Questo vaso, con l’ansa
dove un animaletto sporge
il becco ansioso, fu caro alla donna
cui apparteneva. Poi il rauco
strepito straniero sperse
il mormorio della fatica
quotidiana. Ed il tempo
– il cauto, il taciturno –
con astuzia e pazienza cancellò
il vapore, l’impronta delle dita
di dolcissimo bronzo. Infine venne
di nuovo il sole, e gli occhietti
rotondi della bestiolina
guardarono ma ciechi.
Che sia stato
fin dal principio questo vuoto
a turbarla in quel modo?
Che il vasaio
abbia impastato sgomento ed argilla,
le abbia infuso il timore...
Traduzione di Francesco Tentori Montalto
da L’abisso e le sillabe, Nuovedizioni Enrico Vallecchi, 1983
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