DUE FUGHE
1 - UNA
NOTTE DI GENNAIO
«Non
aspettatemi – scrisse a qualcuno di famiglia – perché la notte sarà nera e
bianca». Notte nera: l’anno 1855, nel cuore dell’inverno – ultimi giorni di
gennaio –, la debole luce dei lampioni si esauriva nella tenebra gelida dei
muri della vecchia Parigi. Notte bianca: diciotto gradi sotto zero, tutta la
vita coperta dal silenzio della neve. Notte nera e bianca: dopotutto, non aveva
sempre vissuto quel tipo di notti? Prima, gli occhi vedono un’oscurità; poi –
viviamo già nel sogno –, si aprono le porte di un altro regno. Gli antichi
dicevano che spesso queste porte sono bianche come l’avorio.
Sappiamo
che alcuni amici lo videro a teatro. Non portava soprabito. Vagava senza meta
per i luoghi in cui, tempo addietro, la sua vita era stata uno splendore: i
palchi dei teatri, le case delle attrici. Un poeta – perché, prima di tutto,
era un poeta –, a volte, si lascia affascinare dall’immaginario. Nella donna
aveva cercato l’attrice, o meglio, la donna nell’attrice, in quell’amore che
tempo addietro l’aveva straziato? Più che la donna, aveva amato la visione. Ce
lo dice lui stesso in un sonetto: la Morte, o la Morta.
Nella
fotografia che di lui ci è pervenuta, gli occhi di Gérard de Nerval sono
intensi – come una fiamma placata –, affondati in occhiaie profonde. I capelli,
neri, sono radi; le mani riposano, come in attesa; il vestito, scuro, non
riusciamo a scorgerlo, ma lo immaginiamo liso, sbiadito, sciupato. Gli occhi
non fissano solo il vuoto dello spazio fotografico. Probabilmente intravedono
un altrove.
Cercava
con gli occhi uno spazio più vasto e remoto. Sotto la sferza della neve di una
Parigi glaciale, andò a mangiare in una taverna degli Halles. Siamo nelle
viscere della città, in un fermento di formaggi, pesce e verdure: la zucca
rotonda e sacra, la melanzana dal verde imperiale, le scaglie, i cesti, il
baccano, le ruote di legno dei carri che rigano le pietre gelate. Ogni tanto
qualcuno apre la porta della taverna. Vediamo un cielo liscio e la neve che
gela sui tetti. La notte sarà nera e bianca, in fondo al freddo.
Una
notte lunghissima, ma è l’alba ormai. Con le prime luci, torbide e grigiastre,
la mattina impura di gennaio raggiunge l’ignobile via della Vieille Lanterne. Ferma
– no, qualcosa la fa oscillare, ma non il vento –, c’è un’ombra estranea in
quel vecchio luogo desolato. È Gérard de Nerval, che s’è impiccato mentre
finiva quella notte nera e bianca.
Traduzione di Francesco Dalessandro
da Segundo dietario, Seix Barral 1985
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