venerdì 23 novembre 2012

Salvatore Ritrovato


IL GIARDINO PERDUTO

Oggi, mi accoglie un giardino senza pergolato
e nuvole si addensano sulle vette, calcinate,
infiammano l’autunno che alligna in villette senza memoria
come pigra ansia di vita che il tiepido asfalto circonda.
Mi metto a sedere dove un animale sembra che voglia
calpestare, fino a ridurlo in poltiglia, il fango
scivolato dalla lurida grondaia dell’ultima casa.
Una pioggia fine piove da un immoto stagno
che occhieggia nella sera in una piazza di foglie
in esilio tra radure assiepate, ricomposte,
e tutta per se stessa è la terra, con se stessa,
lingua di creta su cui nulla che perduri o muoia
(non un filo d’erba né il vento che soffia e trita
da una grotta, nel bosco, la sua polvere)
riconosce in quella soglia l’eterno.

L’infanzia devi riempirla di gioia se non vuoi fuggire
e riempirla, mi dico, in quest’aria primaverile
che spira fra le corolle e a miliardi instilla
cristalli e grani di rugiada, nello stesso istante
disperde nuove gemme, esplode in germogli
da per tutto, trasformando la lava in vapore
in rifugio la meta, dolcemente e leggera
come una lanterna di sabbia e silicio
appende l’odore della neve ad ali notturne.


Da Come chi non torna, Raffaelli Editore, 2008

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