PIANISSIMO, parte
seconda, 1
Taci, anima mia.
Son questi i tristi
giorni in cui
senza volontà si vive,
i giorni
dell’attesa disperata.
Come l’albero
ignudo a mezzo inverno
che s’attrista
nella deserta corte
io non credo di
mettere più foglie
e dubito d’averle
messe mai.
Andando per la
strada così solo
tra la gente che
m’urta e non mi vede
mi pare d’esser da
me stesso assente.
E m’accalco ad
udire dov’è ressa
sosto dalle
vetrine abbarbagliato
e mi volto al
frusciare d’ogni gonna.
Per la voce d’un
cantastorie cieco
per l’improvviso
lampo d’una nuca
mi sgocciolan
dagli occhi sciocche lacrime
mi s’accendon
negli occhi cupidigie.
Ché tutta la mia
vita è nei miei occhi.
Ogni cosa che
passa la commuove
come debole vento
un’acqua morta.
Io son come uno
specchio rassegnato
che riflette ogni
cosa per la via.
In me stesso non
guardo perché nulla
vi troverei.
E, venuta la sera,
nel mio letto
mi stendo lungo
come in una bara.