Fosse in te l’indolenza andrebbe elevata a virtù cardinale,
somma virtù dell’esistenza – la sua pigra cadenza – e il moto
a eccezione, a stretta necessità – cibarsi, sfuggire all’ipotetico
predatore, cacciare o finger di farlo, mia fantasiosa cacciatrice.
Fosse in te, il cielo, la celeste volta non andrebbe mai oscurata
da satelliti aerei missili e altre amenità. Tu la vorresti levigata
nella sua purezza – libera – tutt’al più segnata qua e là da tenui
arabeschi -- uno scarabocchio d’ombra, una screziatura di luce.
Fosse in te, Nina, l’intero universo andrebbe conformato ai tuoi
bisogni – un pascolo di delizie, carne pesce a volontà e un
[corredo
di tenerissima erba. E la terra un cuscino o un seguito di giacigli
dove attraverso un incessante sonno passare da un sogno
[all’altro.
La vorresti silenziosa, la terra – non certo muta – ma il silenzio
non è di questo mondo, non è facoltà degli umani condannati
a perpetuarsi nel rumore – dannati. Ti ci vorrebbe, mia gatta,
un pianeta tuo, appartato – un silente giardino di
[contemplazioni.
Se fosse in te… il se non esisterebbe né il detto e il non detto,
l’interpunzione, il discorso diretto e indiretto, il monologo
il sintagma, il fonema – la parola non esisterebbe. Forse ma qui
è a te che mi affido – al tuo giudizio – non esisterei neppure io
(inedita)
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