mercoledì 6 maggio 2015

Francesco Tentori

DUE LETTERE D’ESILIO

È già autunno da te, le foglie cadono
con rumore nell’anima, disegna
già novembre vicino la sua luna
offuscata sui campi? Nell’aiuola
s’udranno ancora i grilli e vagheranno
lucciole tra i cespugli. Sono scese
le prime piogge ormai e la terra odora
di polvere e di mosto? Se cammini
lungo la via del cimitero e vedi
i luoghi noti, saluta
per me l’erba e le pietre. Ma tu ascolti
il vento, l’aria fredda che ti giunge
con la notte dai monti e scruti il cielo
invisibile. Il silenzio che odi
fa profonda anche questa sera e i suoni
vaghi che lo attraversano son nati
qui, sono la carezza che ti mando.

Sono lunghi qui i giorni, il tempo versa
solitudine e sabbia
e scorre uguale, in circolo, specchiando
un cielo sempre azzurro, che percorre
solo un canto d’uccello e che confonde
nelle sue acque l’attesa e l’assenza.


Ho nostalgia del tuo giardino. A volte,
se guardo il Renoir sulla parete
con le ombre cosi dense e quei fiori
fatti di sole, all’improvviso
s’alza il melo dell’orto alle mie spalle
e allarga i rami per tutta la stanza.
E non è piu dicembre in Albuquerque,
è estate a casa tua, sono le aiuole
delle rose odorose ancora, è il gemito
della ghiaia al mio passo, sono i tralci
già pesanti, le zucche, i pomodori,
le altre erbe. S’empie
la mia stanza
di tutti quegli odori, un’aria dolce
e libera vi soffia. E nei suoi angoli
raccoglie la malinconia le spire,
si scioglie, è un fumo ormai che s’allontana
nel bosco di Renoir.
                                   Tu conservami
per quando torni la luce dell’alba
coi suoi rumori indistinti, trattieni
il paesaggio intimo e profondo;
fa, cara, che il tuo mondo, il tuo giardino,
con un grido di gioia mi conoscano
e mi chiamino, come nostra figlia.


Da Il segreto degli specchi, Poesie 1949-1994, Biblioteca di Ciminiera, 2005

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