GALLEGGIANDO
Impigrisce la
nostra canoa sulla pigra corrente
tra rampicanti e
alberi e giunchi sull’acqua
stagnante di un torpido fiume del Midwest;
girando lenta su
se stessa s’impiglia nelle ninfee
abbondanti. Siamo
stanchi di pagaiare.
L’intero
pomeriggio a risalire la debole corrente,
per oscuri
meandri, su, tra pascoli e boschi;
oltre guadi fangosi dove il forte odore di bestiame
scivolava denso
sull’acqua; cantando canzoni
di movimenti
perfetti e regolari: canzoni
da sci, canzoni da
raduno notturno, d’argano
in moto, dell’argine e del rollio dei barcaioli.
Stanchi del
movimento e dei suoi ritmi,
stanchi del dolce
gioco nell’unione delle forze,
ci abbracciamo
distesi lasciando che palpi
di ninfea, petali
e foglie trattengano il moto
nel caldo che
s’addensa, nell’aria sonnolenta.
Canta per me a
bassa voce, Westron Wynde,
Ah Syghes, mon coeur se recommend à vous,
Phoebi Claro; canta le
erratiche melodie erotiche
d’uomini e donne
di settecento anni fa,
piano, con la
bocca chiusa sulla mia guancia.
Lascia le nostre
cosce impigliarsi nei cuscini,
lascia che i tuoi
seni nella veste sottile
pendano sulle mie
braccia nude, sulla gola;
che i capelli
profumati ci scendano sugli occhi;
baciami con quelle
sottili labbra melodiose.
Mentre ti spoglio
hai pupille umide e nere,
enormi, e la pelle
fresca, d’avorio.
Muoviti cauta, muoviti appena, apri le cosce,
prendimi piano
mentre le labbra annaspano
e ci succhiamo la
gola dove ronza il sangue.
Muoviti piano, no,
non muoverti, tienimi in fondo
a te, ferma, nel
profondo, mentre il tempo
scivola via come
il fiume oltre il letto dei gigli
e questi momenti
rubati scompaiono, fusi
nella nostra carne
mortale e senza tempo.
Traduzione di Francesco Dalessandro
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