venerdì 30 ottobre 2015

Giovanna Sicari

SIAMO A BORDO

Siamo a bordo
non c’è ruggine sul fiocco
non si spezza sotto vento l’esca
del mio amo. Mantieni la rotta
appena sarai lassù, tienimi forte.

Se sei pronto per simili averi
su quel cavallo verde di fanghiglia
non sferrare assalti al cielo.
Abbiamo ambedue una ragione di fuoco
uguale tempesta, uguale partitura.
S’intende l’innocenza, stasera
il suolo ci raggiunge, si sospetta
della verginità ancora intatta.
Amore non so, non voglio sapere
se dalla via s’intravede
la statua risorta.


Da Ponte d’ingresso, Rossi e Spera Editori, 1986


mercoledì 28 ottobre 2015

Mario Santagostini

HOPPER

Fissano la piscina,
rintronati dai vapori di cloro,
o già disturbati dal dono
della preveggenza.
Si grida a forme di ipernaturalismo,
in verità qui è il Paradiso,
e uno enfatizza: – come andavano lente, le mie ali.
Un altro: – erano sporche di bitume.
E in alcuni non c’è mai
stata una vita, solo qualcosa
che le assomigliava.

Da Felicità senza soggetto, Mondadori, 2014


lunedì 26 ottobre 2015

Umberto Fiori

TANGENZIALE

Una più bassa una bianca, più alta,
l’altra tutta a terrazze, le case passano
riflesse nel canale
come una frase che dice: le cose stanno
in questo e questo modo.

La stessa luce che vedi brillare
lungo le code che si incrociano
su e giù per le scale mobili
manda lampi nei prati,
nelle discariche.

È giorno. Sera. 
Piove di nuovo.

Da Poesie 1986 – 2014, Oscar Mondadori, 2014

venerdì 23 ottobre 2015

Cesare Pavese

L’AMICO CHE DORME

Che diremo stanotte all’amico che dorme?
La parola più tenue ci sale alle labbra
dalla pena più atroce. Guarderemo l’amico,
le sue inutili labbra che non dicono nulla,
parleremo sommesso.
                                          La notte avrà il volto
dell’antico dolore che riemerge ogni sera
impassibile e vivo. Il remoto silenzio
soffrirà come un’anima, muto, nel buio.
Parleremo alla notte che fiata sommessa.

Udiremo gli istanti stillare nel buio
al di là delle cose, nell’ansia dell’alba,
che verrà d’improvviso incidendo le cose
contro il morto silenzio. L’inutile luce
svelerà il volto assorto del giorno. Gli istanti
taceranno. E le cose parleranno sommesso.


Da Poesie del disamore, Einaudi, 1973

mercoledì 21 ottobre 2015

Vincenzo Anania

BIBLIOTECA

Posando il libro ho pensato
a quanto in te c'è da leggere.
Quel trillo, per esempio, con la punta
in su, che s'impenna nel tuo riso:
da che grillo o volatile ancestrale?
E la perla di sudore, stamattina
sul crinale fra le alte sopracciglia,
di certo ha un nesso con quelle sui fondali,
con la goccia restia sull'orlo di una nube.
E quante ere, che emersioni, magmi
fino alle conche trasparenti e oscure
dei tuoi occhi latini e preveggenti?

Anche le radici potrei leggere:
di madre in figlia da defunta a sposa
su dal ventre oceanico di Lucy,
su per le strade di ossidiana e rame
dell'ambra e del petrolio, in grotte,
castelli, grattacieli: un cerchio
dopo l'altro dell'albero immane
fino al bel ramo che sei.

Hai il dono raro di parlare
per metafore, ossìmoro incarnato

conciliatrice di opposti,
tu che pretendi passioni caste
e dici amore per morte per infinito vita
e dissertando del Vuoto che invade l'universo
dell'incolmabile solitudine fra i mondi,
ti avvolgi a un dito il filo che ci lega.


da Biblioteca, Zona Editrice, 2007

lunedì 19 ottobre 2015

Vito Riviello

Parole per Vito

A sei o sette anni, mi trovai per la prima volta in mezzo ai preparativi di un funerale. Gli urli e i pianti intorno a me mi spaventavano molto, perciò mi tenevo aggrappato, tremante, alle gonne di mia nonna: capivo d’avere a che fare con qualcosa di terribile e ne avevo paura. Allora, mia nonna, che si accorse del mio spavento, si chinò su di me, mi sorrise e disse, in dialetto: «Se rii la ècchia scappa». Se ridi, o sorridi, la vecchia scappa. Chi fosse la vecchia non chiesi. Non aveva importanza. Ma compresi quel che aveva inteso dirmi: le diedi retta, sorrisi anch’io e tutta quell’agitazione cominciò ad apparirmi in una luce un po’ ridicola; non ebbi più paura. Insomma, il riso (l’umorismo, il ridicolo) vince anche la morte.
Non avevo più pensato alle parole di mia nonna, fino alla sera in cui lessi questi versi di Vito Riviello: Ci scappa il morto! / Ci sta scappando / il morto ci è scappato. / È fuggito in una morte seria... Il doppio uso del modo di dire mi divertì e mi sorprese e risvegliò quel lontano ricordo. La poesia è intitolata Qualità di morte, dalla raccolta Dagherrotipo del 1978. Proprio in quegli anni conobbi Vito e quel libro fu il primo suo che lessi. Da allora, leggere la poesia di Riviello mi ha sempre ricordato quella frase. La sua ironia, la sua vena comica e surreale, sono il riso che scaccia la “vecchia”, un esercizio di esorcismo contro… Contro quel che volete, appunto: la paura, la morte, o solo la fatica quotidiana, l’ansia della vita. Non che questo fosse l’intento di Vito, forse, ma io la sua poesia la leggo così. E gliene sarò sempre grato.
Ma ecco la poesia.


QUALITÀ DI MORTE

Ci scappa il morto!
Ci sta scappando
il morto ci è scappato.
È fuggito in una morte seria
                      d’occhi compiti
e vasi etruschi
fuggendo dalla morte nemica
di bossoli nutrita.
Morti perfettamente uguali
           pur nelle distinzioni
                                             ipocrite
dell’orride devastazioni.
Come faranno le religioni
a riconoscere gli accoliti.
Solo chi li vede non li distingue
in cadaveri rossi o azzurri.
Da un morto all’altro stiamo fuggendo
sotto il manto delle stelle.
Se dal torbido sogno
           mi svegliassi antilope
apprenderei la virtù dei forti.

Da Assurdo e familiare, Piero Manni, 1997


venerdì 16 ottobre 2015

Stefano Guglielmin

IN LIMINE


Una vita, ti dico
la puoi scrivere soltanto, fingere
che ci sia stata, unendo i fuochi
tra poco e poco: stare in sala
d’attesa quando piove, né felice
né infelice, altro non c’è.

Però fuori si muore, mi dici.
Anche dentro si muore
ti dico. E si semina altra delizia
dentro e fuori, altra sporcizia.

(inedita)

mercoledì 14 ottobre 2015

Alberto Bellocchio

DALLE PARTI DEL PARCO

Dalle parti del Parco
Sempione un uomo avanti
negli anni portava stracci
e una muta di cani su un carrettino.
Sull’asfalto sopra la pietra
granito scriveva “la chiesa
ti uccide coll’onda” nessuno
aveva a ridire. C’è un modo di fare
un potere, voleva dire – forse –
invincibile, subdolo, non lo prendi
non lo intercetti, colpisce
cammina senza bisogno di strade
di pietre miliari di guadi di ponti
senza cambio cavalli. E tutto il parco
fiorisce di scritte nere sopra
il granito. La città lasciava
fare gli consentì di vivere
poi di morire
lui e i suoi cani. Nel tempo
che impiega la pioggia a lavare il granito
lo dimenticò. A fare la guerra
a Bill Gates sono rimaste
le pulci dei cani.

Da Sirena operaia, il Saggiatore, 2000


lunedì 12 ottobre 2015

Mariella De Santis

SALUTARSI SEMPRE

Salutarsi sempre, col sacchetto del pane in mano
sull’ultimo gradino di casa, sotto la luce sbieca
della metropolitana, tra i colleghi in ufficio.

Salutarsi sempre, dita contro dita
guancia su guancia o a labbra socchiuse.

In stazione imbarazzata lasciare una moneta
a chi la chiede, mentre il treno su cui tu sei
da me e dalla città operosa ti allontana.

Salutarti sempre, te che sopra ogni altro amo
fingendo di ignorare l’addio in agguato

in ogni nostro arrivederci.

Da La cordialità, Nomos Edizioni, 2014




venerdì 9 ottobre 2015

Raffaela Fazio

A QUALE DISTANZA

*

Una sorella
profuma il corredo
si veste di tempo
che arrossa le guance.
È la cadetta.
L’altra si scalza e si consuma
allinea i piedi sul parapetto
si ferma in cima.
Sa che è la prima
a doversi sposare
con te
promessa di tutti consorte
perfetta rima

- “di quanta morte
necessita la vita” -
se la corte è riuscita.


*

A chi si tiene
come un bianco airone
e su una gamba sola
ha il peso della giovinezza
la notizia
della morte ad una soglia
dà la voglia di viaggiare.
A me invece dà l’urgenza
di una prova:
tentare per l’ultima volta
nel più alto più fitto canneto
la cova
di un perdono
come si torna
da lontano
a un fragile segreto.


*

Se sappiamo aspettare
le giuste intemperie
ci arrotonda il tempo
le cime
per farci simili alle prime
ombre che ci hanno abitato
e piegare ogni versante
al ruscellare degli opposti
verso un unico assenso
nella prestabilita
confluenza
di ogni imprevisto.


*

Lasciare la vita
quando tutto è perfetto:
i figli capaci d’amore
il callistemon in fiore
un bacio mai spento
un invito inatteso
il più bello
i piatti ancora unti
scordati nel lavello.


Da L’arte di cadere, Biblioteca dei Leoni, 2015


mercoledì 7 ottobre 2015

Raffaela Fazio

A QUALE DISTANZA

*
Credo
contro la comprova
e il suo primato.
Credo nel credere
oltre il risultato.
E se anche non credessi
crederei
nel curare
fino in fondo
le premesse.


*
Non la sprezzare
tienila cara.
Rallenta
quando l’avvisti
            nel suo diverso sembiante
mentre si appresta
            a duttili incombenze
serva e padrona
del tuo stesso guardare.
Ricordala
nel punto esatto in cui l’incontri.
È così bella se non la forzi:
il suo voltarsi
non è inganno
non è promessa.
E quando svolta
è un soffio forse
ad alzarle la gonna
d’organza.
Non la sprezzare
perché è risorgenza
piena di doni:
infine e dapprima
è Apparenza.


*
Sopra la testa
ad altezza di capelli
si posano farfalle
semi canti estivi.
Ma sotto
c’è una terra cava
scura e bella.
Dentro
il fiume ha scavato
in grotte successive
il desiderio
ed è sceso di livello
            (chissà a quale
scorre adesso
e se è là vicino al cuore
o magari
un po’ più in basso).


*
Da bambini è concesso
mischiare dolore a dolore
fare una sola matassa una pasta
su cui lasciare l’impronta delle dita.
Da adulti però è bene usare
le giuste diciture
conoscere le dosi dell’universale
e sugli scaffali più bui
spostare le pene in proporzione
alla loro distanza dal cielo
e a quelle altrui.

(segue)


Da L’arte di cadere, Biblioteca dei Leoni, 2015



lunedì 5 ottobre 2015

Raffaela Fazio

A QUALE DISTANZA

*

Qualcosa accade
        a distanza
qualcosa a distanza
di tempo
e qualcosa
        accade soltanto
quando è stata compresa

soprattutto
se a portarla era il caso.


*

La prova del nove
conviene alla fine
come sommatoria
o nell’istante
in cui la cosa avviene?
È all’interno o altrove
è dentro la memoria
è nell’evoluzione?
Un bacio una fiammella
vale per sé o è nullo
se si ferma
se il tempo
non conferma
se intanto non divampa?


*

Ma poi la vita si compie e si disfa
come un discorso
che per esistere
va pronunciato
lasciando i contorni piegando su un lato
cedendo al senso
senza appuntarne
il significato.


*
Spinge l’uomo il suo sogno
più lontano fuori mano
abile esce
dai confini del reale
ma poi tira la lenza
e il pesce
è un esperibile locale
tanto finito
da essere ingerito.

(segue)

da Larte di cadere, Biblioteca dei Leoni, 2015


venerdì 2 ottobre 2015

Folgóre da San Gimignano

D’OTTOBRE

D’ottobre nel contado ha buono stallo:
e’ pregovi, figliuol, che voi v’andiate;
traetevi buon tempo ed uccellate
come vi piace, a piede ed a cavallo;

la sera per la sala andate a ballo,
e bevete del mosto e inebrïate,
ché non ci ha miglior vita, in veritate;
e questo è ver come ’l fiorino è giallo.

E poscia vi levate la mattina,
e lavatevi ’l viso con le mani;
l’arrosto e ’l vino è buona medicina.

Alle guagnele, starete piú sani
che pesce in lago o ’n fiume od in marina,
avendo miglior vita che cristiani.


Da Sonetti dei mesi, a cura di Valerio Bartoloni, con incisioni di Romano Masoni, Comune di San Gimignano, 2007