lunedì 4 febbraio 2019

Pablo Neruda

                                                                    
POSSO SCRIVERE I VERSI PIÙ TRISTI

Posso scrivere i versi più tristi questa notte.

Scrivere, ad esempio: «La notte è stellata,
e tremolano, azzurri, gli astri, in lontananza».

Il vento della notte gira nel cielo e canta.

Posso scrivere i versi più tristi questa notte.
Io l’amai, e a volte anche lei mi amò.

Nelle notti come questa la tenni tra le mie braccia.
La bacia tante volte sotto il cielo infinito.

Lei mi amò, a volte anch’io l’amavo.
Come non amare i suoi grandi occhi fissi.

Posso scrivere i versi più tristi questa notte.
Pensare che non l’ho. Sentire che l’ho perduta.

Udire la notte immensa, più immensa senza lei.
E il verso cade sull’anima come sull’erba la rugiada.

Che importa che il mio amore non potesse conservarla.
La notte è stellata e lei non è con me.

È tutto. In lontananza qualcuno canta. In lontananza
La mia anima non si accontenta di averla perduta.

Come per avvicinarla il mio sguardo la cerca.
Il mio cuore la cerca, e lei non è con me.

La stessa notte che fa biancheggiare gli stessi alberi.
Noi, quelli di allora, più non siamo gli stessi.

Io non l’amo, è certo, ma quanto l’amai.
La mia voce cercava il vento per toccare il suo udito.

D’altro. Sarà d’altro. Come prima dei miei baci.
La sua voce, il suo corpo chiaro. I suoi occhi infiniti.

Più non l’amo, è certo, ma forse l’amo.
È così breve l’amore, ed è così lungo l’oblio.

Perché in notti come questa la tenni tra le mie braccia,
la mia anima non si rassegna ad averla perduta.

Benché questo sia l’ultimo dolore che lei mi causa,
e questi siano gli ultimi versi che io le scrivo.

Traduzione di Giuseppe Bellini

da Poesie, Nuova Accademia, 1964

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