Non si scrive degli uomini se non si medita di cancellarne un certo numero ogni giorno.
Un’esistenza che difetti di ispirazione è destinata a corrompersi in un’abitudine.
L’erotismo non è la scintilla della passione amorosa. È molto di più. È quell’accensione della mente che l’attraversa dal principio alla fine.
L’artista non può che sentirsi uomo in prigionia. Sorvegliato da quella parte di sé che, dalla ristrettezza di una cella, aspira a una libertà illimitata.
La compassione: un sentimento così alto impervio doloroso che si finisce per ripiegare su quel tiepido surrogato che è il compatimento.
L’ideale del quieto vivere è la vocazione a una morte educata che non contempli i vitali processi di decomposizione.
Nella solitudine non c’è desolazione. C’è il deserto. L’asprezza e il nascosto rigoglio del deserto.
È in viva assenza della persona amata che si accresce il desiderio. È in questa ferita che il desiderio divampa e si strugge della sua stessa pienezza.
Le prime donne in poesia sono come quegli attori di filodrammatica che fanno di tutto per essere notati dal grande impresario teatrale.
Non è poesia ciò che non porta in sé e cattuta altra poesia, e ne è infine contaminato.
L’inutilità della poesia. Espressione ribadita con tale appassionato convincimento dagli stessi poeti da far temere che si voglia passare dalle parole ai fatti, e non scrivere più un solo verso.