IL
CLANDESTINO
un apologo
I
L’abbiamo
cercato in ogni angolo di casa
dalle
camere alle scale alla cucina
senza
trovarlo il topino che Gina
ci
ha detto d’aver visto arrampicarsi
dietro
la libreria, ci siamo dannati
spostando
i mobili i letti gli armadi
cercandone
le cacche lungo i muri
sotto i divani… niente!
preoccupati
che durante la notte
rovistasse
in giro abbiamo preparato
un’esca
avvelenata e siamo andati a
letto
sperando non ci svegli il
suo squittìo
d’agonia perché spinto
dalla fame
ha morso quel boccone
avvelenato
II
l’esca era intatta quando
stamattina
siamo scesi per fare
colazione:
sia stato furbo o solo
fortunato
che gran sollievo per noi
non trovare
il suo cadaverino da
gettare
in qualche buca o dentro
l’immondizia!
mi
son detto che forse dovevamo
lasciargli
qualche scaglia di formaggio
invece
di provare a avvelenarlo
perché
era certo un profugo affamato
un
rifugiato che cercava asilo
politico
o un migrante clandestino
da
un solaio o una stalla dove un gatto
assassino
cercava di mangiarlo
(inedita)
Una poesia che sorprende verso il finale con un rovesciamento di attenzione verso tutti quelli che sono minacciati e cercano un rifugio. Una riflessione empatica che ci porta a guardare i fatti in modo diverso, ribaltando il punto di osservazione.
RispondiEliminaUn caro saluto