venerdì 26 gennaio 2024

Francesco Dalessandro

Da una settimana è trascorso il quinto anniversario della “scomparsa” di Juan Ruiz. Questa breve antologia dei suoi versi serva a ricordarlo.

 

ISOLA DEL TEMPO 

(antologia di Juan Ruiz)

                                     su nessun’altra dopo te

                                     bruceranno smarriti i polpastrelli

 

Come amarti                                        

 

Non voglio amarti come una rosa o una pietra

preziosa, come i luoghi dell’infanzia,

le speranze i rimpianti i rimorsi le pene,

le cose perdute, gli ideali della prima giovinezza.

 

Voglio amarti come si amano le piccole abitudini

e gli oggetti d’ogni giorno: la tazzina sbeccata,

il cucchiaino spaiato, la prima sigaretta,

l’accendino che si gira distratti fra le dita,

 

il posacenere pieno, il lavandino sporco,

le chiavi di casa; voglio amarti come si ama

il calore del sole dentro il freddo o un viale

alberato d’estate, come l’acqua, il pane, il sale.

 

 

Le cose                                  

 

La camera da letto che al mattino si sveglia

e svogliata apre gli occhi

e come te sbadiglia, il letto che serba

l’impronta del tuo corpo,

il cuscino che abbracci dormendo

(vedovo del tuo viso, del respiro),

le lenzuola ancora calde,

il rubinetto, l’acqua calda della doccia,

l’accappatoio di spugna, la biancheria

fresca, i vestiti che indossi

per il nuovo giorno, gli strumenti

per il trucco, il saluto, la borsa, la porta

di casa, le chiavi, l’ascensore, le scale.

 

                   

 

Isola nel tempo                                                 

 

1.                                  

 

Fu in un’isola nel tempo, sentendo

la tua vita affidarsi alle mie mani,

e il tuo corpo abbandonarsi al mio;

quando scostai dalla tua fronte

una ciocca di capelli e sorpresi

le dita a meravigliarsi del gesto;

toccando con la fronte la fronte,

respirando il tuo respiro;

sentendo le tue mani cercarmi

e toccare il mio corpo con strana

imperizia; quando i volti

si cercarono e le bocche – oh ma timide

impaurite – si trovarono… fu allora

che ti riconobbi che ti seppi

a dispetto del tempo e di te stessa 

 

2.

 

Che disperata solitudine prima

di baciare il tuo pube di pioggia!

Tepori di fine estate benedirono

l’unione dei nostri fianchi.

Non era né notte né mattino,

ma un’ora di silenzio quando dissetai

la lunga sete ai tuoi seni, ebbe fine

l’errante questua di fianchi e

di braccia, d’inguine e di labbra,

di fiato e di febbre, di tormento

saziato.

 

3.         

            

Quando le dita tracciarono la linea

aguzza dei tuoi fianchi,

e quando, brune tortore tremanti,

le punte dei seni si alzarono in volo

al tocco delle labbra, quando il fuoco

del tuo ventre arse le morte

foglie del pudore, quando l’ansia

fu spasimo, grido muto, sì quando

dal desiderio generasti il piacere

e le labbra si schiusero per dirlo,

quando il fiore del tuo corpo si aprì

fra petali di febbre io ape assetata

mi posi saziandomi lasciandomi morire…

4.                      

 

La mano salì, mentre lo sguardo

ne seguiva il lento volo, fino all’ombra

dei capelli, al silenzio delle labbra,

poi discesa nell’ansia del seno

si aprì lenta la strada per golfi

e pianure, per l’umida palude

dove scese in suo aiuto la lingua

e il desiderio si sciolse in affanno.

Cieca e pronta, ti apristi all’assalto

e al morso, ti piegasti all’oscuro

fuoco nel sangue, fosti ansimo e febbre.

Così t’abbandonasti – né pudore

né ricordo – all’intimo spasimo

che appaga e cancella, esiliandolo, il dolore.

 

 Torno a te                            

 

«Io torno sempre a te

con la disperazione e il desiderio

spesso disorientata

piena di dubbi e rabbia ma ritorno

sempre a te, con la stessa violenza

che da te mi allontana.

 

Come un cane affamato

il cuore ti viene dietro,

latra alle tue calcagna

ringhia perfino perché tu ti volga

ma se lo chiami viene

mansueto a mendicare le carezze».

 

 

Prodigio                             

                          

Tu sei bella e ben fatta, un prodigio

che non avevo meritato

e troppo tardi ho conosciuto.

 

Chi ti avrà dopo di me,

quando non ci sarò più?

Chi ti darà lo stesso fuoco?

Quale uomo

si piegherà sulla tua carne

e il suo patire,

farà libero il tuo corpo?

 

Sarà questo il mio cordoglio

per tutti gli anni

vissuti senza averti avuta,

per tutti i giorni che mi resteranno

dopo averti perduta.

 

 

 

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