Dicono sia sempre stato qui, fingendo
anche a se stesso assedi senza fine,
mostri e ritorni; forse persino isole beate,
lussurie di fanciulle e dee;
per non avere ricordanze,
non temer rimpianti – qui,
nascosto in una piega della Storia
mentre Penelope s’imputtaniva,
Telemaco impazziva lentamente
e il cane stesso, Argo l’amato,
lo dimenticava; a impolverarsi
con gli anni, ad osservare
il male che riempiva gli otri
finché non fosse colma la misura,
sempre più atroci vendette
meditando con accidia calcolata.
E un giorno dicono riapparve
culla soglia brandendo l’arco e
fallendo la prova delle scuri;
uscendo di scena fra i lazzi dei servi,
dei proci, di Penelope e Telemaco
bofonchiando di versi immortali a venire.
Da Il bene della vista, Joker, 2006
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