SU UNA MOSTRA DI STAMPE GIAPPONESI
stringe l’occhio una visione
a mandorla, né tonda, né quadrata,
quel divenire senza realismo,
che fissa la propria fuga
attraverso il tempo;
ciò che si dipinge è il dopo,
lo vedi dal taglio che amministra
non la prospettiva, ma la sintesi
e alla scena dà un tremore
di slavina;
così la tigre, schiena che s’inarca,
o l’onda che sale, sale nella vertigine
del monte in modo che tutto sia
movimento, impatto e direzione
dove posare l’attimo preciso
e vano di uno sguardo
(inedito)
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