ANCORA LA POESIA
Era da tempo ormai
che la mia mano
non scriveva più versi
e mi dicevo
spesso:
“Può darsi che non torni più
a scriverne; magari
la poesia
non vuole
appartenerti o accompagnarti,
né donarti il fervore
che rendeva
bella la vita; a
volte è immeritato
ardere in questo
fuoco, pronunciare
le parole che i cieli
concedono a chi è degno
di celebrare le cose
del mondo
e averne sulle labbra
il sentimento”.
Spesso m’accompagnava
questo pensiero nell’inquieto
andare
solo come un
proscritto nella notte
che non regge più il
peso della colpa
né il dolore d’esser
stato scagliato
nell’ombra da un
mandato
giustiziero e
implacabile.
E guardando quegli
alberi che crescono
in una vecchia piazza
della città in cui vivo,
il volo di un uccello
ed i fulgori
misteriosi di un
corpo che s’abbandona sento
che la parola non ha
più il potere
di riversare sulla
carta bianca
la grazia ed il
tremore della vita.
Pure infine stasera,
d’improvviso,
mentre il sole già
stanco se ne andava
e non immaginavo
d’esser chiamato ancora,
ho ascoltato una voce
che diceva:
“Prendi la penna,
scrivi”.
Traduzione di Francesco Dalessandro
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