ora sono regina – non si scappa
ero giovane, anche da questo non si scappa
e la matrigna aveva un sesto senso
chiamato specchio
un orecchio sottile
uno spillone vecchio
tramandato
col quale mi avrebbe volentieri trapassato
ero irritante
canterina e saccente e –
chiaro già a lei ma non ancora a me –
in cerca di un amante
lei una bestia ferita:
si era appena affacciata un’ignorante
fragrante di biancore
e stava vincendo la partita
la regina amava il cacciatore
lo teneva sul petto
lo cullava per ore ma distante
si era fatto l’amante
da qui il duello: al cuore
Ramòn ingiunse la matrigna al cacciatore
e lo voglio mangiare aggiunse
ora mi dico che l’avesse inghiottito
davvero non sarebbe ferito
tanto da somigliarle
ed invece ora somiglia:
siamo – non si scappa – una famiglia
ma il cacciatore, Ramòn
stanco della catena, e preso
dall’idea di violare
la mia animuccia stretta col beau geste
mi avvisò di fuggire e portò un cuore
fittizio che lei mangiò sanglant
se invece di avere lui un cuore rotto
e slabbrato
mi avesse messa sotto?
volevo quello: degradata
ad ordinaria sposa
chiavata nel capanno al tempo giusto
me la sarei spassata, credo
me la sarei cavata
invece corsi via grata
distratta da voglie vaghe di un castello
mio, e solo dentro di questo quello.
Giunsi, annunciata da folate
del mio giovane odore, bagnati
i capelli di sudore
a casa di sette uomini attempati.
Tralascio la sporcizia, lo scombino.
Servì la dedizione alla casetta
a sviarli? Le pietanze a stordirli?
No: furon tristi come mai fu prima
perché la casa gode la padrona
e l’uomo la sua mamma
e io fui la manna e gli cambiai la vita
in rimpianto per un’ avventuriera
che amava en passant essere ambita
da sette e ventisette e trentasette
ma invero ambiva
a sistemarsi in un maniero
modello, e dentro di questo quello
una tipa casuale, passeggera
che appena sola tornava quella sciocca
sognatrice che abbocca.
L’ossessa non cessava di saperlo
– era stata ragazza –
usò i suoi trucchi e vinse:
mi ritrovai sotto un cristallo morta
e lei a riposo coi piedi sul divano
i nani orfani e vedovi a vegliare
la bara a turno – ognuno
in lutto eterno e singolare –
il principe di là, molto, da venire
ma venne – non si scappa – e tanto fece
che mi portò con sé seppure morta.
Giurò persino: la onorerò di più
(più che da viva, senza fare quello?
o pensava di farlo tra le braccia cascanti
o tra le gambe immote come lunghe carote?)
abbagliati dal rango e dall’onore
i sette per quanto a malincuore
mi lasciarono andare, portata a spalla, morta.
Un portatore prese poi una storta
la bara di conseguenza uno scossone
e dalla salma fuoriuscì il boccone
di mela dalla gola: tornai alla vita
spalancai gli occhioni e vidi il viso
d’un tizio sconosciuto che spergiurava
d’ amore e paradiso.
Dissi subito sì e restai supina:
sarei stata regina
per prima cosa un velo ricamato
uno strascico assurdo ed infinito
poi invitare alle nozze l’assassina
e metterla alla berlina
infine avrei avuto il mio castello e dentro questo quello
volevo? non proprio come un tempo
a perdifiato, che avrei corso e implorato
e festeggiato e riso come una matta
ma l’avrei avuto il sacrosanto
ambaradan ed ero
soddisfatta
con il consenso del mio nuovo signore
mi presi, come era costume, la vendetta:
misi alla berlina la sciacquetta
e poi la feci morire di calore
Il boss pensò che lavassi la mia morte
mi credeva comune, ma segreta
sempre fui al mio consorte analfabeta:
grigia sorte fu averlo per signore
morì la strega urlando di dolore
perché mi aveva ucciso il cacciatore
da Il padre di Cenerentola e altre storie, inedito
c'è molta violenza, forse non ncessaria ?
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