LUCIA
Dov’è il padre
della notte o dell’eco che non veste
l’aria e si trucca
col buio per ascoltare il sonno
dov’è un padre che
ti protegga dai secoli che passano
avidi del tuo
profumo? E’ la forbice del freddo cieco
che ti taglia il
vestito, ma ti offre ai passi leggeri
sulla carta del
confine che vorrei incollare al piacere
dei libri già
letti, accarezzando la testa o toccando l’erba…
Un boulevard che
non c’è più allunga le vie al letto
e muove un film di
lontananze sulle pareti notturne
un cielo che ti
avvolge con la sera a forma di guanto
senza i soffi
delle trombe , vuoto sul capo dei caduti.
Continua la
memoria di un sax nel silenzio arato
da un volo d’ali
nere, forse dita per te o quaderni
di un pittore con
gli occhi nel nido del paese
per tutta la
notte, passata all’alba con il treno
che l’ombra ritrae
dal mare con le ruote arse
per nuova luce
sulle vie sorprese ancora ferme.
La primavera ha
lanciato sul tuo collo da cigno
di bambina con
zucchero nel sangue bianco
un temporale che
ti ha tagliato le vene e il pensiero
di Parigi illuminata
prima di un viaggio… così leggera
e colma di foglie
senza patria, cercavi la musica
e l’hai trovata,
senza il tuo corpo. E la morte che ti spiava
ha avuto paura,
vento e neve sul viso, per fermarla.
(inedita)
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