mercoledì 24 aprile 2019

Umberto Fiori


OLINDO

63.

A parlare è un ometto sui sessant’anni
con un bicchiere gocciolante in mano.
La barista lo ascolta a testa bassa,
sciacquando tazze e cucchiai.
Ora lui sventola un giornale:
                                                      “Guarda qua!
Per colpa dell’ecologia
dice che non c’è più domani.
Questo si fa, quest’altro non si fa…
E dove la mettiamo, la libertà?
Lo sai cosa ti dico, cara mia?
Io me ne fotto! Finisce l’umanità?
Restiamo sempre noi italiani”.

“Era camuso e zoppo d’un piede” mi mormora
il Conoscente all’orecchio “le spalle
eran torte, curve e rientranti sul petto; il cranio
aguzzo in cima, e rado il pelo fioriva”.

Il ritratto è perfetto: naso camuso,
un piede storto, le spalle curve, la testa
a punta, con in cima solo un ciuffetto.
La voce, quella del fagiano
appena alzato dal setter.

“Se c’ero io al governo, altro che Stato!
Basta! Tutto privato! Festa finita!
Finita! Ognuno fa gli affari suoi,
si arrangia come può. Pena di morte!
Sparargli, a quei farabutti!
Sparargli a tutti!
Dica: ho ragione o no?”

da Il Conoscente, Marcos y Marcos, 2019





I versi in corsivo, che nell’originale si possono leggere in greco, sono naturalmente di Omero, e si riferiscono alla descrizione di Tersite (Iliade, Libro Secondo, vv. 217-219).

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