OLINDO
63.
A parlare
è un ometto sui sessant’anni
con un bicchiere
gocciolante in mano.
La barista
lo ascolta a testa bassa,
sciacquando
tazze e cucchiai.
Ora lui
sventola un giornale:
“Guarda qua!
Per colpa
dell’ecologia
dice che
non c’è più domani.
Questo si
fa, quest’altro non si fa…
E dove la
mettiamo, la libertà?
Lo sai
cosa ti dico, cara mia?
Io me ne
fotto! Finisce l’umanità?
Restiamo
sempre noi italiani”.
“Era camuso e zoppo d’un piede” mi mormora
il
Conoscente all’orecchio “le spalle
eran torte, curve e rientranti sul petto; il cranio
aguzzo in cima, e rado il pelo fioriva”.
Il
ritratto è perfetto: naso camuso,
un piede
storto, le spalle curve, la testa
a punta,
con in cima solo un ciuffetto.
La voce,
quella del fagiano
appena
alzato dal setter.
“Se c’ero
io al governo, altro che Stato!
Basta!
Tutto privato! Festa finita!
Finita!
Ognuno fa gli affari suoi,
si arrangia
come può. Pena di morte!
Sparargli,
a quei farabutti!
Sparargli
a tutti!
Dica: ho
ragione o no?”
da Il Conoscente, Marcos y Marcos, 2019
I versi in corsivo, che nell’originale si possono
leggere in greco, sono naturalmente di Omero, e si riferiscono alla descrizione
di Tersite (Iliade, Libro Secondo,
vv. 217-219).
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