DEL PIENO E DEL VUOTO
Il corpo non si vuole
o pieno o vuoto,
perché la vita
consiste appunto
nel margine sottile
che si dispone tra
il niente e la materia.
Nel moto breve
palpitante, nel ritmo
entrata uscita
in una intercapedine
nel passo che ha congiunto
un punto a un altro,
appena, della cavità.
La ritenzione avvelena
e fa il corpo di sasso,
rigidi i tessuti.
L’inanizione impoverisce
genera spasmi incontrollati
il mal caduco, l’ossessione
e la nevrastenia.
Le superfluità del ventre
e dell’urina, ogni
giorno, due volte
almeno, fuori, di regola
o di necessità, mai
meno: la sera, intanto,
e la mattina.
Quando si avverte
pesantezza, occorre
incitare la natura.
Nel luogo circoscritto
rilassati, in balìa
per tutto della fantasia
in mezzo a cose certe.
Correggerla con cura
quando è pigra. La notte,
sul dorso. Passati di
verdura, miele rosato,
per lubrificare.
E, prugne cotte,
per svuotare l’intestino.
Aiuto a vincere
la ritenzione
è il bagno in acqua
tiepida e salina.
Senza il sapone, che
corrompe gli strati di
cui la pelle si compone.
Con l’aggiunta di salvia
cotta dentro il vino.
Ma il bagno prolungato
o in acqua troppo calda
dilata i vasi, dissolve
le virtù e lascia
senza forze, inanimati.
E, per aprire i pori,
le frizioni. Ma solo
dopo aver svuotato
vescica ed intestino.
E che non superino mai
il piacere, venendo
nel fastidio o nel dolore.
Olio canforato e un po’
di sale. Nelle ore
fresche dell’estate e,
massime, d’autunno
e a primavera, dopo
l’equinozio, ad eccitare
la virtù vitale.
La ritenzione del seme
genera visioni
passioni incontrollate,
con la massa che
dentro sale e preme
contro le pareti, e
lascia le forze più sfibrate.
Accarezzate fino a
un punto, avanti, ma
poi non soddisfatte.
Stanchi e delusi.
Dà vita, il coito, ai sensi
se dà soddisfazione, con
i compensi dell’eiaculazione.
Senza, però, una regola
precisa, che non
coincida se non
col desiderio,
la voglia di schizzare
a un tratto fuori del cerchio
in cui si è chiusi e prigionieri.
da Natura morta, Nino Aragno Editore, 2012
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