UNA STAGIONE ALL’INFERNO
La
fine dell’infanzia – a dodici anni –
la
trascorsi da interno in uno degli orribili
collegi
religiosi di quell’epoca.
Inospitale
e fredda, la città
dove
quel centro alzava le sue mura
carcerarie.
Trascorsi dietro di esse
un
corso intero, solo, disperato,
tra
insegnanti crudeli e strani condiscepoli.
Ricordo
soprattutto il lunghissimo inverno:
neve
triste che cade sopra cortili tristi
e
umidità sottile che penetra le ossa.
Vi
soffrii l’indicibile. Nel cuore
di un
bambino talvolta può albergare
il
dolore del mondo.
Ma
conservo
di
quel gelido inferno alcuni bei ricordi:
m’accompagna
e mi salva inesauribile
la
loro luce. Una volta a trimestre
m’avvisavano
che c’era mia madre,
venuta
a visitarmi. E io correvo
nella
lugubre sala dove lei m’aspettava.
Ed
aprendo la porta di colpo la vedevo.
Era
vero, era lei, giovane ancora,
bella,
vicina, pronta ad abbracciarmi,
piena
di baci e risa e di dolci parole.
Traduzione di Francesco
Dalessandro
da Hilo de oro (Antología poética, 1974-2011),
Catedra, 2014