OLINDO
62.
Vicoli,
case di pietra
e di alluminio.
Manifesti funebri.
Fumo di legna.
Menta.
Il Conoscente
rallenta,
trova un
parcheggio proprio sotto la chiesa,
nella piazza
centrale, in discesa.
Bar Sport. Caffè Ottolina.
Le tendine
di plastica
crocchiano.
Odore di caffè e bianchini,
di lisoformio
e segatura.
“Non c’è
di allarmi, non c’è di cancellate,
filo
spinato, porte blindate, muri,
non c’è
di grate, fossati, cani da guardia!
Non c’è
di polizia!
State
sicuri: prima o poi arrivano.
Oggi da
te, da lui,
domani a
casa mia. Quando fa buio,
come
scimmie, su su per la grondaia,
arrivano
gli zingari.
Anche
ubriachi,
conoscono
la via, sanno la casa,
il
garage, i balconi, sanno bene
dove e
come passare.
Sanno
morte e miracoli, gli zingari!
Uno
aprirà i cassetti, troverà
le foto
di tua moglie
e le farà
vedere al suo compare.
Lui
riderà
con in
mano una scarpa, un calendario.
Sono
sempre lì a ridere, gli zingari.
Ma il
peggio verrà dopo, lo so io:
quando
vedranno che lì non c’è niente
che valga
quattro soldi. Allora – addio!
Butteranno
per aria tutto: armadi,
tovaglioli,
centrini, soprammobili.
Cagheranno
sul tavolò, gli zingari.
Prima o
poi, cari miei,
li avremo
qui.
Vedranno
cosa c’è dietro le porte,
le
sbarre, le pareti. Ci frugheranno
l’anima,
sputeranno
dentro i
nostri segreti. Io li sento
già
ridere, gli zingari!”
da Il Conoscente, Marcos y Marcos, 2019
Nei giorni di Torre Maura, a Roma, stavo leggendo il
libro di Fiori, uscito da poco, quando mi sono imbattuto in questo brano, detto
(insieme al successivo, che leggerete mercoledì) da tale Olindo, in un bar di
una località del Nord. Mi è sembrato esemplare per mettere in evidenza certi
comportamenti e certe idee oggi molto accreditate su zingari, migranti e altra
varia, ovvero diversa, umanità.
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