venerdì 9 novembre 2012

Kenneth Rexroth


INVERSAMENTE, COME IL QUADRATO DELLE DISTANZE TRA LORO                                                                                                     

                                                                                                                                         
Impossibile vedere qualcosa in questo buio;
ma so che questo sono io, Rexroth,
immerso nella notte su un pianeta ghiacciato.
Un caldo inquieto occupa quest’oscurità
vegetale in cui cervi invisibili brucano tranquilli.
Cielo caldo e opprimente, neanche gli alberi
alti sulla mia testa si riesce a distinguere.
Ma sono conifere, lo so, e le loro pigne
resistono chiuse sui rami crescendo 
confitte nel legno, aspettando che il fuoco
le schiuda e risemini la foresta bruciata.
Io sono in attesa, solitario, sulle montagne,
nella foresta, nelle tenebre, e il mondo
scende rapidamente nell’ellisse regolare.




Così calda è la notte e così calma.
Le stelle sono velate e il fiume – 
orribile e indistinto sotto le lucciole – 
s’ode a fatica, con un sordo suono 
profondo, quasi impercettibile.               
Vedo appena i tuoi occhi, le labbra
umide. Invisibile, solenne, profumata,
la tua carne s’apre a me in segreto.
Noi non sapremo mai altro mistero.
Dopo tanti anni niente è così strano. 
Come una sola cosa ma sdoppiata
ci conosciamo; muovendo i nostri arti, 
abili strumenti dello stesso desiderio, 
siamo misteri l’un l’altro abbracciati.  




Ai margini del bosco alla luce della luna 
lasciammo cadere i vestiti stando nudi, 
sospesi, macchiati d’ombra, racchiusi 
l’uno nell’altra e insieme 
nella notte. Non udimmo il caprimulgo 
né i pioppi stormire; se il gufo 
in silenzio prese il volo o gridò forte, 
noi non lo sappiamo. Non potemmo 
udire altro che il cuore, né vedere 
le tenebre frementi, o la luce, 
stelle fisse o cadenti, o stelle già 
cadute. E se caddero tutte noi non 
lo sapemmo. Noi stessi eravamo 
cadenti meteoriti, tenebrosi nella fredda
oscurità l’uno contro l’altra, compatti, 
sfavillanti nell’aria entro la terra.




Sono solo in un letto estraneo 
in una casa straniera e un mattino
più crudele d’una mezzanotte
versa luce attraverso la finestra –
rami di ciliegio con fiori
appassiti e dietro quelli dorate
maestose fronde d’acero,
più dietro immenso e puro 
il cielo d’aprile e una bianca nube lacera 
e dietro tutto questo in ogni cosa
l’inevitabile e vuota
distanza della solitudine.

Traduzione di Francesco Dalessandro

Da The complete poems of Kenneth Rexroth, edited by Sam Hamill & Bradford Morrow, Copper Canyon Press, 2003 

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