LA PROVINCIA MARINA DI BISANZIO
Suìda il Tessalico compiva cinquant’
anni e fattezze neppur corrose
quando, finalmente un agosto,
imprese a lavorare nel Tempio
Nuovo di Cìpride, sulla sponda
linda del Cirro. Cómpito: il
frontone che dà sul mare,
con scene d’amore della dea
nata dall’acqua.
I non cristiani di Amisus si
commossero per l’armonia delle
forme che cosi velocemente
Suìda scolpiva: tenui corpi
fermati nella corsa, il tempo
rapido nel sasso, l’aumento
pagano del desiderio.
Ma quando Suìda dette mano ai
volti, fu cauto o s’interruppe.
Incidendo la pietra, turbato
la cancellava: «Non so ammettere
un viso meno perfetto per Cìpride
e meno amaro in Adone nel suo
punto di addio. E poi torna un
ricordo che m’ossessiona».
Così perdeva i giorni
nell’inquietudine scavando l’anima
del marmo e la sua. Infine si volse
al mare dai cavalletti e non lavorò
più.
I molti cristiani di Amisus venivano
alla riva per ridere di lui e della
fede tardiva nell’idolo, ma l’idolo
incompiuto lo feriva in cuore
atrocemente, ed egli non rispondeva.
Una sera d’autunno priva di vento e
di nuvole arrivò per mare da Amàstris
Teodoréto il Vecchissimo, apostata
per amore, e parlò a Suìda dalla
nave, perché «Era tempo che
lo facessi.
Dimentica la favola cristiana che bella
è l’anima sola. Ogni bellezza ha
un’anima, come l’hanno massi e parole
levigati o animali lisci per gioventù
e vigore.
Ricorda pure la tua muta d’Assiria
e da’ a Cìpride le sue sembianze.
Ma non temere se per declino e morte
non le rivedi. Incidi il desiderio,
sopportane la perdita o il fuoco. In
questo è l’ultima e prima forza
degli uomini che periscono.
Metti su Adone i tuoi occhi riarsi, ché
sono pure di un’epoca. E non recare altra
pietra da sovrapporre. Scava quella
che resta, plasma le facce in concavo,
come se altri dall’interno del tempio
o la radice del marmo le vedano
quali le pensi e furono.
Coraggio, Suìda. Le
figure cave, pura formula, anime cave,
resistono meglio al tempo».
Da Le segnalazioni mediante i fuochi, Piovan, 1985
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