LETTERA DA TINIZONG
Niente d’eroico in questo esilio
casuale. Il marinaio ricorda
lo stacco della nave dal Pontile,
le musiche d’addio, gli ultimi spari
del cannone di terra? Io no,
io non so dove, quando la partenza
(se partenza c’è stata); da qualche parte
s’intuisce ci dev’essere un errore
– mio o d’altri non importa – un’imprevista
smagliatura, un sasso fuori posto.
Né basta dire che adesso (quando?) qui (dove?)
si aprono inconsuete visuali, angoli acuti –
di realtà (e intanto sfugge il resto del cerchio).
La disfunzione è altra, è nei vapori
che velano le cose, confondono le case
le chiese le chiuse; e chi sa più se l’inaudito
tumefarsi dei volti, e l’appiattirsi
e l’inarcarsi dei monti, e il beccheggiare
dei ponti siano segnali veri, tracce forse
di un mondo altro, sottostante,
che irrompe a tratti violento,
o fantasmi neppure ipotizzabili?
L’esilio comunque è in questo non essere
intero mai, non esistente del tutto
nell’istante, e sempre distante
dal vero.
Da Concessione all’inverno, Casagrande, 2012
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