Lindo e imponente, la corteccia color terra d’ombra
Arricciata attorno al bianco vivente del tronco nel sole,
S’ergeva il sicomoro, inondato di luce autunnale.
Lo stesso d’un tempo. Ancora la larga foglia d’oro senza tempo
Si staccò dal ramo nerbuto e lentamente,
Incerta come un ricordo fortuito,
Ondeggiò di sghembo per l’immobile aria matura.
Dal ramo più bianco, dal cielo più azzurro,
Che sotto traluceva nel profondo dell’acqua,
Una foglia più ricca si levò ad incontrare l’altra.
Si toccarono: con la tenue chiarezza del sogno,
Petto a petto, arsero sulla quieta corrente.
Ma, cuore tardivo, non hai voce per richiamare
La tua immagine, l’immagine errabonda.
L’albero, la foglia cadente, la corrente, e tutte
Le infedeli cose familiari rimarrebbero ancora
Senza voce. E lui, che come tanti altri aveva amato,
Avrebbe potuto prevederlo, poiché ben sapeva
Come un mondo sepolto, balenante, è perduto
Nel réfolo dell’acqua o nella folata del vento;
Come la sua immagine, profonda e perfetta,
Minuscola negli occhi dell’amata, era stata obliata
Quando aveva volto il capo, o quando quegli occhi s’eran chiusi
Oltre ogni luce nel tenero accidente del sonno.
Traduzione di Sergio Perosa
da Racconto del tempo e altre poesie 1923-1971, Einaudi, 1971
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