MONOLOGO DI GIACOMO CASANOVA
I ragazzi che si baciano in
strada
gettano ombre lunghe attorno
attorno,
come se fossero di luce e
d’aria
e il mondo, e tutto ciò che
non è loro,
una matassa oscura e
rassegnata.
Bisognerebbe potere morire,
quando si è così esausti e
felici,
e a conti fatti, e fatto
l’appello,
non mancherebbe niente alla
tua vita,
se non le arti in cui
eccellono i vecchi:
vuoto rimpianto, maldicenza e
invidia
spacciate per saggezza a buon
mercato.
Me ne frego della saggezza, la
mia
e quella di chiunque altro,
taccia,
lasci parlare i cuori
balbettanti
che scrivono scemenze sopra i
muri,
e in quel confuso delirio
ritrovi
la verità che non fu mai
trovata,
quella che rinneghiamo appena
svegli.
Io delle donne ho amato solo
il corpo,
e il sogno che ti accendono
nel cuore;
il resto è inconoscibile
palude,
ad altri la scienza di
navigarla.
Ho amato il mio sogno,
semplice e buono,
e a quel fachiro trafitto di
chiodi,
ai goffi cieli di stucco e
agli sgorbi
appesi nelle chiese ho
preferito
lo sconfinato oriente della
carne,
il nodo stretto in cui muori e
rinasci
come il serpente quando cambia
pelle.
Mille mani di donna hanno
cucito
per me la più splendida delle
vesti,
e io come un sovrano l’ho
portata,
con cuore incredulo e
riconoscente.
Ma se la giovinezza è solo
questo,
perenne amare i sensi e non
pentirsi,
i ragazzi che si baciano in
strada
mi tengano come uno di loro,
anche se mi vergogno, e mi
allontano
per non dare fastidio,
silenzioso,
col bastone che batte il mio
passo,
e il pentolino del latte che
suona.
(inedita)
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