da I LIBRI DI PROCULO
MEDITA SULLA LIBERTÀ
Ma poi l’assurda libertà, gli spazi
finti che al volo si offrono
indagatore di abissi, i cieli
sfregiati e i fondali inquieti
diventano questo piacere ottuso
di un pasto di rifiuti,
un festoso sciamare a questi
campi d’abbondanza dove il fetore
è l’aria stessa, immobile, la notte
esala lucori di metano e il giorno
ti rivela senza volo, stordito e sazio,
riconoscente e nauseato.
DISSERTA FRA SÉ E SÉ SUL FUTURO DELLA POESIA
«Ma avremo Storia a sufficienza
per rimediare alla stoltezza,
o in chiostri ombrosi vagheremo
come druidi di antichi riti,
paghi di balbettare alle fontane
e miti sopravvivere alla spada?
Se il fuoco che ci colse sarà estinto,
l’umano combustibile bruciato,
il gesto quotidiano e antico
che logora la penna e la coscienza
avrà lo stesso avuto una ragione?
Ammireranno i nostri calchi
reclinati nel sonno della cenere...»
Così pensava Proculo, crucciato,
davanti ad un boccale di falerno.
RECRIMINA SULLA STORIA
No, non avremo storia a sufficienza,
la pelle rugosa della pietra
rannicchiata sotto la tempesta
o la fredda ostinazione vegetale
che serba il pino nell’inverno
sotto il carico del gelo;
e i giorni caleranno come figli
degeneri da lungi a governarci.
Al giusto guasto della Storia
i piedi strascichino il corpo;
la fronte china al suolo,
il culto umiliato di dèi terribili.
Sarà soltanto Carne ciò che vive
e carne ciò che soltanto muore;
conscia degli aliti possenti
che sventrano le vele dell’Egeo.
Da “Punto – Almanacco della Poesia italiana”, 4 – 2014, Puntoacapo, 2014
Nessun commento:
Posta un commento