Sebastian Arrurruz: 1868-1922
UNA
LETTERA DALL’ARMENIA
Così, da lontano, nella tua parte di mondo:
le mature fioriture glandulari e i cipressi
rabbrividiscono dal caldo (sopportato,
a modo nostro, anche da noi) io rivolgo
la mente al saccheggio delicato, alla pro-
venienza di cocci smaltati e non smaltati,
alle tre specie superstiti di grano. Esito
tra disastri circostanziati. E fisso i morti
autentici.
UNA
CANZONE DALL’ARMENIA
Ruvide
foglie argentate che sono la neve
Sull’Ararat
vista attraverso quelle foglie.
Il
sole vi distende un fogliame d’ombra.
Una
sorgente d’acqua zampilla
A
qualche centimetro dall’abbeveratoio.
Una
vecchia vi succhia tenendosi al bordo.
Perché
devo rivivere, anche ora,
La
tua bocca, la tua mano che corre su di me
Lesta lucertola, come un tendine d’acqua?
Lesta lucertola, come un tendine d’acqua?
A
SUA MOGLIE
Ti
sei avventurata ogni tanto –
Come
questa fosse casa di un altro –
Non
da intima, ma da conoscente
Che
vanta diritti modesti; come una
A
malapena compatita da due nuovi
Amanti
che si godono il giusto piacere
Quando
gli ospiti se ne sono andati.
(1921)
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Detto
in breve: diventa una specie di
Freddezza
tra vicini di casa. Spesso
C’è
quest’orgia di sonno. Mi sveglio
A
coccolare il decoro con insolite parole
E
godo dell’astinenza in una vocazione
Di
disperazione ormai quasi insensata.
Traduzione di Francesco Dalessandro
Da Collected Poems, Oxford University Press New
York, 1986
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