltre.
Traduzione di Francesco Dalessandro
Da The collected works of Isaac Rosenberg, Chatto and Windus, 1979
mercoledì 15 agosto 2012
Rosita Copioli
SCRIVEVO UN TEMPO
Scrivevo un tempo solo mossa dal dolore;
non più, hai rovesciato la mia vita.
Del tanto dolore che mi hai dato
se mi ricordo non importa,
conta solo la gioia, e questa
segna da tempo il tempo.
Una gioia segnatempo,
come la lancetta di un orologio
fuori controllo, definitivo,
segna i battiti del mio cuore,
e del tuo.
Sapessi come era caldo.
Saldo sotto quel petto amato,
quel battito di uccello,
quel battito di ali
che ventilavano il sangue,
mentre lo slancio mi toccava,
mi invadeva, e imitavo il tuo cuore
per amore.
Da Animali e stelle, Stampa, 2010
lunedì 13 agosto 2012
Xavier Seoane
L’UCCELLO
A Manuel Vilariño
Attraversai la soglia, e vidi l’uccello.
Attraversai il sangue.
Mi guardai nei suoi occhi,
che sognavano paradisi desolati
e primavere amare.
Mi guardai nella sua anima nuda e innamorata.
Sentii il giorno calare, sopra i miei occhi, stanco.
Sentii passare le nuvole
in una brezza che non portava da nessuna parte.
Sentii che lo spazio aperto era sognato.
Che un dio innamorato
mi conduceva dalle tristezze dell’anima
alle insonnie della carne.
Mi lasciai andare dove l’ombra,
più piacevole della luce,
per distruggermi mi amava.
Mi contemplai parola sospesa nel vuoto.
Mi lasciai essere ferita e fonte amara.
Attraversai la soglia.
Attraversai la soglia, e vidi il nulla.
Traduzione di Emilio Coco
Da Poeti spagnoli contemporanei, Edizioni dell’Orso, 2008
venerdì 10 agosto 2012
Tommaso Campanella
MADRIGALE
La luce è una, semplice e sincera
nel sole, e per se stessa manifesta,
ch’è di sé diffusiva
e moltiplicativa,
agile, viva ed efficace e presta;
tutto vede e veder face in sua sfera.
Poi, negli opachi mista
corpi, vivezza perde,
né per sé si diffonde.
Di color giallo, azzurro, rosso e verde
prende nome, secondo l’ombra trista
più o meno la nasconde,
né senza il primo lume può esser vista.
Da Poesie, a cura di Giovanni Gentile, Sansoni, 1938
mercoledì 8 agosto 2012
Gino Scartaghiande
È IMMOBILE
La polvere si è accumulata.
Una mano sottomessa all’osso
e alle intemperie. Non farmi
male se vieni ad amarmi
stanotte.
Quello sfumare di colori
nel rettangolo di cielo
alla finestra. Il rosso
vicino quanto la stella.
Ma se davvero, come dici,
il pesco fiorisce nei
tuoi inverni, allora
penetrami più forte che puoi.
La notte d’antenne.
Da Sonetti d’amore per King-Kong, Cooperativa Scrittori, 1977
lunedì 6 agosto 2012
Carlos Marzal
METALLO PESANTE
Proprio come avveniva da bambini,
con le magiche gocce di mercurio,
che si moltiplicavano impossibili
in una alterata geometria,
al rompersi il termometro, e davano alla febbre
una patina in più d’irrealtà,
il clima incomprensibile degli orologi molli.
Un fenomeno simile riguarda la nostra anima.
Ognuno, in senso stretto,
è opera d’infinite moltiplicazioni,
di errori della specie, di conquiste
sul buio. Un individuo
è un’opera d’arte nel suo anonimato,
un’atavica mappa del tesoro
tatuata sulla pelle delle genealogie
e che lui stesso ha impressa a sangue e fuoco.
Non c’è niente che non abbiamo ricevuto
e niente che non diamo in eredità.
C’è una ragione per sentire orgoglio
in mezzo a questa febbre che non termina.
Di un metallo pesante siamo custodi,
lussuose gocce di mercurio amante.
Traduzione di Emilio Coco
Da Poeti spagnoli contemporanei, Edizioni dell’Orso, 2008
venerdì 3 agosto 2012
Rodolfo Di Biasio
POEMETTO DELL’ORIZZONTE PERFETTO
1
L’ultima dolorosa luce del mare:
è lì che visibile ed invisibile
si fanno grido e luce
nella perfezione del tramonto
Ecco, poi cadrà
la notte in lentezza
la notte dei silenzi
la notte delle riepilogazioni
2
Mi vengono segmenti di vita
essenze:
sono io al punto là
dove tutto si perde o si fonde?
È ancora la domanda estrema
che ha fatto tutti i miei giorni
inquieti
li ha svuotati
della loro concretezza
esili tenaci fili
i miei giorni
eppure brucianti d’amore e d’altro
Tutto si riduce oggi ad un soffio
Lascia dietro di sé
un impossibile deserto
3
Nel restringersi delle cose
accade che si dispogli anche il sogno
oltre il tramonto perfetto
S’aggira al di qua
in una trappola anch’essa perfetta
Da Poemetti elementari, Il Labirinto, 2008
mercoledì 1 agosto 2012
Giuliano Goroni
ESTATE
Vicenda di vita e d’anni fanno
uno scuro aere che s’annuvola
agli spigoli alti di corridoi
e camere e il nerofumo che stanca
l'imbiancatura, esce dai corpi
che maturano il verde della vita
alla corrente fiorita della terra.
Di tanto si schiara la fronte tua
di madre e la mia, che imparano,
oltre la cera della vecchiaia
nubilosa, un più trasparente volto
finale, un suggerimento che passa
vastamente inavvertito, qui accanto
al sole, all’aria del cortile attento.
Ma urgente, come lo snello mattino
d’estate che trapela alle imposte,
una irragionevole felicità,
dal disperso garrire dell’azzurro.
Da Almanacco di primavera. Arte e poesia, a cura di Claudio Damiani e Fabio Sargentini, L’Attico Editore, 1992
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