Affogo nel tambureggiante campo, estraggo
un calcagno dopo l’altro dall’ingorda bocca della terra,
dal fango che mi afferra ogni passo alla caviglia
con la tenacia della fossa, ma il falco
libra in alto senza sforzo l’occhio fermo.
Le sue ali tengono il creato in una imponderabile quiete,
ferme come un’allucinazione nell’aria che scorre.
Mentre il vento percuote a morte queste ostinate siepi,
mi preme gli occhi, mi toglie il fiato, mi afferra il cuore,
e la pioggia mi incide la testa fino all’osso, il falco regge
il punto adamantino della volontà che guida come un nord
la resistenza del naufrago: ed io,
stordito, ghermito boccone di sangue che conta l’ultimo istante
nelle fauci della terra, tendo al supremo
fulcro della violenza dove posa il falco.
Che forse incontra quand’è l’ora la bufera
proveniente dalla parte sbagliata, sopporta, scagliato a testa in
[giù,
che l’aria gli cada dagli occhi, le pesanti contee gli crollino
[addosso,
l’orizzonte lo intrappoli; e, sfracellato quell’occhio tondo
d’angelo, il sangue del suo cuore si mischi alla mota.
Traduzione di Nicola Gardini
Da Poesie, a cura di Nicola Gardini e Anna Ravano, I Meridiani, Mondadori, 2008
Nessun commento:
Posta un commento